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Perché i “venditori” resteranno determinanti anche nel mondo post-Coronavirus

(Shutterstock)

Tutti gli istituti di ricerca sono concordi nel ritenere che la rapida diffusione su scala globale del Coronavirus abbia scatenato uno shock economico e sociale senza precedenti. Se per molte famiglie il Coronavirus rappresenta una grave crisi umana, per molte aziende si tratta di qualcosa mai vissuto prima. Molti – praticamente tutti, me compreso – sono concordi nel ritenere che il Coronavirus provocherà un’accelerazione di cambiamenti già in atto in molte aziende, primo tra tutti quello della digitalizzazione.

D’altra parte, se molti dei contatti tra brand e consumatori si sposteranno dal mondo fisico a quello digitale, questo non significa che i processi mentali che guidano la scelta e l’acquisto di un brand da parte dei consumatori subiranno delle modifiche, ed in particolare non subirà alcuna modifica il ruolo giocato dalle emozioni nella mente del consumatore. Si tratta infatti di processi mentali che caratterizzano gli esseri umani e che sono indipendenti dal punto di contatto tra brand e consumatore, sono cioè indipendenti dal canale di acquisto, che sia fisico o digitale.

Osservando invece quello che accade in Rete in queste ultime settimane, ho potuto notare come siano veramente tanti i casi che dimostrano come molti non abbiano minimamente compreso i processi mentali che stanno alla base della scelta di un brand da parte di un consumatore, e soprattutto dimostrano di non avere per niente compreso il ruolo giocato dalle emozioni durante tali processi. Inoltre, molti – anzi, troppi – realizzano azioni generiche che spesso hanno come unico risultato quello di annacquare il lavoro fatto nei decenni per costruire il DNA di un brand.

Un esempio illuminante è quello di RewardStyle – una piattaforma che supporta circa 60.000 influencer nella loro attività di creazione e diffusione di contenuti digitali collegati ai brand per i quali essi lavorano, e che viene utilizzata da centinaia di migliaia di brand. Come riportato dal New York Times, RewardStyle – attraverso una e-mail del 30 marzo – ha comunicato ai propri utenti influencer di “continuare a pubblicare post per catturare domanda, utilizzando un approccio più morbido e guidare così lo shopping online”, e ha poi aggiunto, “per ogni 5 post, ti consigliamo di pubblicare 2 post relativi alla vita in casa e 3 post sullo shopping”.

Non male come suggerimento. Un livello di genericità assolutamente sconcertante!

Un altro esempio è quello di un brand di biancheria intima che ha proposto il “reggiseno adatto per lavorare da casa”. Io non porto il reggiseno, tuttavia penso che dietro tale messaggio ci sia una comprensione decisamente scarsa dei meccanismi di scelta di un brand di reggiseni da parte di una consumatrice, e soprattutto non ci sia alcuna comprensione di come fare leva sulle emozioni di una consumatrice.

Molti hanno poi toccato il fondo realizzando azioni ancora più generiche del tipo, “…l’innovazione sostenibile per ispirare i consumatori di domani”. È un modo certamente molto efficace per scomparire del tutto dal radar dei consumatori.

Come ho scritto più volte, i consumatori acquistano o si sentono legati ad un brand non perché un’emozione è stata suscitata da quel brand, ma perché un brand è percepito come in grado di soddisfare il desiderio di vivere una certa emozione, desiderio che io chiamo “motivatore emozionale”. Tale percezione diventerà poi più forte o più debole a seconda delle emozioni che seguiranno, durante l’interazione con il brand nei punti di contatto fisici e digitali.

Nel mio ultimo articolo ho riportato i risultati di una ricerca da me condotta nelle ultime settimane per un noto brand del settore del lusso che ha consentito di evidenziare i principali desideri emozionali dei consumatori che si trovano in lockdown, e ho suggerito anche alcune azioni che i brand possono realizzare per soddisfare tali desideri emozionali. Vediamo ora tre esempi concreti che si sono dimostrati di grande successo nelle ultime settimane. Sono esempi coerenti con i miei suggerimenti, e dimostrano quanto sia importante la comprensione del ruolo delle emozioni nella mente dei consumatori anche quando il contatto con il brand è un contatto digitale. I primi due esempi derivano da analisi che ho fatto sulla base di materiale disponibile in Rete, mentre il terzo è tratto da una mia recentissima esperienza professionale.

 

Live streaming per i fan di Levi’s

Il 24 marzo Levi’s ha annunciato una nuova serie di esibizioni online dal vivo chiamata “5:01 Live”. Si tratta di una serie di spettacoli dal vivo di artisti musicali molto noti che viene trasmessa ogni giorno su Instagram Live alle 5:01 del pomeriggio del Pacific Time.

