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Il futuro di un’azienda, come dell’intero Paese, dipende anche dalla sua capacità di attirare persone di talento. Come si posiziona l’Italia rispetto ai nostri competitor, in Europa e nel mondo?
Non bene. Secondo il GTCI 2018 (Global talent competitiveness index), un’indagine globale realizzata da The Adecco Group in collaborazione con Insead e Tata Communications, il nostro Paese si colloca al 36° posto su 119 esaminati, subito dietro a Lituania, Cile e Lettonia. Le altre economie sviluppate del Vecchio continente performano meglio, con la Svizzera al primo posto, Norvegia, Svezia, Finlandia, Danimarca, Regno Unito, Olanda e Lussemburgo tutte nelle prime dieci posizioni, seguite da Germania (19a) e Francia (21a).
I punti di forza del nostro Paese, messi in luce dall’indagine, sono la relativa forza della ripresa economica, la traiettoria di crescita degli investimenti esteri in Italia e un sistema scolastico che riesce a dialogare con il mondo dell’impresa, formando professionisti altamente qualificati. Gli aspetti che pesano sul punteggio complessivo, compromettendo la capacità del Paese di attrarre e coltivare i talenti, sono invece il sistema di tassazione, la burocrazia e il sistema giudiziario: distanti da una cornice ideale rappresentata da un contesto imprenditoriale dinamico, un mercato del lavoro flessibile e normative adeguate, in grado di promuovere la concorrenza, l’innovazione e l’esercizio dell’attività d’impresa.
“Il mondo istituzionale e quello economico devono collaborare per consolidare e accrescere i punti di forza di un Paese come l’Italia, ricco di potenzialità, cultura e storie di eccellenza”, premette Andrea Malacrida, country manager di The Adecco Group Italia. “I dati GTCI 2018 confermano la necessità di accelerare i processi di innovazione per allinearsi ai più alti standard internazionali. The Adecco Group ha implementato in Italia importanti progetti volti allo sviluppo delle competenze, concentrandosi sull’occupabilità, piuttosto che sull’occupazione in senso stretto, per una visione di medio/lungo periodo. Una strategia che, se diventa sistema, potrà essere la chiave del successo per l’intero Paese”.
Tra le 90 città prese in esame, sono quattro le italiane analizzate: Bologna è la meglio posizionata (47a) grazie alla qualità della vita e alla capacità di promuovere innovazione, seguita da Roma (50a) – new entry in classifica, grazie a punteggio positivo su investimenti esteri, istituzioni internazionali e sistema universitario – e Torino (52a). Milano, penalizzata dai fattori ambientali e costo della vita più elevato, è al 53° posto, in una graduatoria guidata dalle città del Nord Europa come Zurigo, Stoccolma e Oslo.
Tra i fattori ritenuti sempre più rilevanti nella capacità di attrarre i talenti, la tematica della diversità sta acquistando una centralità crescente ed è oggetto di un approfondimento dedicato nell’ambito della GCTI 2018, perché ritenuta una risorsa strategica per favorire la prosperità e l’innovazione. L’Italia è un Paese tollerante e questo si evince anche dai rispettivi indicatori. Tuttavia, la performance nelle categorie “uguaglianza di genere” e “mobilità sociale” è debole rispetto ad altri Paesi sviluppati.
Questo nuoce alla performance complessiva dell’Italia su questo fronte, nonostante un buon accesso ai sistemi d’istruzione e un forte bacino di competenze. “Le qualità umane e sociali dell’Italia e degli italiani – osserva Malacrida – sono emerse con forza dalla nostra ricerca, ma al contempo è necessario riflettere su quanto questi valori ancora facciano fatica a essere parte integrante del tessuto economico e del mondo dell’impresa. L’attrattività di un Paese, la scelta di tanti professionisti di vivere e lavorare in Italia dipende anche da come vengono applicatele politiche di diversity. L’innovazione di cui ci facciamo ambasciatori deve avere un riscontro concreto in un mondo del lavoro aperto, tollerante e basato sull’uguaglianza”.
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