Articolo tratto dal numero di giugno 2023 di Forbes Italia. Abbonati!
Quello del caffè, a Napoli, è un atto di solidarietà e generosità, un rito a cui si è profondamente legati. E se esiste un luogo che incarna questa immagine, è il Gran Caffè Gambrinus, nel cuore della città.
Dopotutto, il caffè è per molti qualcosa di più che una semplice bevanda. Dal pretesto per incontrare un amico di vecchia data a un momento di pausa al lavoro, dalla promessa di un arrivederci a un riflesso in cui osservarsi, come diceva Cesare Pavese. Il caffè rappresenta da molto tempo una pausa dalla frenesia. Come se l’universo ci stesse suggerendo di rallentare i pensieri e di spostare la nostra attenzione da ciò che stiamo facendo a ciò che siamo.
La storia del Gran Caffè Gambrinus
Il lungo percorso di una delle dimore storiche più importanti del nostro Paese per l’arte del caffè iniziava da queste premesse nel 1860, anno della fondazione, e ha vissuto il momento di maggior rinnovamento nel 1973, quando l’imprenditore napoletano Michele Sergio, insieme ai due figli Arturo e Antonio e al genero Giuseppe Rosati, ha rilevato la conduzione del locale per riportarlo allo splendore delle origini. Dopo le difficoltà iniziali, dovute allo scoppio dell’epidemia da colera e alla diffidenza, il Gran Caffè Gambrinus è riuscito a far rivivere quel rito e a ridiventare un luogo di passaggio, unificando di nuovo i locali, dopo tante battaglie, e ripristinando anche la galleria d’arte e la sala tè. I politici e i grandi personaggi che hanno gustato l’espresso napoletano in quella sala sono numerosi e i fratelli Sergio, assieme a Rosati, fanno di tutto per non lasciar tramontare il sogno del papà. Il Gran Caffè Gambrinus è da sempre tappa obbligata del presidente della Repubblica in occasione delle sue visite in città.
Lo storico locale è sbocciato nel periodo della Belle Époque. Nel primo Novecento era il centro della cultura e dell’arte della città. Tra gli ospiti più illustri ci furono l’imperatrice d’Austria Sissi, che gustò un gelato alla violetta, Gabriele D’Annunzio, che scrisse al Gambrinus i versi della canzone A’vucchella, Matilde Serao, che fondò il quotidiano Il Mattino seduta proprio ai tavolini del caffè, Benedetto Croce, che fece di Napoli la sua seconda città, Oscar Wilde, che si recò a Napoli con Lord Alfred Douglas dopo la prigionia, Ernest Hemingway e Jean-Paul Sartre, che scrisse pensieri su Napoli ai tavolini del Gambrinus “davanti a una granita che guardavo malinconicamente mentre si scioglieva nella sua coppa di smalto”.
Il futuro del Gambrinus
I titolari oggi si occupano soprattutto della conservazione del locale storico, oltre a garantire ai clienti abituali e ai turisti provenienti da ogni parte del mondo i migliori prodotti di gelateria, caffetteria, pasticceria e rosticceria. Insieme hanno riportato d’attualità la tradizione del caffè sospeso e sono promotori delle attività culturali, degli spettacoli e delle rievocazioni del café chantant.
Il Gambrinus oggi guarda al futuro: il locale storico si allarga e torna alla sua dimensione originaria, con gli spazi ai civici 3 e 4 di via Chiaia che un tempo costituivano un tutt’uno con il Gran Caffè Gambrinus, al piano terra del Palazzo della Prefettura, edificio che fa parte del patrimonio della città metropolitana di Napoli.
Il Gran Caffè Gambrinus ripristinerà anche le antiche decorazioni. Dopo 50 anni di attività – cioè dall’inizio dell’avventura imprenditoriale di Michele Sergio, detto ‘il ragioniere’ – si attende il permesso della soprintendenza per avviare l’opera di riunificazione. E dopo tanti anni e numerose iniziative, desidera aprirsi al mondo, con un progetto di franchising che porterà a stringere accordi per nuove aperture. Sempre con il calore, la familiarità e la competenza del Gran Caffè Gambrinus made in Napoli.
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