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Stefano Azzi Dazn Italia
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Interazione, pronostici, shopping: il ceo Stefano Azzi racconta i piani di Dazn per il calcio italiano

Articolo tratto dal numero di agosto 2024 di Forbes Italia. Abbonati!

Sarà una partita lunga cinque anni. È la prima volta che un broadcaster ottiene un contratto così lungo per gestire i diritti televisivi. Dazn c’è riuscita e, appunto, la partita per il ceo Stefano Azzi e tutto il suo team comincia ora. Non si tratta di trasmettere solo la partita di Serie A in tv, ma il progetto prevede di offrire una serie di servizi collegati sempre più innovativi e destinati a crescere esponenzialmente in qualità e in quantità, appoggiati su una piattaforma solida e proprietaria con una copertura della rete sempre più vasta e organizzata.

Il tifoso non è più quello con sciarpa, cappellino e trombetta come nei film di Alberto Sordi, è un utente esigente che vuole interagire, commentare, partecipare, magari anche comprarsi la maglietta del suo campione che ha appena segnato un goal. È il calcio moderno visto in tv, certo, ma che interagisce a doppio filo con quello reale che si gioca sull’erba del prato. Emozioni, sensazioni, commenti, vivisezione degli episodi. Oggi il calcio è un mix di tutto questo.

E Stefano Azzi, ceo di Dazn in Italia, è già sceso in campo per giocare la partita probabilmente più importante della sua carriera di manager. Il ‘riscaldamento’ l’ha già fatto durante la sua carriera e nei tre anni precedenti passati in Tim come chief consumer office, con risultati che fanno ben sperare in un successo.

“Il gruppo ha un track record di estrema forza perché finora, quindi senza comprendere gli investimenti del prossimo quinquennio, abbiamo investito 10 miliardi in diritti”, racconta Azzi. “Sono tanti, è vero, ma hanno portato a una crescita corposa dei ricavi: nel 2022 è stata di circa il 50%, e nel 2023 del 40% sul 2022. Siamo arrivati a oltre 3 miliardi di euro. Anche la marginalità è migliorata in maniera rilevante, del 35% nel 2022 e del 24% nel 2023. Ma soprattutto è cresciuto l’investimento in diritti, quindi ci si è focalizzati sulla cosa più importante, la materia indispensabile. Dopo la fase di startup oggi stiamo ottimizzando le strutture. Abbiamo investito altri 2 miliardi nella piattaforma per poter mandare in onda più di 1.000 eventi live contemporanei. Abbiamo una capacità complessiva di utenti che si possono collegare nello stesso momento superiore ai 50 milioni, quindi la piattaforma, che è proprietaria, ha oggi una solidità impressionante e soprattutto consente di offrire al cliente proprio quello che vuole di più oltre alla visione, cioè immersività e interazione”.

Azzi è uno che di trasformazione digitale e di mercato consumer se ne intende. Il 1 marzo 2022 ha assunto il ruolo appositamente istituito da Dazn di ceo del mercato italiano, per guidare l’ambiziosa strategia di crescita nel nostro Paese. Con la sua esperienza del settore delle telecomunicazioni, dell’intrattenimento digitale e dei beni/servizi di consumo, Azzi ha portato in Dazn il suo ricco bagaglio di conoscenze nell’espansione del business e nell’innovazione.

Tutto comincia dai diritti. Senza quelli il progetto Dazn non potrebbe essere portato avanti.
I diritti sono sicuramente il futuro del broadcasting sportivo e il futuro del broadcasting sportivo è sicuramente rappresentato da Dazn, che ha cambiato molto anche la logica dei diritti televisivi. Infatti le piattaforme di streaming hanno cambiato la modalità di fruizione. Dazn vuole giocare la partita in maniera attiva valorizzando quello che il tifoso oggi cerca di più, cioè una modalità di fruizione molto immersiva, interattiva e che non si ferma alla visione della partita. Vogliamo ampliare l’esperienza con lo shopping, i pronostici, le statistiche e le chat tra tifosi.

