È infine da segnalare che la “settorialità” delle aperture favorirà la ripresa lavorativa proprio nelle aree più interessate dalla pandemia: a fronte di 2,8 mln di lavoratori al Nord Italia, al Centro e al Sud saranno rispettivamente 812 mila e 822 mila gli occupati che rientreranno al lavoro. Il Nord, almeno da questo punto di vista, partirà prima: su 100 lavoratori sospesi, ne rientreranno al lavoro il 4 maggio 68 al Nord, 57,6 al Centro e “solo” la metà (51,3) al Sud. Per effetto dei provvedimenti, il Mezzogiorno d’Italia, rimasto più al riparo dalla diffusione dell’epidemia, sarà quello che ripristinerà i livelli occupazionali precrisi per ultimo.
Tra le regioni che tornano prima al lavoro vi sono Emilia-Romagna, Piemonte, Veneto, Marche e Lombardia, dove il tasso di rientro oscilla intorno al 69%; di contro in Val d’Aosta (49,3%), Lazio (46,7%), Sicilia (43,4%), Calabria (42,5%) e Sardegna (39,2%), la ripresa interesserà meno di un lavoratore su due tra quelli “sospesi”.
Sono invece ancora 2,7 mln (l’11,5% del totale degli occupati) i lavoratori che restano interessati dalle sospensioni delle attività. Sono occupati nei pochi settori ancora bloccati – i servizi, in particolare ristorazione (71,1%) e commercio (28,9%) – e per le specifiche caratteristiche di svolgimento della loro attività, la presenza nella sede di lavoro è fondamentale: solo il 16,8% degli interessati ancora confinato a casa, potrebbe lavorare in smart working