La blockchain non è più solo la tecnologia applicata alle criptovalute, ma uno strumento utile per gli usi più diversi. Nell’arte le catene di blockchain cominciano a essere utilizzate come database elettronici certificati capaci di custodire le informazioni sulle opere. È questo l’uso sperimentale che ne ha fatto recentemente Christie’s, casa d’asta leader al mondo nel settore per giro d’affari, da sempre anche all’avanguardia per quanto riguarda la messa in pratica delle nuove tecnologie.
Ricordiamo che fu la prima auction house a creare una piattaforma apposita per l’on-line bidding nel 2011, oggi strumento ampiamente usato nel mercato. Quella che all’epoca era una feature sperimentale legata all’asta della collezione di Elizabeth Taylor fu adottato su base permanente, per poi essere adottato anche dai concorrenti. Lo stesso potrebbe accadere con la blockchain. Il primo esperimento di applicazione di catena certificata a un’asta è accaduto lo scorso novembre, quando in occasione della vendita la collezione Barney A. Ebsworth a New York i clienti hanno avuto a disposizione un catalogo interamente registrato su blockchain realizzato da Artory, società da due anni attiva nella costruzione di tecnologie di ‘catena dei blocchi’ per l’arte con sedi a New York e Berlino.
L’asta è stata un successo: ha segnato anche un record mondiale per il maestro della pittura americana Edward Hopper, la cui tela Chop Suey è stata venduta per quasi 92 milioni di dollari. Ma non solo. Richard Entrup, Chief Information Officer di Christie’s ci spiega che una volta creata, la catena blockchain è concepita come servizio aggiuntivo per i clienti: ad ogni collezionista viene data una tessera elettronica che consente l’accesso personalizzato al database che contiene sostanzialmente le informazioni presenti in catalogo. La presenza di un database di transazioni certificate renderà semplificate le procedure di stima delle opere, realizzate non più da un professionista del settore con un certo grado di soggettività, ma calcolate in modo automatico da un algoritmo.
La seconda novità dovuta alla creazione di database elettronici è il contenuto di validazione che la catena porta con sé: attraverso l’uso della tecnologia blockchain, Christie’s può mettere a disposizione del cliente un certificato digitale, firmato crittograficamente, strumento di convalida della veridicità delle informazioni sulle opere fornite. E questo servizio in futuro potrebbe essere fornito anche dagli altri operatori dell’arte. Secondo Entrup il nuovo applicativo in questa fase è importante per attrarre ‘technology-minded people’, ovvero i clienti che percepiscono come un’attrattiva questo strumento di trasparenza, che nell’immediato futuro potrà aumentare la fiducia nell’operato professionale delle case d’asta.
Christie’s in questo senso vuole giocare di anticipo sui cambiamenti tecnologici, offrendo già oggi le risposte ai bisogni che verranno. Per Nanne Dekking, ceo di Artory, la maggiore diffusione di questi strumenti diventerà importante per i dealer per la validazione delle informazioni sulle opere. Un mercato percepito come più trasparente e efficiente potrebbe diventare in futuro più ampio: è dalla maggiore fiducia dipende nell’operato degli attori che dipende l’ingresso di nuovi acquirenti. In Europa dove le normative sulla tutela dei dati personali sono al momento più restrittive, lo scioglimento del nodo legato protezione delle informazioni di proprietà delle opere è il requisito essenziale per mettere in pratica il sistema blockchain.
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