Con 52 dischi di platino all’attivo e il primato di essere la prima donna in Italia a conquistare sei dischi di platino per un singolo da solista, Annalisa oggi è una delle artiste più influenti del panorama musicale italiano. Dietro questi numeri c’è rigore, disciplina e consapevolezza che vanno oltre le classifiche. Ci dice “Il successo è un equilibrio fragile, ma è lì che si gioca tutto”. Un racconto che parte dal peso delle emozioni, oggi in un tempo che sembra correre più veloce della musica stessa.
Se la sua carriera fosse una linea, su quale punto metterebbe lo start?
Ho iniziato da ragazzina, suonando nei locali. Non era ancora una carriera vera, ma sicuramente è stato l’inizio. Poi, con Amici, le cose sono cambiate: è stato il momento in cui sono arrivata al grande pubblico. Però non è stato un punto di partenza netto, piuttosto un percorso lungo e graduale, con molta gavetta sia prima che dopo.
Mettendo per un attimo da parte la musica, cosa fa di lei un personaggio di successo?
La serietà. Anche le cose leggere le prendo sul serio, perché ci tengo. La musica è il mio modo di raccontarmi e comunicare, e so che è così anche per chi mi ascolta. Quando qualcosa è così importante, ti impegni davvero tanto. È semplice, ma credo che questa dedizione faccia la differenza.
Con Marco Mengoni, invece, cosa ha funzionato?
Tutto. Piazza San Marco è nata circa un anno fa, una delle prime canzoni del nuovo album. Da subito ho sentito che doveva essere condivisa con Marco: era l’artista giusto. Quando l’ho chiamato, ha capito subito il senso del brano, se n’è appropriato e in studio è stato tutto naturale, facilissimo. È nata una sintonia umana e artistica.
Il nuovo album, Ma io sono fuoco, rappresenta una nuova fase della sua carriera o un passaggio verso qualcos’altro?
Ogni mio progetto è un capitolo di un percorso continuo. È una fotografia di quello che sono in quel momento. La musica oggi è velocissima, non passano più cinque o sei anni tra un disco e l’altro. Sono passati due anni dall’ultimo, ma nel frattempo sono uscite canzoni e c’è stato un tour che si è intrecciato alla scrittura del nuovo lavoro. È un’evoluzione costante.
In un periodo storico internazionale così complesso, che ruolo hanno i sentimenti nella sua musica?
Fondamentale. Ho sempre cercato di invitare le persone a rispettare la libertà e la natura altrui, a mettersi nei panni degli altri prima di giudicare. Oggi, con tutto ciò che succede nel mondo, è ancora più urgente. Vedo tanta insofferenza e cattiveria quotidiana, anche sui social. Credo sia il riflesso di una tensione collettiva, e la musica può ricordarci che sentire e capire è ancora un atto rivoluzionario.
Chi è Annalisa oggi, a 40 anni?
Mi analizzo spesso e mi sento diversa ogni giorno. A volte faccio dieci passi avanti, a volte torno indietro, ma quasi mai mi sento ferma. Non so dirti esattamente chi sono, ma so che sono in continua evoluzione e piena di domande.
Che prezzo ha dovuto pagare per il successo? A cosa ha dovuto rinunciare?
Sono fortunata, e ne sono consapevole. Ho lavorato molto per arrivare fin qui e continuo a farlo. Certo, questo impegno mi ha tolto qualcosa in termini di leggerezza e tempo per le persone care. Mi manca casa, la mia famiglia, la normalità delle piccole cose. Ma cerco sempre di tornarci: è l’unico posto dove torno ad essere semplicemente me.
Lei è laureata in fisica. Tornasse indietro, rifarebbe quella scelta?
Assolutamente sì. L’ho scelta con convinzione: volevo darmi un’altra possibilità, un paracadute. Credo che diversificare renda più completi e insegni ad affrontare le difficoltà. La mentalità scientifica mi ha aiutata a risolvere i problemi un passo alla volta, senza paura.
Lei si occupa anche della parte business o delega molto questo aspetto nel suo lavoro?
Delego poco. Ovviamente ci sono tante professionalità che lavorano con me, ma partecipo a ogni decisione, dalla scrittura al confezionamento visivo del progetto. Voglio sapere tutto, capire dove e come raccontare quello che faccio. È il mio mondo, e ci metto la faccia in ogni aspetto.
Che rapporto ha con il denaro?
Vengo da una famiglia normalissima, di persone che hanno lavorato duramente. Non mi è mai mancato nulla, ma ho imparato a dare valore al denaro. Non sono una spendacciona, sono prudente, anche se generosa. Credo che questa consapevolezza derivi dalle mie origini: sapere quanto vale la fatica.
Parte ora un nuovo tour. Quanto conta per lei la parola “sold out”?
È una bella notizia, certo, ma non è tutto. Il valore non si misura solo dai numeri. Io ho suonato davanti a dieci persone e davanti a migliaia, e in entrambi i casi ho provato qualcosa di autentico. Ogni persona presente conta, ogni esperienza insegna. È questo, per me, il successo.
Cos’è per lei il successo?
È la capacità di interpretare la realtà e restare in frequenza con essa. Capire il tempo e il luogo in cui ti trovi, trasformandoti senza perdere te stessa. È un equilibrio fragile, ma è lì che si gioca tutto.
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