L’iniziativa intende collegare e intrattenere i fan del brand, costretti a rimanere nelle proprie abitazioni. Attraverso l’iniziativa, Levi’s è in grado di contribuire alle attività di lotta contro il Coronavirus mediante delle donazioni a favore di enti di beneficenza.

Nei giorni scorsi mi sono permesso di fare una survey su di un campione di follower del profilo Instagram di Levi’s – che per inciso sono 7,3 milioni. La survey mi ha consentito di misurare un livello di fedeltà al brand superiore di circa l’85% da parte dei follower che hanno seguito almeno due eventi 5.01 Live, rispetto ai follower che non hanno seguito alcun evento 5.01 Live. È un risultato certamente straordinario.

 

Festeggiare San Valentino su Taobao e Tmall

All’inizio dell’emergenza globale, quando la Cina si era appena bloccata e le giovani coppie si trovavano nell’impossibilità di incontrarsi fisicamente per festeggiare San Valentino, Alibaba ha lanciato una campagna attraverso Taobao Life e Tmall. Per chi non li conoscesse, ricordo che Taobao Life è il gioco virtuale con avatar in 3D, accessibile dall’applicazione mobile di Taobao – che a sua volta è il marketplace online di Alibaba utilizzato per le vendite tra privati (una sorta di eBay). Tmall invece è la piattaforma online posseduta da Alibaba per le vendite business to consumer.

Per il giorno di San Valentino, Tmall ha collaborato con sei brand del settore del lusso per realizzare una campagna di appuntamenti online su Taobao Life. Dal 14 al 16 febbraio gli utenti hanno avuto la possibilità di accedere a 20 prodotti virtuali dei sei brand, in edizione limitata. Le coppie potevano scegliere uno sfondo di San Valentino brandizzato, incontrarsi nel gioco e fare in modo che i loro avatar si scambiassero foto, per poi scaricarle e condividerle con gli amici attraverso i social media.

La campagna di appuntamenti non è stata però progettata solamente con lo scopo di creare intrattenimento e condivisione di “momenti d’amore”. Infatti, i venti prodotti virtuali ricordano prodotti reali realizzati dai sei brand e potevano essere selezionati e acquistati su Tmall, con uno “sconto speciale per gli innamorati”.

Sebbene Tmall non abbia rilasciato numeri ufficiali, essa ha tuttavia affermato che la campagna ha generato vendite significative, e soprattutto alcuni utenti sono diventati per la prima volta acquirenti nel Tmall Luxury Pavilion. Il successo del gioco forse è derivato anche dal fatto che alcuni degli articoli erano 明星 同 款 – una frase che indica che alcune celebrità erano state viste indossare i prodotti proposti nella campagna.

Le stime più recenti sostengono che la Cina sia la patria di oltre 290 milioni di giovani consumatori GenZ e il loro potere di spesa stia rapidamente crescendo. Inoltre, molti si aspettano che entro il 2025 i consumatori GenZ effettueranno il 55% di tutti gli acquisti di lusso in Cina. La campagna di San Valentino realizzata da Alibaba è stata un modo certamente creativo per coinvolgere emotivamente questo gruppo di consumatori, ed è stata anche rispettosa del grave momento umano che i giovani consumatori cinesi stavano vivendo.

 

Il venditore angelo con le ali digitali

Quando si pensa al mondo Dopo-Coronavirus – in cui molti contatti tra i brand e i consumatori saranno digitali – si dà quasi per scontato che tali contatti saranno in assenza di un “venditore”, cioè di una persona che favorisca e stimoli l’acquisto da parte del consumatore. Certamente si verificherà un forte incremento di acquisti effettuati in self-service, attraverso i canali digitali. Tuttavia, la domanda a cui rispondere è se la presenza di un venditore – che parla con il cliente attraverso una videochiamata e interagisce mediante strumenti e contenuti digitali – possa comunque incrementare la probabilità di acquisto e la fedeltà al brand. La risposta a questa domanda è certamente affermativa, a condizione che il venditore attui la giusta comunicazione verbale e non verbale assieme ai giusti comportamenti, assistiti dai giusti strumenti e contenuti digitali.

Per dimostrare questa mia ultima affermazione, riporto quanto emerso in una mia recentissima esperienza professionale nell’ambito di un progetto di trasformazione consumer-centrico per un brand molto noto del settore abbigliamento e accessori femminili. Nel progetto – iniziato qualche mese fa e proseguito durante il periodo di lockdown – si sono già svolti oltre 250 video-incontri di vendita tra eStylist e consumatrici di vari paesi, realizzati secondo modalità completamente nuove. Ad oggi, ho potuto misurare che una eStylist che utilizza alcune domande che evocano le giuste emozioni positive nella consumatrice che sta dall’altra parte dello schermo, riesce ad ottenere aumenti della probabilità di acquisto fino al 95%, rispetto ad un contatto in cui la cliente si serve da sola sul sito web del brand.

