Conoscere gli stipendi dei propri colleghi non sarà più un segreto, anzi. Secondo quanto stabilito dalla direttiva Ue 2023/970, non sarà più tollerato il segreto salariale all’interno del proprio ambiente lavorativo. Una decisione che, oltre a depennare frasi del tipo “non dirlo ai tuoi colleghi, è solo un’offerta riservata a te”, mira a rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione e della trasparenza dei contratti di lavoro.
Soprattutto in un contesto in cui il gender gap, ossia la differenza di retribuzione tra uomini e donne, è ancora uno scoglio difficile da superare. In Europa, infatti, le donne guadagnano in media il 14% in meno degli uomini per lo stesso lavoro. Un gap che, in termini pensionistici, si traduce in una differenza di quasi il 30%, come evidenzia l’entepubblica.it
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Stop al segreto sugli stipendi: le novità
Entrando nel merito della direttiva – che l’Italia dovrà recepire entro il 7 giugno del 2026 – le aziende europee con almeno 50 lavoratori dovranno vietare le condizioni contrattuali che impediscono ai lavoratori di divulgare informazioni sui loro stipendi e rendere trasparente ogni divario retributivo di genere esistente al loro interno. “Gli strumenti per la valutazione e il confronto dei livelli retributivi e i sistemi di classificazione professionale devono basarsi su criteri neutrali sotto il profilo del genere”, dicono i deputati.
Di conseguenza, se le informazioni sugli stipendi rivelano un divario retributivo pari o superiore il 2,5%, i datori di lavoro, in cooperazione con i rappresentanti dei lavoratori, dovrebbero condurre una valutazione delle retribuzioni ed elaborare un piano d’azione per garantire la parità. Inoltre, nei casi in cui un lavoratore ritiene che il principio della parità di retribuzione non sia stato applicato e porta il caso in tribunale, la legislazione nazionale deve obbligare il datore di lavoro a provare che non c’è stata discriminazione.
Infine chi si occupa di selezione e recruiting, dovrà fare in modo che sia le offerte sia i titoli professionali siano neutri sotto il profilo del genere e che le procedure di assunzione siano condotte in modo non discriminatorio.
Previsto un risarcimento
Partendo dal presupposto che la direttiva si applica ai datori di lavoro del settore pubblico e privato, i lavoratori e le lavoratrici che hanno subito una discriminazione retributiva basata sul genere possono ottenere un risarcimento che comprenda “il recupero integrale delle retribuzioni arretrate e dei relativi bonus o pagamenti in natura, il risarcimento per le opportunità perse, il danno immateriale, i danni causati da altri fattori pertinenti che possono includere la discriminazione intersezionale, nonché gli interessi di mora”.
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