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Cos’è il MES, come funziona e perché si discute tanto delle condizionalità

(Shutterstock)

Martedì 7 aprile i ministri delle Finanze dell’Ecofin si riuniranno per presentare nuove iniziative di sostegno all’economia europea alle prese con il Coronavirus.
Le ultime indiscrezioni dell’agenzia di stampa tedesca Dpa indicano che Germania e Francia si potrebbero presentare con una posizione comune: l’utilizzo di linee di credito “light” del MES, con condizioni minime uguali per tutti. Sarebbe un’iniziativa in grado di risolvere parte dei problemi dell’Italia o al contrario aprirebbe la porta alla richiesta di pesanti sacrifici al nostro Paese?

Cos’è il MES

Il MES nasce nel settembre 2012 durante la crisi dei debiti sovrani con la finalità di fornire assistenza finanziaria ad uno Stato membro, la cui crisi avrebbe potuto mettere a rischio l’intera Area Euro. Il MES ha sostituito altre istituzioni già esistenti, come il Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF) e il Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (EFSM).
Oltre agli aiuti agli Stati in crisi, il MES prevede i prestiti precauzionali, ossia interventi a favore di quei Paesi che, nonostante siano in condizioni macroeconomiche solide, potrebbero aver bisogno di aiuto.
“Tutto nasce nel 2010-2011 quando alcuni paesi Ue si trovarono sull’orlo del tracollo finanziario. Ci si era scontrati con l’art. 123 dei Trattati che vieta agli stati membri (e alla BCE) di ‘salvare’ paesi in difficoltà. La logica di questo articolo è chiara: gli stati membri non devono essere incentivati a indebitarsi nella convinzione che altri paesi correranno in loro soccorso. Ma i tempi erano eccezionali e la crisi mordeva l’economia reale e tagliava posti di lavoro. Da qui l’aggiramento dell’art. 123 prima con un fondo temporaneo e poi con uno permanente, il MES”, spiega Antonio Villafranca, co-head dell’Ispi, in un documento pubblicato pochi giorni fa.

Il funzionamento del MES

Il MES offre sostegno agli Stati Membri attraverso prestiti o con l’attivazione di linee di credito che sono garantite dal capitale sottoscritto dai paesi membri. I singoli Stati azionisti del Fondo hanno una responsabilità limitata definita dal capitale sottoscritto. Il capitale è suddiviso in quote distribuite sulla base del modello delle quote di capitale detenute nella BCE da parte delle banche centrali nazionali.  Il Mes può contare su un capitale sottoscritto di 700 miliardi di euro di cui gli stati membri hanno versato effettivamente pro quota 80 miliardi di euro (con quasi il 27% del capitale la Germania è il primo contributore seguita dalla Francia, l’Italia è terza e partecipa con il 18%). L’Italia ha quindi versato effettivamente circa 14 miliardi (contando anche prestiti ad altri Stati si arriverebbe a 58 miliardi, come spiegato dall’Agi), mentre il capitale sottoscritto attraverso garanzie (ma non versato) dal nostro Paese raggiunge i 125 miliardi.

Le fasi dell’intervento

Il MES si attiva su richiesta dello Stato interessato che indica gli strumenti finanziari da considerare per l’intervento e definisce il suo fabbisogno finanziario.
Una volta ricevuta la domanda di assistenza, il presidente del Consiglio dei Governatori del MES autorizza la Commissione Europea e la BCE a fare una valutazione di tre variabili principali:
– l’esistenza di un rischio per il paese o per la stabilità dell’intera Zona Euro;
– la sostenibilità del debito pubblico del paese che ha formulato la richiesta di aiuto;
– le esigenze economiche di tale paese.
Una volta terminate le valutazioni, in caso di accettazione della richiesta, il Consiglio dei Governatori affida alla Commissione Europea, alla BCE e, laddove possibile, al FMI, il compito di negoziare con il membro del MES interessato un protocollo d’intesa (Memorandum of Understanding, MoU), nel quale sono indicate le condizioni per fornire l’assistenza finanziaria, la gravità della situazione economica e il tipo di strumento necessario per l’intervento di assistenza finanziaria.
Dopo la valutazione, l’organo plenario del MES decide di agire e aiutare il Paese in difficoltà (il tutto più o meno nell’arco di 7 giorni dalla data di presentazione della richiesta formale di assistenza) con prestiti.