Ad esempio, straordinario è stato un video-incontro in cui una eStylist che aveva notato un ritratto della cliente posizionato su una parete alle spalle della cliente stessa, le ha chiesto, “Quel ritratto alle sue spalle la fa apparire bellissima. Immagino che guardarlo le ricordi momenti di vera felicità, è così?”. A questa domanda gli occhi della cliente si sono illuminati, le si è spalancata la bocca ed ha iniziato una risposta che è durata circa 25 minuti, raccontando come quel ritratto le era stato regalato dal marito 13 anni prima, dopo un viaggio attraverso alcune capitali europee. Quando poi, nel corso di un video-incontro, quella stessa eStylist favorisce l’uso della Realtà Aumentata da parte della consumatrice attraverso la giusta comunicazione verbale – analoga a quella che si dovrebbe usare in negozio quando la cliente è di fronte a uno specchio e sta provando un capo – allora la probabilità di acquisto è arrivata quasi a triplicare rispetto a quando la cliente interagisce da sola con un Virtual Store del brand, ed è più che raddoppiata rispetto al caso in cui è la cliente che da sola utilizza la Realtà Aumentata.

Tutto questo non significa che nel mondo Dopo-Coronavirus i negozi dovranno essere chiusi per sempre. Sicuramente dovranno ridursi di numero e molti di essi dovranno essere rifatti da cima a fondo. Ma soprattutto, dovranno diventare un luogo esclusivo per una clientela super-premium e high-net-worth. In questi luoghi esclusivi lavoreranno venditori e venditrici che sapranno agire da “angelo del consumatore”, rendendolo un consumatore desiderante del brand.

Sono poi assolutamente convinto che i risultati che ho citato nell’ultimo esempio – quello della straordinaria eStylist, per intenderci – possano essere ottenuti anche in settori diversi da quello dell’abbigliamento e accessori, da parte di quei brand che vogliono applicare livelli di prezzo di tipo premium o superiori, per prodotti e servizi di valore unitario medio o alto. Tra questi ci sono certamente molti prodotti finanziari e assicurativi, gli articoli di arredamento e per il fitness, e – per alcune fasi del processo di vendita – anche le moto e le auto. Ho motivo di credere che in questi settori – per ragioni che non sto qui ad elencare – un incontro di vendita mediato da uno strumento e dai giusti contenuti digitali sia non solo meno costoso ma anche più efficace rispetto ad un incontro tradizionale di vendita face-to-face. È chiaro però che per ottenere risultati simili a quelli riportati sopra, è necessario che i brand aumentino in modo considerevole il numero di “venditori angelo” e li dotino delle giuste “ali digitali”, cioè dei giusti strumenti e soprattutto dei giusti contenuti digitali. I “venditori angelo” dovranno avere livelli molto alti di attenzione focalizzata – una capacità che io chiamo “quasi ipnotica” – ed essere in grado di padroneggiare un vocabolario emozionale molto esteso. Si tratta di due capacità che possono essere allenate e quando sono possedute a livelli adeguati consentono di sviluppare rapidamente le giuste abilità di comunicazione verbale, non verbale e di comportamento. Sulla base della mia esperienza professionale e della mia attività di ricerca, posso segnalare infatti che meno del 20% del personale di vendita nei settori consumer ad oggi mostra livelli adeguati di queste due capacità. E il numero di venditori che può essere qualificato come “angelo” – che mostra cioè livelli altissimi di queste due capacità – è ben al di sotto del 5%.

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Nel mondo Dopo-Coronavirus il coinvolgimento emotivo dei consumatori sarà il vero – probabilmente unico – campo di battaglia per i brand che operano nei mercati consumer. I brand dovranno essere emotivamente coinvolgenti in tutti i punti di contatto, non solo nei punti fisici che rimarranno, ma anche in tutti nuovi punti di contatto digitali che nasceranno. Per fare questo, le persone di questi brand che lavorano in attività di vendita e di servizio, dovranno possedere alcune capacità che le rendono “angeli dei consumatori”. Questi angeli – dotati delle giuste “ali digitali” – dovranno essere in grado di governare le emozioni del consumatore, rendendolo un consumatore desiderante del brand, anche quando l’incontro di vendita avviene in modalità remota. Solo in questo modo un brand potrà riuscire a differenziarsi stabilmente rispetto ai concorrenti posizionandosi al centro della vita dei consumatori. Quei brand che invece non saranno in grado di essere emotivamente coinvolgenti in tutti i punti di contatto fisici e digitali probabilmente scompariranno.

 

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