Nel 2017 Yoshiko Shinohara è diventata la prima donna giapponese miliardaria self made, ovvero in grado di creare da sé la propria fortuna senza ereditare un’azienda già esistente. Ipotesi oltretutto complicata nel suo specifico caso, visto che si parla di una donna il cui padre è morto quando lei aveva appena 8 anni e che è stata cresciuta dalla madre rimasta vedova, insieme all’altro figlio, senza più risposarsi e con un impiego come levatrice per cercare di far sopravvivere tutti quanti in casa. Ma non basta. A rendere la storia ancora più unica c’è il fatto che Yoshiko ha conquistato un traguardo storico per le donne giapponesi a 82 anni, come ricorda un articolo di Forbes del 2017, dopo una lunga rincorsa iniziata nel 1973 senza nemmeno ben sapere cosa sarebbe successo.
Yoshiko nasce nel 1934, cresce durante la Seconda Guerra Mondiale e come detto a 8 anni perde il padre, preside in una scuola media. La mamma prosegue nella faticosa opera di crescita ed educazione dei figli, con Yoshiko che si diploma al liceo, ma poi come tante volte accadeva, e accade ancora oggi a tante donne, viene data in sposa giovane a un uomo che lei non aveva scelto come quello con cui trascorrere il resto della propria vita. Tanto è vero che poco tempo dopo le nozze, avvenute quando Yoshiko ha 20 anni, ecco la decisione che spiazza tutti, a partire dai famigliari, come raccontato in un’intervista alla Harvard Business Review: “Poco dopo il mio matrimonio mi sono resa conto che avrei preferito non sposarmi e che quella non era la persona giusta per me. Così ho deciso sarebbe stato meglio divorziare il prima possibile, una decisione per cui mia madre e mio fratello si arrabbiarono molto. Ma avevo deciso: dovevo fare qualcosa per me stessa”.
Come racconta ancora Forbes, la scelta di Yoshiko per se stessa è quella di non rimanere in Giappone, magari costretta a svolgere uno di quei lavori per tutta la vita in qualche modo riservati alle donne secondo il modello culturale dell’epoca, a cui però lei non era interessata. Così parte e trascorre del tempo in Inghilterra, prima di spostarsi successivamente in Australia, lavorando come segretaria. Proprio durante il periodo australiano Yoshiko racconta, sempre alla Harvard Business Review, di incontrare un modo diverso di lavorare, impensabile nel Giappone dell’epoca: “Ho visto le donne lavorare come interinali ed è così che ho imparato le primissime nozioni di questo genere di lavoro”. Rientrata in Giappone e a Tokyo, nel 1973 decide così di avviare la propria agenzia di lavoro interinale dall’appartamento in cui viveva, come riferisce sempre Forbes. Una sorta di start up prima delle start up, vedendo il momento di partenza di questa avventura e il settore interessato. Perché l’attività di Yoshiko va ad inaugurare di fatto un settore che in Giappone non solo non era previsto, ma non era neppure consentito.
Ricorda ancora Yoshiko: “Ho lanciato l’azienda senza prenderla troppo sul serio. Da subito però ho incontrato l’opposizione del Ministero del lavoro giapponese. L’occupazione a vita era la norma in Giappone e il lavoro temporaneo da parte di compagnie private era vietato dalla legge, quindi venivo spesso convocata dal ministero. Non riuscivo a capire perché fosse illegale fornire dipendenti temporanei ad aziende che ne avevano disperatamente bisogno”. Di fatto Yoshiko rischia il carcere perché la sua azienda offre un servizio non legale in quel Giappone. Per sua fortuna però la legge da questo punto di vista cambia, anche grazie alle richieste portata avanti da altre agenzie simili a quella di Yoshiko, e così l’attività può continuare, anche se all’inizio non è facile far quadrare i conti: Yoshiko per arrotondare insegna inglese di notte. I sacrifici pagano, dopo cinque anni quella che oggi è la Temp Holdings si trasferisce in un vero spazio adibito a ufficio.
Se la prima spinta importante per la Temp arriva sotto il profilo normativo, una seconda altrettanto fondamentale arriva per una scelta di business decisa da Yoshiko che inizia a inserire anche degli uomini in un’azienda che fino a quel momento era stata unicamente al femminile, anche per le sue motivazioni originali di nascita: “Nel 1988 mi sono detta: “E se inserissimo anche gli uomini in questo business?” I miei manager, donne, hanno detto: “No, grazie, non ne abbiamo bisogno”. Ma ne avevamo bisogno. Una nostra succursale assunse un uomo part-time, e wow, il volume dei nostri affari aumentò! Questa è stata la svolta. Il trucco era raggiungere il giusto mix di uomini e donne all’interno della Temp Holdings”. Quell’equilibrio che spesso è indispensabile per ottenere risultati, a prescindere dall’ambito in cui ci si trova.
Come ricorda Forbes, gli anni ’90 sono in controtendenza per la Temp rispetto al resto del Giappone. Il Paese infatti precipita in una situazione economica complicata, mentre la Temp decolla perché le aziende cercavano di tagliare i costi assumendo lavoratori a tempo parziale anziché dipendenti. Oggi la Temp Holdings fornisce reclutamento, outsourcing, consulenza e sviluppo di sistemi, anche se il personale a tempo parziale rimane il suo segmento più ampio e importante. La quotazione in borsa è avvenuta nel 2008. Yoshiko nel frattempo è diventata presidente emerito della società ad aprile 2016 e non si è mai risposata. Nel 2014 ha donato circa il 5% delle azioni della società per creare la Yoshiko Shinohara Memorial Foundation, ente che fornisce borse di studio per le studentesse del Giappone che vogliono diventare infermiere, assistenti sociali o lavorare negli asili nido.
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