Gli Yaghan, detti anche Yámana, sono la popolazione più australe del pianeta: vivono nella Terra del Fuoco, l’arcipelago diviso tra Argentina e Cile a poca distanza dall’Antartide. Oggi la tribù fuegina è praticamente estinta, e le stime vogliono che il totale dei discendenti della popolazione che risiedono nell’area arrivi appena alle 1500 unità. Eppure, gli Yaghan riescono ancora a far parlare di loro: il merito è innanzitutto di un singolo termine, una parola della loro omonima lingua nativa, mamihlapinatapai, a cui nessuno studioso finora ha saputo fornire una traduzione definitiva. L’espressione – il cui reale significato è offuscato dalla coltre del passare dei secoli – è al centro di un articolo pubblicato dal sito della Bbc.
La principale opera di trattazione linguistica della lingua Yaghan si deve al riverendo e missionario anglicano Thomas Bridges, che negli anni ’60 dell’Ottocento ha trascorso un ventennio in compagnia degli indigeni, compilando un dizionario Yaghan-inglese composto di 32mila lemmi. Nel suo vocabolario, Bridges non ha inserito mamihlapinatapai, ma ne ha parlato in un’altra occasione, in un saggio, definendolo: “Il guardarsi l’un l’altro, sperando che uno dei due si prodighi a fare qualcosa che entrambe le parti desiderano molto fare, ma non hanno la volontà di iniziare”.
La poetica traduzione ottocentesca spiega le sorti del vocabolo ai giorni nostri, quando è approdato alla fama online anche grazie a un ruolo da protagonista nella cultura pop, e a frequenti riferimenti nel mondo del cinema e della letteratura (“il suo significato è bellissimo”, spiega una ragazza che appare nel documentario prodotto nel 2011 da Ridley Scott, Life in a Day). Eppure non tutti sono d’accordo con questa definizione “sentimentale”: Yoram Meroz, linguista californiano di origine israeliana, pensa che la traduzione di Bridges sia molto libera, e basata sull’interpretazione di un verbo che compone il vocabolo: ihlapi-na, che in lingua Yaghan significa “sentirsi in imbarazzo”. Per altri studiosi dell’idioma tribale, mamihlapinatapai indica il momento di meditazione in cui gli anziani del villaggio si sedevano davanti al fuoco a raccontare le loro storie ai più giovani. È probabile che la matassa non verrà mai sbrogliata: l’ultima nativa Yaghan a parlare fluentemente il linguaggio degli antenati, Cristina Calderon, oggi ha 89 anni, e non ricorda di aver mai sentito usare quello specifico termine.
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