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La piattaforma manifatturiera d’Europa: così Confindustria Bergamo e Brescia guardano al futuro

Sul fondale del palco ruotano senza sosta molecole di dna.  L’elica si compone però di valvole, viti, acciaio, gomma, è blu Confindustria e d’un arancio che sprizza entusiasmo. È il dna della Piattaforma Manifatturiera d’Europa corrispondente alle province di Bergamo e Brescia accomunate, appunto dallo stesso patrimonio genetico. Ieri erano sotto lo stesso tetto – il Logistic Park dell’aeroporto di Orio al Serio  – per un’assemblea congiunta, proprio come accadde nel 2023.

L’obiettivo dei presidenti delle locali Confindustria, Giovanna Ricuperati per Bergamo e Franco Gussalli Beretta per Brescia, è far tesoro di questa neonata collaborazione continuando il dialogo per “far emergere e strutturare le nostre filiere ad alto valore aggiunto che esistono ma sono poco valorizzate, penso a quella della distribuzione dell’energia o delle nascenti filiere legate al nucleare e all’idrogeno”, osserva Ricuperati che esemplifica menzionando aziende, tra le altre, come ABB, Valtellina, Gewiss, Metallurgica Bresciana, Camuna Cavi, e la lista continua, distribuite fra le due province, “una filiera che possiamo far emergere insieme per farne un’eccellenza internazionale, riconosciuta, così da attirare investimenti.

Tra questi due territori c’è tanto sazio di collaborazione – prosegue Ricuperati – serve la volontà politica e la volontà delle strutture. Come possiamo pensare di  connettere  l’Europa se non uniamo i territori? Dobbiamo unire forze e non duplicare gli sforzi, dobbiamo attivare discussioni incrociate con le filiere. Ora siamo credibili  per fare azione di lobby tra territori e filiere” e incidere così, dal basso, sui vertici decisionali d’Europa.

In platea siedono 1500 imprenditori di due province che dominano le classifiche d’Europa,  entrambe – per esempio – sono nella top 5 per valore aggiunto manifatturiero. Sono capitani d’azienda che guidano realtà conosciute internazionalmente e ben radicate laddove sono fiorite, il che si esprime fin dalla lingua di chi le conduce e vi opera a diversi livelli, nei momenti di network dell’assemblea le tante conversazioni mixano la lingua tricolore con i suoni spigolosi e gutturali, e termini che condensano intere frasi, della lingua madre. 

Strappa un applauso, Ricuperati, e scioglie la proverbiale ritrosia di queste terre quando dice a chiare lettere che le “politiche industriali non ci stanno aiutando granché. Un po’ di azioni sono state fatte, ma dai tempi del programma industria 4.0 del 2016 l’incentivo agli investimenti in innovazione si è evaporato. C’era attesa per il piano 5.0, ma oltre al danno abbiamo visto la beffa di una normativa complicata e inattuabile. Senza una revisione, semplificazione radicale del regolamento e prolungamento dei tempi, le imprese beneficiarie saranno nell’ordine di qualche centinaio: così non si cambia il passo del Paese. Sul Pnrr, poi, tutt’Italia aveva aspettative, percepita come l’occasione storica. Francamente non abbiamo visto grandi cose e non ne sappiamo molto.

A meno di due anni dalla chiusura, dei 194 miliardi di euro non è chiaro quanti ne siano stati messi a terra, sembra il 26%. E parlando di innovazione, non si è vista la  ricaduta dei finanziamenti ai progetti universitari collegati alle impressi. Possiamo mettere tutti i soldi che vogliamo sul tavolo, ma se il meccanismo di trasmissione non funziona, questi non arrivano a destinazione, e si crea solo debito”.

Confindustria, il problema della formazione e delle competenze

Gussalli Beretta mette il dito nella piaga del capitale umano e delle competenze, è ormai conclamato il problema “di reperimento delle figure e anche la demografia sta remando contro. La forza lavoro dei nostri territori è in declino. Oggi contiamo 1,5 milioni di persone in età lavorativa, ma stando a statistiche, nel 2043 si registrerà una contrazione di 100mila lavoratori tra i due territori. Questo non è un inverno, semmai una glaciazione. Per questo con la mia collega di Bergamo stiamo lavorando a progetti e strategie per aumentare l’attrattività, e in particolare dei giovani, che sono il nostro futuro, liberi da schemi  e dagli occhi grandi: sono loro a portare l’innovazione. Quanto all’immigrazione dobbiamo trovare nuovi format e con le istituzioni costituire un sistema per selezionare e regolamentare ingressi e portare immigrati a livello di sistema”.

Siamo nelle province che incarnano il primo articolo della Costituzione, dove l’etica del fare non è uno stereotipo, il lavoro è al vertice delle gerarchie valoriali. C’è però uno squilibrio in tutto questo, una criticità che Gussalli Beretta addita: “solo il 26% dei giovani locali si laurea contro la media italiana del 30% ed europea del 44%. Siamo indietro. La formazione, anche continua, deve diventare un driver per tutti noi”. E ricorda la fitta rete di istituti professionali che vanno però rimodulati, quanto agli ITS “tra le due province ne contiamo 16, con 73 percorsi e 3mila iscritti: pochi”. 

Ricalcati racconta un  progetto pilota che si vorrebbe poi estendere al Nord Africa. In ottobre all’interno della Scuola Italiana di Addis Abeba, è stato lanciato il primo ITS all’estero, sorta di filiale di quello con sede a Bergamo e operatività in tutta la Lombardia. Un  progetto nato dalla collaborazione tra Confindustria Bergamo e la Fondazione ITS. Già lo frequentano 25 giovani etiopi, che saranno formati su competenze avanzate nella progettazione, gestione, manutenzione e assistenza di impianti complessi nei settori civile e industriale.

Innovazione

L’altro punto all’ordine del giorno: innovazione. “Dobbiamo operare una pianificazione strategica, alzare la testa da fabbrica e da urgenze, e puntare sulla cultura tecnologica e competenze. A nessuno piace l’innovazione, preferiamo la zona di conforto, ma deve diventare un’ossessione per arrivare al 3% nel rapporto fra spese in R&S e Pil, che è il target fissato dall’Ue. Da noi c’è innovazione ma va strutturata” (Ricalcati). È la cosiddetta innovazione “tacita” dirà Franco Mosconi, ordinario di Economia e politica industriale all’Università di Parma, anche lui intervento all’assemblea. Con la sua squadra, Mosconi ha voluto ritrarre il tessuto imprenditoriale nel suo complesso, e non tramite analisi sperate, quelle – per intenderci – Ocse e Prometeia.

E così emerge che la coppia Bergamo e Brescia incide sul Pil lombardo per il 20,6%, percentuale che si alza in termini di export 25,4, di valore aggiunto 30,7.  “La  piattaforma esiste nella realtà: nei dati strutturali e nei comportamenti d’impresa, con i due pilastri, bergamasco e bresciano, che condividono molte caratteristiche comuni e, al tempo stesso, presentano ciascuno i propri tratti distintivi”, osserva Mosconi che incita a “conferire a questa piattaforma una qualche architettura, un framework istituzionale di riferimento capace di far sentire le imprese e le loro Associazioni parte di un unico disegno, di un unico territorio, estendendo così la piattaforma alle decisioni di policy e, di conseguenza, al campo “istituzionale”. La Piattaforma ha preso le mosse da “Bergamo Brescia Capitale della Cultura” unite da un filo rosso “che va dipanato con pazienza, perizia e coraggio”, chiosa Mosconi.

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