Con la Lega Calcio avete fatto un accordo importante, il più lungo di sempre, cinque anni. Con quali caratteristiche?
Abbiamo chiuso un accordo a cinque anni e abbiamo cambiato le regole del gioco, perché abbiamo lanciato la forma della revenue share: sostanzialmente, al raggiungimento di un determinato livello di fatturato, tutto quello che è sopra si divide a metà. Quindi abbiamo detto: vogliamo costruire un prodotto calcio con la soddisfazione del cliente finale, quindi lavoriamo a valorizzare il prodotto, l’esperienza, il calcio giocato, gli stadi, l’interazione con i telefonini, il pc, la tv, oltre ovviamente alle attività di promozione del calcio. E superati i determinati livelli dividiamo i ricavi, non i profitti. In questo modo, che il calcio cresca è interesse di tutti.

Interazione, shopping, pronostici. Potrebbero sembrare gadget o poco più rispetto al valore della partita. 
E invece stanno dando e daranno sempre di più valore al progetto Dazn, che attraverso la sua piattaforma proprietaria riesce a catturare tanti dati, seppure in forma anonima, può interpretare le richieste del cliente e capire se l’offerta poi lo soddisfa. Un esempio è l’interazione che abbiamo lanciato con la Fan Zone, la nostra chat che ha intercettato 33 milioni di sportivi che hanno interagito in app. Quando la Serie A entra nel vivo viaggia su una media di sei milioni di spettatori su Dazn, certificati auditel. La nostra offerta diventa sempre più immersiva e innovativa grazie al nuovo studio virtuale. Le tecnologie moderne impiegate, combinando realtà virtuale e aumentata, rivoluzioneranno l’analisi, il dibattito e l’interattività del racconto delle giornate di Serie A su Dazn. L’utente verrà trasportato dal campo reale a quello virtuale, proiettandosi al centro dell’analisi della partita e diventando ancora più protagonista degli approfondimenti. 

Più investimenti, più novità, ma con meno personale. O comunque con figure professionali diverse. L’idea è di un’azienda in continuo movimento, che fluttua e che talvolta è al centro di polemiche. 
Il prodotto televisivo cambia. E cambia anche il modo di investire. Le persone, oggi, vogliono vivere le partite, non solo vederle. E quando cambia il modo in cui investi, magari hai bisogno di profili diversi rispetto a prima, è una normale modifica degli assetti organizzativi. Poi è chiaro, conosciamo la grande attenzione che il calcio porta su di sé, e sappiamo che ogni mossa viene amplificata.

Lei è napoletano e tifoso del Napoli, appassionato di calcio. Un tifoso vero. Dica la verità: il successo della tv ha portato a penalizzare in qualche modo la presenza dei tifosi allo stadio? 
No, assolutamente. Sono due elementi secondo me sinergici, che si aiutano l’un l’altro. L’anno scorso c’è stato un boom della presenza negli stadi, ma noi non ne abbiamo mai risentito. Lo stadio è il luogo dove l’evento vive, da sempre. Lo stadio è un propulsore, non è concorrenza. Anzi, più passione c’è allo stadio, più la gente è invogliata a vedere la Serie A o gli altri sport e quindi si abbona per vedere le altre partite. In questo senso, gli stadi andrebbero ristrutturati, valorizzati. Sarebbe importante potenziare il servizio wi-fi al loro interno, per permettere ai tifosi di connettersi, chattare e vedere statistiche e informazioni sulla partita mentre la guardano dal vivo. Purtroppo invece in quasi tutti gli impianti la connessione è ancora scarsa. 

In effetti il deficit di infrastrutture è un problema italiano, non riguarda solo gli stadi. Quanto soffrite questa inadeguatezza?
L’arrivo di Dazn in Italia ha contribuito in maniera decisiva all’evoluzione tecnologica del Paese: il calcio in streaming è da considerare un acceleratore della domanda di servizi a banda larga e della promozione della cultura digitale. La conferma arriva dai numeri e dalle stime dell’Osservatorio Agcom 2022 relative a un periodo che coincide con la prima stagione di Serie A su Dazn: le stime sui primi nove mesi del 2022 non lasciano spazio a dubbi, la crescita delle linee broadband complessive (di oltre 1,2 milioni superiori rispetto allo stesso periodo del 2021) certifica che la digitalizzazione del Paese, in 12 mesi, ha avuto una notevole accelerazione.

