Nulla si crea o si distrugge, ma tutto si trasforma teorizzava Lavoisier nel ‘700. Difficile pensare che Zhang Yin possa essere venuta in contatto troppo presto con il pensiero e le teorie di uno dei nomi più noti e celebri della storia della scienza. Si potrebbe però in qualche modo dire che Zhang abbia saltato la teoria per passare direttamente alla pratica con risultati che sono lì da guardare, sotto gli occhi di tutti. Diventare miliardari con un business costruito sulla carta buttata da altri e sul suo riciclo, realizzando prodotti che vengono acquistati da quegli stessi nomi che inconsapevolmente sono l’inizio e la fine degli affari di Zhang Yin. Una donna nata in una sperduta provincia della Cina al confine con la Russia e il cui patrimonio secondo Forbes ammonta oggi a circa 1,5 miliardi di dollari.
Zhang nasce nel 1957 ed è la prima di otto figli di una coppia della provincia di Heilongjiang, vicino al confine russo. Il padre è un militare, ma la numerosa famiglia non vive nell’agio, tanto che, ricorda Zhang in una delle rare interviste concesse, “la carne a casa si mangiava solo durante le vacanze”. Il New York Times ricostruisce quelli che sono alcuni dei passaggi essenziali della vita della donna, come per esempio quando nel 1973 durante la Rivoluzione Culturale di Mao il padre venne incarcerato perché considerato un controrivoluzionario pericoloso per le istanze di cambiamento che con decisione si cercava di inserire all’interno della Cina. I tre anni di reclusione del genitore costringono la primogenita a offrire un contributo concreto alle finanze famigliari, come ricorda la stessa Zhang al New Yorker: “Avevo sette fratelli e sorelle e mio padre era in prigione, quindi sono andata a lavorare quando ero giovane, perché i miei fratelli e sorelle erano più piccoli di me. Il lavoro mi ha insegnato a non arrendermi, anche se le cose stanno diventando magari molto difficili. Una lezione di vita che non avrei mai imparato se fossi andata all’università”.
Dopo tre anni il padre viene scarcerato e tutta la famiglia decide di spostarsi a sud, in una città della provincia costiera del Guangdong. Qui Zhang trova lavoro come contabile in una fabbrica di tessuti e nel frattempo studia contabilità in una scuola commerciale, prima di spostarsi in una società più grande che oltre a garantirle un migliore stipendio le apre la possibilità di nuove conoscenze, tra cui quelli con alcune persone che hanno contatti lavorativi ad Honk Kong. Zhang decide così di spostarsi nell’ex colonia britannica e come spiega il New York Times con 3800 dollari risparmiati avvia insieme a due soci una società commerciale che si occupa di lavorare la carta riciclata per rispondere alle richieste sempre più elevate del mercato cinese. Ricorda Zhang di quel momento: “Un uomo del settore mi disse che la carta riciclata è come una foresta: la carta si ricicla da sola, generazione dopo generazione”. Uno dei due soci ricorda anche come si comportasse Zhang in quel periodo con i suoi lavoratori: “Quando i suoi dipendenti chiedevano un aumento di stipendio lo concedeva se la cifra era ragionevole, ma quando commettevano errori li criticava severamente. Ha messo subito in chiaro come si poteva essere premiati oppure puniti”.
Gli affari si sviluppano e procedono bene, ma la donna si rende conto che per le sue ambizioni il mercato di Honk Kong e della Cina non è per lei sufficiente in quel momento. Così nel 1990 si sposta negli Stati Uniti, a Los Angeles. Anche in America il business esplorato da Zhang è sempre quello: un’azienda per raccogliere la carta da riciclare e spedire in Cina, la cui domanda nel frattempo stava sempre più aumentando. Insieme al marito, conosciuto a Honk Kong e quindi in grado di comunicare e parlare bene in inglese, Zhang affitta un appartamento che funge anche da ufficio a Monterey Park, zona ad alta densità di immigrati cinese e da lì conduce le attività della sua America Chung Nam. Gli affari vanno bene e il business funziona, con la Cina che sempre di più si mostra affamata e bisognosa di quella carta in apparenza straccia e di scarto che invece Zhang ha capito bene come riutilizzare in maniera efficace.
Così nel 1995 la donna decide di rientrare in patria, senza chiudere le proprie attività negli Stati Uniti, per avere la possibilità di essere presente sia nel luogo da cui più si esporta, l’America, sia per avere una presenza reale nel territorio che più richiede determinati servizi, la Cina. Fonda la Nine Dragons Paper che non solo si occupa di carta riciclata, ma che utilizza quegli stessi scarti per produrre scatoloni e in generale imballaggi. Paradosso vuole che tra i clienti di Zhang si contino anche nomi importanti e aziende di grandi dimensioni che spesso, in quel periodo, erano tra i più grandi spreconi di carta e cartone: prima se ne disfano, per poi riacquistare quel materiale che serve per i loro prodotti da chi lo recupera e lo rende riutilizzabile, ovvero Zhang e la sua Nine Dragons Paper. Oggi le sue aziende raccolgono grandi quantità di carta straccia dagli Stati Uniti e dall’Europa, la spediscono in Cina e la riciclano in cartone ondulato che viene utilizzato per scatole che sono imballate con giocattoli, elettronica e mobili con il marchio “Made in China” e spesso spedite indietro attraverso l’oceano soprattutto verso il mercato e i consumatori americani.
Nine Dragons Paper è uno dei maggiori produttori asiatici di imballaggi e carta e a febbraio 2020 l’azienda ha dichiarato che al 31 dicembre 2019 i volumi di vendita erano pari a 8,5 milioni di tonnellate con un aumento di oltre il 13% in un anno. “La regina dei rifiuti”, come è conosciuta Zhang in Cina, è riuscita a trasformare quello che molti avrebbero scartato in una formidabile attività economica che le ha permesso di costruire un impero. Anche senza essere andata all’università si può dire che l’esame sul postulato di Lavoisier sia stato brillantemente superato.
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