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28 novembre 2025
Laocurto, Gianpaolo Locurto, of counsel dello studio legale Solving: “Approccio globale per non lasciare nulla di intentato”
Non solo la predisposizione dei migliori strumenti dal punto di vista fiscale, ma anche la tutela degli intangibili e la gestione dei conflitti familiari. Il passaggio generazionale è un momento molto delicato nella vita di una famiglia imprenditoriale, che richiede competenze legali avanzate. Come ricorda in questa intervista Gianpaolo Locurto, of counsel dello studio legale Solving.
Spesso si dice che “il passaggio generazionale è il momento più delicato nella vita di un’impresa”. È d’accordo?
Il passaggio generazionale rappresenta senz’altro un momento cruciale nella vita dell’impresa: l’imprenditore si trova davanti a situazioni che hanno bisogno di essere gestite in modo diverso tra loro, coerentemente con gli obiettivi e con gli scenari di lungo periodo, e tenendo in considerazione gli interessi dei soggetti a vario titolo coinvolti. Occorre predisporsi al passaggio contemperando desideri e aspettative dell’imprenditore con caratteristiche e attitudini degli eredi e in generale dei soggetti chiamati a dare continuità all’impresa, prendendo scelte decisive dalle quali dipendono le sorti della stessa e spesso anche l’armonia familiare.
Molti studi legali, notai e consulenti finanziari si occupano di successioni e passaggi generazionali. In cosa si distingue l’approccio di Solving?
Cerchiamo di fornire un servizio che tenga conto di tutti gli aspetti coinvolti e collaboriamo sia con private banker che con realtà consulenziali, fornendo un’analisi completa. Ad esempio, quando ci approcciamo a un’impresa ci occupiamo anche di profili che non sempre vengono considerati, come la tutela degli intangibles (brand, know-how, informazioni e dati strategici). Quando questi asset vengono trascurati, i rischi emergono subito. Capita più frequentemente di quanto si pensi di imbattersi in situazioni in cui i segni distintivi dell’impresa non siano sufficientemente protetti: quando ciò accade, il rischio per la nuova generazione è vedere bloccato il piano di espansione dell’impresa una volta assuntone il comando. Oppure succede che il know-how dell’impresa non sia ben individuato e sottoposto a misure adeguate di segretezza: in questo caso, il rischio è che, quando l’imprenditore esce di scena, la NextGen si trovi senza processi chiari, con un impatto diretto su clienti e continuità operativa. Se il patrimonio immateriale non viene protetto e valorizzato insieme a quello materiale, buona parte del valore dell’azienda corre il pericolo di disperdersi.
Il vostro motto è “dal 30 al 50”, con riferimento alla percentuale di aziende familiari che superano la seconda generazione. Ci spiega meglio cosa intendete e come pensate di raggiungere questo obiettivo?
Quando parliamo di “dal 30 al 50” ci riferiamo a una realtà molto semplice: oggi solo circa un terzo delle imprese supera il passaggio dalla prima alla seconda generazione. È un dato che ritorna in molte analisi, da Mediobanca all’Osservatorio Aub. Il nostro obiettivo è portare quel numero al 50%, cioè far sì che una su due ce la faccia davvero. E per farlo mettiamo al centro l’impresa, non la distribuzione delle quote. Lavoriamo su tre fronti: una governance chiara (perché dove ruoli e processi decisionali sono definiti, sappiamo che le imprese funzionano meglio); una pianificazione fatta per tempo, con la NextGen preparata e coinvolta; e infine un allineamento tra famiglia e impresa, che è la parte più delicata. In sostanza, cerchiamo di fare in modo che il passaggio generazionale non sia una frattura inter-familiare, ma un’occasione per far crescere l’azienda.
Avete un approccio multidisciplinare: come si integrano le competenze legali, fiscali e organizzative nel vostro metodo di lavoro?
La nostra struttura si fonda innanzi tutto sull’integrazione e sulla fiducia: siamo approdati alla decisione di costituire Solving all’esito di percorsi diversi, e ci siamo scelti per proseguire la strada insieme. La nostra coesione ci permette di condividere con agilità strategie e obiettivi, adattandoci alle diverse caratteristiche dei compiti che volta per volta siamo chiamati a svolgere e individuando il perimetro del contributo che ciascuno di noi può dare per il raggiungimento dello scopo. Tutto ciò si traduce in entusiasmo e capacità di ascolto, che sono alla base del nostro approccio multidisciplinare.
Ci sono differenze nel modo in cui le nuove generazioni si approcciano alla gestione del patrimonio rispetto ai fondatori?
Sì, le differenze ci sono, e anche marcate. I fondatori spesso hanno costruito tutto da zero e hanno un approccio molto diretto, personale, quasi “artigianale” alla gestione. La nuova generazione arriva con una mentalità diversa: più formazione, più esperienze internazionali – lo confermano tutte le ricerche sulle imprese familiari – e una maggiore attenzione all’organizzazione, alla sostenibilità, all’innovazione. Questo cambia anche il modo di gestire il patrimonio: per i fondatori è un’eredità da proteggere, per la NextGen è qualcosa da far evolvere. E infatti noi non ci limitiamo a “trasferire quote”: lavoriamo molto nel co-progettare con i clienti la visione futura dell’azienda, perché quando le due generazioni si parlano davvero, il passaggio non è più un problema, ma una leva di crescita.