Però anche voi vi sarete dovuti adeguare. Dai primi anni di Dazn oggi il servizio è più efficiente.
Oggi l’80% della trasmissione viaggia sui nostri server, che si muovono a seconda degli eventi. Per esempio: con il Cagliari in Serie A abbiamo rinforzato la copertura della Sardegna, e oramai l’abbiamo completata. L’abbiamo fatto per dare massima tranquillità alla fruizione dello sport, creando delle vere e proprie corsie preferenziali dove farlo viaggiare. Abbiamo, poi, investito nella tecnologia, attraverso la compressione dell’informatica. Abbiamo ridotto sempre di più la banda necessaria per trasmettere le partite. Vuol dire che anche se la rete è la stessa, arriviamo con più stabilità e serve meno capacità. Anche con due-tre mega si può vedere la partita. Poi abbiamo fatto un player nostro, l’abbiamo caricato sui televisori. Quando si apre l’app c’è il nostro sistema che la ottimizza. Quindi abbiamo investito su vari aspetti. 

L’unico su cui è più complicato investire è il cliente finale, no?
Vero, ma anche lì ci stiamo muovendo con decisione. Finora, se consideriamo i 3,5 miliardi del ciclo attuale, abbiamo investito 6 miliardi di euro sulla Serie A. Attualmente stiamo lavorando a un cambiamento dell’operatività, che deve essere funzionale al modello di business. Investiremo sempre di più nel prodotto, andando sempre di più verso un modello stadio-centrico: vogliamo portare nelle case la stessa sensazione che si prova a bordo campo. 

I diritti televisivi contribuiscono in maniera determinante a tenere vivo il sistema calcio. Poi, però, nascosta dietro l’angolo, c’è sempre la pirateria che succhia soldi a voi e di conseguenza al sistema. Come si trova un equilibrio e si combatte la pirateria?
Intanto dobbiamo trovare equilibrio tra ricavi e costi, e questo vale per tutto il sistema calcio. C’è una sfida legata al pubblico che possiamo stimolare con i contenuti, anche se dipende dalle partite e dal livello dello sport. Poi però ci sono gli hooligan digitali della pirateria, come li chiamo io, che valgono 300 milioni di perdita solo per lo sport. Il pirata digitale si muove di continuo e per bloccarlo serve sempre evolversi. La regia è della malavita organizzata, non si tratta di tifosi singoli che hanno trovato il modo di vedere lo sport senza pagare. Sono società, sono hacker, sono criminali. Manca la cultura alle persone, agli utenti finali, per dire che è illegale ed è pericoloso, che si sta danneggiando il sistema calcio.

Eppure ci sono milioni di italiani che amano il calcio e farebbero di tutto per la propria squadra.
Sì, ma sul tema della pirateria informatica gli italiani devono ancora comprendere a pieno i rischi: bisogna capire che si sta danneggiando la propria squadra, commettendo un atto illegale che può costare fino a 5mila euro di multa, ma soprattutto che si sta dando accesso al proprio telefonino o al proprio computer a un hacker, a malavitosi, con il rischio che questi possano rubare password, dati, foto, violare la privacy, arrivare fino ai ricatti. Tra l’altro il target dei pirati digitali è composto da persone con un buon reddito, che sicuramente possono permettersi di spendere i 29 euro al mese per vedere la Serie A. Penso ci sia quindi proprio un tema culturale su cui lavorare. 

A proposito di prezzi. In molti si lamentano perché dicono che il calcio in tv costa troppo.
Penso sia importante fare un paragone con il costo del calcio negli altri paesi europei: l’abbonamento Dazn è quello con il costo più basso. Prendo sempre come esempio la Grecia, un paese in cui l’appetibilità del prodotto calcio è inferiore a quello italiano, dove la tariffa mensile è superiore ai 45 euro, nonostante un potere d’acquisto inferiore rispetto al nostro. D’altra parte i prezzi crescono per dare il giusto valore al prodotto calcio, i ricavi dei diritti finiscono per essere investiti nel sistema calcio, nell’acquisto dei giocatori, nelle infrastrutture. 

Se il pallone diventasse una sfera di vetro che futuro ci si potrebbe leggere? 
Il futuro del calcio digitale passa sempre di più attraverso quello che è Dazn, nel senso di una piattaforma di streaming interattiva, che consenta di avere maggiore interazione con il tifoso, una vista a 360 gradi, non offrire soltanto la partita, ma tutto quello di cui ha bisogno. Quindi sempre di più un unico luogo dove puoi fare tutto, dall’acquisto della partita in termini di biglietto all’acquisto del merchandising. Un concetto a due vie, non soltanto la visione della partita, ma sempre di più interazione, anche social, più divertimento e condivisione.

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