SpaceEconomy

Business spaziale, un viaggio da 1.100 miliardi

Crew Dragon di SpaceX

Articolo tratto dal numero di giugno 2019 di Forbes Italia. Abbonati. 

“È l’alba di una nuova era per il volo spaziale umano”, ha twittato Anne McClain il 3 marzo, poco dopo l’attracco della Crew Dragon di SpaceX alla Stazione spaziale internazionale (Iss), dove attualmente McClain risiede e dove rimarrà fino a giugno. Quelle dell’astronauta americana sono parole pesanti, ma che trovano piena conferma nella missione dimostrativa (Demo-1) della capsula realizzata da SpaceX. Lanciata dalla storica rampa 39A del Kennedy space center in Florida, la stessa da cui partirono Neil Armstrong e l’Apollo 11 diretti sulla Luna, la navetta della compagnia di Elon Musk ha effettuato un “aggancio morbido” alla Iss quando in Italia erano le 11:51, dopo 27 ore di viaggio. Scaricato il manichino in tuta spaziale Ripley, battezzato così in onore al personaggio interpretato da Sigourney Weaver in Alien, già a luglio Crew Dragon verrà rimessa in orbita per testare il trasporto umano, interrompendo il monopolio della Soyuz russa, dal 2011 l’unico mezzo in grado di trasportare l’uomo fuori dall’atmosfera terrestre. Lo stesso farà il CST-100 Starliner della Boeing, in una missione attualmente fissata ad agosto e con tre astronauti a bordo per 13 giorni.

Tornando alle parole di McClain, oltre che per la missione in sé, il volo della Crew Dragon è epocale per quello che rappresenta: un successo privato in un ambito spaziale, il volo umano, finora di esclusivo appannaggio degli enti governativi. Una svolta significativa che solo pochi giorni prima aveva trovato una prova ulteriore: Virgin Galactic, la compagnia dell’altro nuovo protagonista della space industry, Richard Branson, festeggiava il successo del volo suborbitale della sua SpaceShipTwo Vss unity. Detto altrimenti e parafrasando il tweet di McLain: non solo è iniziata una nuova era del volo umano nello spazio, ma si è ufficialmente riaperta la caccia al tesoro cosmico.

Un tesoro, quello della space economy, che oggi vale 383 miliardi di dollari a livello globale e che Morgan Stanley Research stima possa lievitare fino a 1.100 miliardi entro il 2040. Nel suo rapporto Investment Implications of the final frontier, la banca d’affari americana individua gli stimoli principali della crescita nella diminuzione dei costi di lancio – che renderà lo spazio accessibile ad attori e per motivi diversi -, nei progressi tecnologici (interessi commerciali compresi) e nel rinnovato entusiasmo del settore pubblico.

Le implicazioni per gli investimenti consentiti da un accesso più economico al cosmo saranno significative, con grosse opportunità in settori come la banda larga satellitare, la consegna dei prodotti ad alta velocità, i big data e i viaggi nello spazio umano, anche a scopo commerciale. Lo confermava già nel 2013 il Piano strategico Space Economy del Ministero dello sviluppo economico italiano, rivelando che sebbene il mercato istituzionale continui a costituire l’elemento di traino dell’economia dello spazio, la crescita del settore “è tutta concentrata sul versante delle attività commerciali”.

Allora il valore complessivo della space economy era di 280 miliardi di euro, “di cui tre quarti espressione di attività commerciali e la restante parte derivante dal budget di spesa pubblica, distribuita fra Stati Uniti – con una leggera prevalenza, ndr – e resto del mondo”. Che oggi significa Europa, certo, ma soprattutto Cina, come dimostrato dalla prima missione sul lato nascosto della Luna, la Chang’e-4: da una parte, la romantica conquista di un obiettivo mai raggiunto né dall’Unione Sovietica né dalla Nasa. Dall’altra una dichiarazione strategica: schermato dall’inquinamento elettromagnetico della Terra, il lato lunare nascosto permette osservazioni dello spazio profondo nelle lunghezze d’onda radio a bassa frequenza. È il primo traguardo importante di una nuova corsa spaziale per garantirsi il controllo delle tecnologie più promettenti del futuro prossimo, peraltro inaugurata il 7 dicembre scorso nel pieno di una diatriba fra Stati Uniti e Cina sulle telecomunicazioni e le tecnologie digitali.

Non è un caso che il rapporto di Morgan Stanley indichi nell’accesso internet a banda larga via satellite la fonte delle opportunità d’investimento più significative a breve e medio termine. Il documento stima che la banda larga satellitare rappresenterà il 50% della crescita prevista dell’economia spaziale nei prossimi vent’anni. Addirittura il 70% nell’ipotesi più ottimistica.

“La domanda di dati sta crescendo in maniera esponenziale”, ha spiegato Adam Jonas, analista azionario di Morgan Stanley, “mentre il costo di accesso allo spazio, e per estensione dei dati stessi, è in rapido calo. Riteniamo che la maggiore opportunità derivi dalla fornitura di accesso alla rete in zone del mondo poco o per nulla servite. Contestualmente aumenterà anche la domanda di larghezza di banda generata dalla diffusione di auto autonome, internet delle cose, intelligenza artificiale, realtà virtuale e video”. Detto altrimenti, un eldorado oltre l’atmosfera terrestre. I cui primi conquistatori sono già in viaggio. Dalla Iss, Anne McClain li ha visti arrivare.

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