Strategia

Cari brand, per sopravvivere nel mondo post-Covid, fate come i bambini

Brand strategy:  come sopravvivere nel mondo post-Covid

I film ambientati nel futuro molto spesso presentano il mondo che ci attende come un’oscura distopia dominata da un ristretto numero di mega-aziende, con la sede in palazzi di vetro che arrivano fino al cielo e che controllano gran parte della vita dei consumatori del pianeta. E il modo in cui queste mega-aziende vengono raccontate in questi film, le fa apparire come degli stati-nazione che operano impunemente, avendo come unico obiettivo il controllo totale della vita delle persone.

Gli appassionati meno giovani dei film di fantascienza ricorderanno certamente la Omni Consumer Products di Robocop, la Weyland-Yutani di Alien o la Tyrell Corporation di Blade Runner. Sono solo alcuni esempi di questi stati-nazione aziendali immaginati da scrittori e registi già a partire dai primi anni ’80.

Nel mondo post-Covid, società di questo genere non risiederanno più esclusivamente nei film o nei romanzi. Potranno diventare realtà.

Quando finalmente usciremo dalla pandemia, i mercati consumer saranno infatti un posto molto diverso da quello pre-Covid. L’impatto del Covid-19 può infatti essere considerato equivalente a quello di una meteora: un evento che cambierà la composizione chimica dell’atmosfera dei mercati consumer. Il risultato sarà la morte di molte specie di aziende, un adattamento frenetico di alcune altre, l’evoluzione e la crescita rapida di poche altre. Emergerà una nuova classe di predatori, una specie di aziende completamente nuova e geneticamente mutata che dovrà affrontare solo poche minacce. Sono quelli che in natura sono chiamati predatori apicali. Alcuni di questi predatori hanno già un nome: Amazon, Alibaba, Walmart e JD.com.

L’inizio dell’era delle aziende predatori apicali

I ricavi complessivi delle quattro aziende che ho citato sopra, nell’ultimo anno fiscale hanno raggiunto quasi 1 trilione di dollari. Il numero dei loro clienti attivi è di diversi miliardi. Non conoscono confini geografici o di categoria di prodotto. Alla data in cui sto scrivendo questo articolo, la loro capitalizzazione di mercato è di circa 2,5 trilioni di dollari. Questo significa che anche una piccola fluttuazione del prezzo delle loro azioni in un singolo giorno può eguagliare o superare l’intero valore di mercato di una società come Ford Motor Company.

Sebbene il Covid-19 sia stato o sarà fatale per molte aziende, sarà invece come una flebo di steroidi per questi predatori apicali. Essi usciranno infatti da questa crisi più grandi e più forti, e forse – purtroppo – anche con il potere di condizionare gli stati.

La dimensione – per i predatori – rappresenta però un’arma a doppio taglio. Se da una parte infatti, le dimensioni rendono il predatore certamente più forte e in grado di ‘digerire’ facilmente prede più piccole, d’altra parte, il metabolismo fuori misura richiede prede sempre più grandi e ricche di nutrienti.

Questo non vuol dire che di fronte a loro non ci siano nuove fonti di ricavi proteici o profitti vitamici. Se da una parte lo sviluppo della base clienti in abbonamento garantisce fatturato proteico stabile nel tempo, l’ingresso recentissimo in nuovi mercati come quello del lusso – da parte sia di Amazon che Alibaba – potrà generare ulteriore prospettiva di ricavi proteici. La penetrazione in nuovi mercati in forte crescita come India, America Latina e Africa subsahariana fornirà poi certamente nuovi e ricchi terreni per cacciare prede dalla carne magra, ricca di proteine, e raccogliere frutti pieni di profitti vitaminici.

Tuttavia, nemmeno queste nuove categorie e aree geografiche offriranno però un valore nutritivo sufficiente per sostenere i tassi di crescita che gli investitori si aspettano da questi colossi quando il Covid-19 diventerà un ricordo – cioè tra qualche anno. Per alimentare la loro continua crescita, questi predatori dovranno infatti trovare fonti di cibo completamente nuove con un contenuto proteico e vitaminico più elevato, molto più alto di quello che si può ottenere vendendo più scarpe, o più oggetti di elettronica o articoli per la casa o nuovi prodotti di lusso.

Le fonti di cibo di cui questi predatori hanno bisogno si trovano da altre parti. Per essere più precisi si trovano nei settori assicurativo, bancario, dell’istruzione, della sanità e probabilmente anche nei trasporti. Il Covid-19 ha messo in evidenza la vulnerabilità delle aziende che vi operano, e così le ghiandole salivari dei predatori apicali hanno iniziato a funzionare a pieno regime.

Assicurazioni, Banche, Istruzione, Sanità… e poi?

Ant Financial – il braccio di Alibaba attivo nei servizi finanziari digitali – dopo avere scaldato i motori per la più grande Ipo della storia, ha dovuto spegnerli su ordine dei regolatori cinesi. Le stime degli analisti portavano ad una valutazione complessiva che al giorno zero avrebbe dovuto essere prossima ai 300 miliardi di dollari, valutazione di pochissimo inferiore a quella di JPMorgan, la più grande banca del mondo. Vedremo se Jack Ma, il fondatore di Alibaba, lascerà perdere. