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La storia di Ornella Auzino, l’imprenditrice che vuole “far uscire dall’ombra” la pelletteria napoletana

Nel 1970 era una fabbrica a conduzione familiare con dieci operai esterni. Il proprietario tagliava le pelli e metteva in moto i macchinari a mano. Sua moglie si occupava della parte creativa. Erano due operai nati in un quartiere popolare di Napoli, Luigi Auzino e Tina Volpicelli, e insieme fondarono la Fad.Pel, azienda che produceva borse di pelle. Quell’azienda oggi è rinata nello stesso comune della provincia di Napoli ed è guidata da Ornella Auzino, figlia di Luigi e Tina, da cui il marchio ha preso il nuovo nome.

“Sono cresciuta tra l’odore intenso della pelle, fodere arrotolate e non ancora lavorate”, racconta Ornella. “Ancora oggi mi sembra di sentire in sottofondo le voci delle persone che collaboravano con i miei genitori, mi sembra di vedere mia madre che, con le mani sporche e un ingegno fuori dal comune, creava borse”. Ed è stata proprio sua madre a insegnarle, con il suo lavoro e la sua capacità di portare avanti l’azienda, che cosa significa essere una donna alla guida di un’attività. “Resto sempre un po’ stranita dal fatto che una donna che fa impresa in modo profittevole venga vista come un unicorno. Dovrebbe essere la normalità. Per questo mi sono sempre esposta in prima persona per dimostrare che si può fare”.

Il rischio di fallimento e la svolta

Alla fine degli anni Novanta la maggior parte della produzione manifatturiera si è spostata in Cina. Molti artigiani hanno chiuso le proprie attività. Nel 2000 Ornella aveva 20 anni e l’azienda di famiglia, in cui lei e il fratello erano cresciuti, rischiava il fallimento. “Mi trovavo a un bivio, dovevo scegliere se restare a Napoli o partire, come aveva fatto mio fratello qualche anno prima. Con un po’ di sana incoscienza ho pensato di restare, fare la mia parte e affiancare i miei genitori in azienda”, spiega. “Sono stati anni molto difficili. Ero molto giovane ed entrare in un mercato antico come quello della pelletteria è stato complesso”. La svolta è arrivata quando Ornella ha cominciato a lavorare con aziende al di fuori della Campania. Oggi l’azienda ha 25 dipendenti, si estende per circa 800 metri quadrati e lavora con alcuni grandi brand del lusso italiani.

La lotta alla contraffazione

L’imprenditrice negli ultimi anni si è battuta per combattere la contraffazione. Tra il 2008 e il 2021, stando al rapporto Iperico 2022, sono stati circa 208mila i sequestri per contraffazione, per un valore economico della merce sequestrata di oltre 5,9 miliardi di euro. “La contraffazione contribuisce allo sfruttamento della manodopera clandestina e del lavoro minorile. Indossare un abito fake significa esporsi anche a gravi danni per la salute, causati da sostanze tossiche presenti in prodotti come agenti chimici, coloranti, collanti allergenici e cancerogeni”.

Il sogno di Ornella Auzino è “far uscire dall’ombra” la pelletteria napoletana. “Il legame con la mia terra è molto forte. Provo orgoglio e senso di appartenenza, uniti alla volontà di cambiare la percezione e i pregiudizi attraverso il lavoro e le idee: sono nata in un territorio che mi ha dato tanto, anche in termini di ostacoli, che sono serviti per essere dove siamo oggi. Ogni difficoltà deve essere vista come un’opportunità per trovare soluzioni nuove”.

L’importanza di tutelare il made in Italy

I prodotti con il marchio made in Italy sono tra i più contraffatti. Tutelare la produzione italiana, la qualità manifatturiera e il lavoro dei nostri artigiani è sempre più importante. “La tutela del made in Italy è il caposaldo della nostra attività”, afferma Ornella. “Ma tutto parte da lontano. Quando avverti molto fortemente il senso dell’ingiustizia, hai due possibilità: lamentarti e lasciare le cose come sono, oppure darti da fare per contribuire a cambiarle. Io ho scelto la seconda strada, cioè quella di impegnarmi a costruire qualcosa di nuovo piuttosto che focalizzarmi sulla battaglia contro qualcosa di sbagliato. È lo stesso approccio che ho avuto con la malattia terminale di mia figlia: abbiamo deciso in famiglia di impegnarci a costruire un ambiente sereno intorno a lei per farle vivere bene ogni momento che avevamo a disposizione, proprio perché lei stessa manifestava questa esigenza e si impegnava per prima a voler sorridere ed essere positiva in ogni occasione. Una lezione che Federica (venuta a mancare pochi mesi fa, a soli 13 anni, ndr) ci ha insegnato e noi abbiamo imparato, mettendola in pratica con ancora maggiore determinazione nella nostra vita personale e professionale”.

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