Nasce dall’incontro di competenze diverse provenienti dal mondo dell’accademia, dell’impresa sociale e dell’impresa digitale. Oggi, grazie all’esperienza maturata nel campo della valutazione d’impatto delle politiche pubbliche, Open Impact ha creato un cruscotto digitale in grado di collegare tutti i quadri di riferimento in ambito sostenibilità e governance con missioni e linee d’investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza, consentendo così l’allineamento degli obiettivi nazionali e globali a quelli delineati dagli avvisi pubblicati. Questa la sfida che Open Impact, startup innovativa e spin-off universitario di ricerca, ha colto negli ultimi mesi, in collaborazione con il Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro.
Che cosa è Open Impact?
Open Impact è uno spin-off della ricerca nato in ambito universitario che fornisce servizi di misurazione, valorizzazione e gestione dell’impatto sociale, ambientale ed economico in una concezione di sostenibilità integrata. Sin dal 2019, Open Impact lavora con imprese, pubbliche amministrazioni, enti del terzo settore e organizzazioni internazionali con un approccio ibrido, che integra una consulenza arricchita da competenze accademiche alla costruzione di soluzioni altamente innovative e digitali.
Tra queste ad esempio un database proprietario, il primo in Italia per l’impact benchmarking, tramite il quale è possibile rappresentare l’impatto attraverso metriche finanziarie comprensibili a tutti. Tra i progetti più significativi portati avanti da Open Impact si conta anche la valutazione delle politiche pubbliche della Regione Umbria, la creazione di uno strumento di progettazione per il noto studio di ingegneria e architettura Starching, la realizzazione di analisi e bilanci per giganti come Autostrade per l’Italia e Novartis.
Misurare l’impatto degli avvisi del Pnrr: deficit e campanelli d’allarme
“L’obiettivo ultimo”, racconta Luigi Corvo dell’Università Bicocca di Milano, tra i fondatori della start-up, “è quello di superare le barriere tecniche di misurabilità dell’impatto, promuovendo lo sviluppo di una società che riconosca e remuneri il valore sociale ed ambientale”.
Esattamente ciò che il team guidato da Corvo ha provato a fare anche sugli avvisi del Pnrr, con alcuni risultati significativi e alcuni “campanelli d’allarme”: solo 39 dei 100 avvisi monitorati, infatti, offrono soluzioni per i giovani o per contrastare divari di genere. Maggiore attenzione viene rivolta ai divari territoriali: il 71% del budget viene infatti assegnato considerando questa come condizionalità prevalente, con una destinazione del 40,29% di tali fondi al Mezzogiorno.
Il 90% dei bandi del Pnrr verrà assegnato sulla base degli input, non degli outcome
“Se si guarda invece a quei bandi del Pnrr che considerano le clausole sociali, si nota un preoccupante deficit di intenzionalità”, commenta Corvo. I circa 46 miliardi di euro a disposizione vengono infatti assegnati in grande maggioranza sulla base dell’input (in media l’89,5%), quindi sulla base di progetti decontestualizzati, spesso vecchi e ritirati fuori con l’occasione del Pnrr, piuttosto che sull’outcome (in media solo al 7,64%), ovvero a quei cambiamenti sistematici che quello stesso progetto è in grado di apportare nel contesto geografico di riferimento.
Il lavoro svolto da Open Impact consente al Cnel di avere dati utili al monitoraggio della performance pubblica sul posizionamento di Ministeri ed altri enti erogatori di fondi rispetto alle clausole sociali. “E allo stesso tempo di avere uno strumento in grado di formulare advisory e ad agire in tempi rapidi sul raggiungimento degli obiettivi presentati dall’Italia all’Europa. L’obiettivo ultimo di ognuno dei progetti che portiamo avanti, non solo con le istituzioni ma anche e soprattutto con le aziende, è quello di supportare questi soggetti a generare impatti socio-economici positivi a medio e lungo termine, come ad esempio il miglioramento della qualità di vita per giovani e donne”.
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