Articolo di Kurt Badenhausen apparso su Forbes.com
“The Last Dance”, la docu-serie di ESPN (disponibile online su Netflix) che racconta l’ultima stagione di Michael Jordan con i Chicago Bulls, sta affascinando il pubblico americano in un momento in cui gli sport sono bloccati dal coronavirus. I primo quattro episodi della serie (composta da 10 episodi) si sono concentrati sui compagni di squadra di Michael Jordan con cui giocava nei Chicago Bull alla fine degli anni ’90: da Scottie Pippen, fino ad arrivare a Dennis Rodman e all’allenatore Phil Jackson.
Negli ultimi episodi resi disponibili da poche ore da Netflix, invece, “The Last Dance” racconta Michael Jordan da un altro punto di vista: quello di fenomeno globale che porta agli slogan pubblicitari come: “It’s Gotta Be The Shoes” e “Be Like Mike”.
Il rapporto tra la Nike e Michael Jordan
Nike è sempre stato il principale sostenitore di Michael Jordan, sia dal punto di vista finanziario che commerciale. Da quando il campione di basket ha firmato il suo primo accordo nel 1984, il colosso dell’abbigliamento sportivo gli ha versato, secondo i calcoli di Forbes, la cifra di circa 1,3 miliardi di dollari, rendendolo anche un’icona culturale.
Quello firmato dalla star dell’Nba, non è soltanto il più ricco accordo di sponsorizzazione mai realizzato, ma anche uno dei più grandi affari commerciali. Jordan ha infatti permesso alla Nike di non essere considerato più un marchio di secondo ordine, ma uno dei più grandi e più preziosi al mondo.
Anche se oggi il logo Nike è onnipresente, alla fine degli anni ’80 non era ancora molto considerato. Adidas, infatti, attirava a sé il 50% delle entrate, Reebok era sulla cresta dell’onda (tant’è che nel 1987 era riuscita a superare i ricavi della Nike) e Converse era il marchio preferito dalle star della Nba: Magic Johnson, Larry Bird e Julius Erving. Michael Jordan, per esempio, quando giocava all’Università della Carolina del Nord indossava proprio scarpe da ginnastica della Converse; solo dopo essere ingaggiato dai Chicago Bulls decise di affidarsi all’Adidas.
La storia delle Air Jordan
L’agente di Jordan, David Falk, che ha coniato il brand Air Jordan, aveva altre idee. Grazie ai suoi contatti con la Nike, incoraggiò Jordan ad ascoltare la proposta della società. La Nike, alla fine, gli offrì un accordo di cinque anni che prevedeva un incasso di 500mila dollari l’anno, il triplo rispetto a qualsiasi altro affare che riguardasse delle sneaker Nba.
La prima scarpa firmata Michael Jordan-Nike fu bandita dall’Nba, perché non soddisfaceva gli standard di colore della lega. L’azienda, quindi, pagò la multa e approfittò dell’occasione per dare vita nel 1984 a uno spot molto iconico: “Il 15 ottobre Nike ha creato una scarpa da basket rivoluzionaria”, raccontava una voce mentre Jordan dribblava un pallone da basket. “Il 18 ottobre, l’NBA le ha messe fuori dal gioco. Fortunatamente, l’NBA non può impedirti di indossarle “.
La prima hit delle sneaker Air Jordan viene venduta l’anno successivo e in soli 12 mesi accumula vendite record: 100 milioni di dollari. E più il marchio Jordan diventava grande e più Michael incrementava le sue buste paga. L’anno scorso, per esempio, ha guadagnato dalla Nike 130 milioni di dollari, quattro volte di più rispetto a LeBron James, colui che, tra i giocatori attivi dell’NBA, ha in essere il contratto più remunerativo quando si parla di sneaker.
La Nike, negli anni ’90 e 2000, ha iniziato a mettere sotto contratto numerosi giocatori dell’NBA e grazie anche a stelle, come Kobe Bryant e Lebron James, ha spinto sempre di più il proprio business negli Usa e in Cina. Tra i vari talenti della NBA, Nike ha reclutato Zion Williamson e Luka Doncic per promuovere il marchio Jordan.
La crescita esponenziale di Nike e i guadagni
Il colosso dell’abbigliamento sportivo ora ha un monopolio virtuale nel settore delle sneaker da basket, un tempo molto competitivo. Secondo la società di ricerche di mercato NPD, la quota di Nike nel mercato attinente al basket, incluso il marchio Jordan, era dell’86%. Il logo, detto anche “baffo”, era ancora più dominante nella categoria del basket lifestyle, con una quota del 96%. Inoltre, secondo il sito del database di scarpe Baller Shoes DB, il 77% dei giocatori della NBA ha indossato scarpe Nike o Jordan durante la stagione 2019-20.
Quindi, se da una parte Nike ha avuto un ruolo fondamentale nel rendere miliardario Michael Jordan (con un patrimonio netto attuale di 2,1 miliardi di dollari), dall’altra lui ha permesso all’azienda americana di seminare Adidas e di lasciare tutte le altre società concorrenti nella polvere. Tant’è che negli ultimi 12 mesi, i ricavi di Nike si sono attestati a 40 miliardi di dollari, il 60% in più rispetto a quelli di Adidas e 43 volte in più rispetto a quanto si registrassero prima di Michael Jordan. Reebok, acquistata da Adidas nel 2005, l’anno scorso ha registrato entrate inferiori rispetto al 1990. La capitalizzazione di mercato di Nike, che si attesta a 136 miliardi di dollari, risulta tre volte rispetto a quella di Adidas.
Nello scorso anno fiscale, che si è concluso a maggio 2019, Il marchio Jordan ha registrato ricavi per 3,1 miliardi di dollari – solo l’ 8% dei ricavi dell’azienda – ma probabilmente rappresenta una fetta maggiore del valore di mercato, perché il suo tasso di crescita del 10% è più veloce di quello complessivo dell’azienda. Il marchio vale facilmente a più di 10 miliardi di dollari, senza contare tutti i miliardi di profitti che ha generato in 35 anni e il suo impatto sulle vendite di altri prodotti a marchio Nike.
Il marchio Michael Jordan non mostra segni di rallentamento. “La cosa più interessante è che siamo ancora nelle prime fasi di diversificazione del portafoglio Jordan”, ha dichiarato l’ex CEO Mark Parker quando ha annunciato i risultati fiscali del secondo trimestre di Nike a dicembre.
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