Cosa sono le condizionalità

Tutti gli strumenti di sostegno offerti dal MES sono caratterizzati da un certo grado di condizionalità, ossia dall’obbligo di rispettare alcune condizioni affinché si possa accedere allo strumento di sostegno. Ad esempio il memorandum negoziato con la Commissione europea può richiedere delle riforme specifiche per migliorare l’economia del Paese. Dalle riforme strutturali a quella della vigilanza bancaria, dalle riforme fiscali ai tagli alla spesa pubblica fino alle privatizzazioni.

I punti critici delle condizionalità del MES

Le condizioni sono naturalmente inserite per evitare che un Paese possa ricevere soldi senza effettuare sforzi per migliorare la sua condizione economica.
Qui però si apre il fronte di dibattito più acceso, perché Il MES ha concesso finora prestiti a Cipro (€6,3 miliardi), Spagna (€41,3 miliardi) e Grecia (€61,9 miliardi) ma a fronte di rigide condizioni. Tanto che l’esempio del rigore e delle sofferenze sociali patite dalla Grecia è quello più spesso citato da chi si oppone al ricorso al MES. Questi ultimi profetizzano un ulteriore avvitamento dell’economia italiana e l’acquisto a prezzi di saldo degli asset italiani da parte di altri Paesi.
Ecco perché la definizione di condizionalità favorevoli, o almeno raggiungibili, per l’Italia diventa un tema centrale.

Come dovrebbero essere le condizioni al tempo del Coronavirus

Quali possibili scenari per l’Italia? Li spiegano Alessandro Cascavilla e Giampaolo Galli dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani: “Sulla base del trattato vigente, l’Italia potrebbe probabilmente avere accesso agli aiuti del MES tramite l’accensione di una linea di credito precauzionale rafforzata (ECCL). In base alle regole delle BCE, ciò sarebbe sufficiente per avere accesso agli interventi illimitati della BCE tramite le OMT (operazioni monetarie definite in cui la Bce è il prestatore di ultima istanza). La condizionalità non potrebbe che essere coerente con l’emergenza che stiamo vivendo. Nell’ultima riunione dell’Eurogruppo si è detto che, data l’eccezionalità e la natura esogena dell’epidemia in corso, la condizionalità degli interventi sarebbe molto ridotta: “Le caratteristiche di questo strumento (ECCL) dovrebbero essere coerenti con la natura esterna e simmetrica dello shock COVID-19. Questo vale anche per qualsiasi condizionalità associata. Nel breve termine, l’intervento sarà mirato alla risposta del coronavirus e, nel lungo termine, si prevede che i paesi tornino alla stabilità”
“Date le circostanze, un memorandum of understanding con il MES, a nostro giudizio, dovrebbe principalmente prevedere che le risorse stanziate per far fronte all’emergenza siano spese bene. L’obiettivo dovrebbe essere quello di garantire che gli interventi a sostegno dell’economia siano tempestivi, mirati e siano temporanei, cioè non comportino aggravi permanenti dei conti pubblici. Un piano di rientro dal debito dovrebbe essere attivato solo dopo la fine dell’emergenza e, date le profonde ferite sociali prevedibili a seguito della recessione da pandemia, non potrebbero che prevedere un aggiustamento graduale.

Il MES e le aziende in difficoltà

I fondi eventualmente messi a disposizione dal MES potrebbero essere utilizzati per programmi di sostegno alle aziende colpite da carenza di liquidità e alle famiglie, ma si starebbe valutando anche la creazione di un fondo con cui finanziare le scelte di politica economica dei diversi governi: nel caso dell’Italia la cassa integrazione e le altre forme di ammortizzatori sociali lanciate nelle ultime settimane.

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