Contenuto tratto dal numero di febbraio 2025 di Forbes Italia. Abbonati!
L’Unione europea ha adottato una serie di provvedimenti e linee guida per rafforzare l’economia sociale, a cominciare dal Piano d’Azione del 2021. In questo campo si gioca una sfida decisiva per il continente, che interseca le strategie economiche e istituzionali di ciascun paese. Ma non bastano dichiarazioni di intento o alleanze politiche: bisogna capire quali sono le azioni adeguate, in tutti i campi, e verificarne la coerenza.
Ed ecco la proposta di Regolamento di tassonomia sociale, redatta da un gruppo di esperti esg. Arriva dall’Italia, ispirata anche da Papa Francesco, e si prefigge l’obiettivo di definire criteri chiari e misurabili per le attività economiche socialmente sostenibili; quindi divenire standard di riferimento per l’Europa, grazie al lavoro di Giammario Battaglia e di Francesca Tempesta, che hanno agito sotto l’egida della Commissione cultura della Camera dei deputati. Giovanni Barbara, docente di diritto societario e corporate governance, direttore scientifico e responsabile della rivista Corporate Governance, è uno dei più autorevoli componenti del comitato scientifico coordinato da Antonio Uricchio, presidente dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur).
Ci siamo, dunque: dopo le linee guida, adesso ci sono anche gli strumenti per misurare?
C’è una proposta di Regolamento di tassonomia sociale che si prefigge l’obiettivo di definire criteri chiari e misurabili per le attività economiche socialmente sostenibili e di divenire uno standard di riferimento per l’Europa. Un vero patto per l’umanità. La proposta sarà presentata alla Commissione europea per promuoverne l’approvazione e la diffusione, in coerenza con quanto previsto dai lavori preparatori del gruppo di lavoro della Commissione europea per il Regolamento di tassonomia sociale. In sostanza, come sostenuto dagli stessi esperti coinvolti dalla Commissione europea, il regolamento deve essere realizzato per definire in maniera chiara quali parametri sociali un’impresa deve avere per essere valutata positivamente sotto il profilo finanziario e da un punto di vista sociale, anche per accedere a una serie di strumenti (fondi pubblici, investimenti finanziari). La rilevanza dell’iniziativa è sottolineata anche dalla consegna della bozza di regolamento nelle mani del Papa, che ha ricevuto un ristretto gruppo di studiosi e promotori accettando di custodire il documento, nonché supportare ogni tipo di proposta, piano e progetto utile alla promozione e diffusione dei valori e dei principi contenuti nel regolamento.
La proposta, presentata durante l’evento romano Human Economic Forum, getta le basi per interrogarsi sullo stato della sostenibilità a livello globale. L’attenzione sembra essere rivolta sempre più a quella sociale, non più esclusivamente a quella ambientale.
L’attenzione nei confronti della lettera E dell’acronimo esg (‘environmental’) è stata spasmodica e le iniziative a favore della sostenibilità ambientale si sono susseguite e moltiplicate, fino a creare una forte tensione tra legislatore, imprese e collettività, dovuta principalmente alla circostanza che ha registrato fughe in avanti, con la fissazione di scadenze inderogabili per raggiungere obiettivi ambiziosi, trascurando l’incapacità o l’impossibilità di alcuni settori di adeguarsi alle regole. Così, mentre si discuteva e si discute sull’opportunità delle iniziative avviate per la sostenibilità ambientale e sulla possibilità che gli obiettivi siano rivisti, concedendo agli attori tempi più lunghi, è riapparsa prepotentemente la necessità di prestare immediata e adeguata attenzione alla sostenibilità sociale (la lettera S dell’acronimo). Uso il termine ‘riapparsa’ perché la sostenibilità sociale ha radici antiche e, come osservato da due autori illuminati, Stefano Lucchini e Massimo Lapucci, nel recente saggio Ritrovare l’umano, essa trova consapevolezza già ai tempi di Parini, che nelle sue opere fissava una linea tra un ‘prima’ e un ‘dopo’ della consapevolezza sulla sostenibilità, componendo uno dei primi manifesti di un’ancora inconsapevole cultura dell’esg. Forse la vera novità che ha riportato al centro il sociale e ha sensibilizzato tutti gli attori principali che si occupano di questi temi, e non solo, è stata una nuova prevalente tendenza a utilizzare un diverso nomen iuris: diritti umani. Tendenza alla quale deve attribuirsi l’intuizione di riconoscere alla sostenibilità sociale un ruolo sovraordinato rispetto alle altre componenti della sostenibilità, perché quando si parla del sociale si sta, in definitiva, trattando di diritti umani.
C’è un altro elemento che ha rinvigorito l’attenzione nei confronti della lettera S: la convinzione che sul sociale, a differenza di quanto accaduto per l’ambientale, non sia più possibile tornare indietro e che gli obiettivi posti debbano necessariamente essere raggiunti.
Se sulla sostenibilità ambientale sono state registrate fughe in avanti e, probabilmente, non si è dato il tempo necessario ai governi di avviare la costruzione delle infrastrutture per la conversione in atto, così come non si è dato il tempo alle case automobilistiche di modificare le piattaforme per la produzione di auto elettriche, né ci si è adoperati per poter garantire che tutti i paesi agissero in maniera coordinata e sposassero processi condivisi, sul sociale lo scenario appare profondamente diverso. Trattandosi di diritti umani, non è ipotizzabile un passo indietro, né sono ipotizzabili divergenze tra paesi, culture e religioni. Il sociale non è legato a infrastrutture, non è legato a piattaforme. È un processo culturale che deve fare breccia in ognuno di noi, partendo dall’individuo e coinvolgendo comunità, imprese, istituzioni, paesi ed enti sovraordinati.
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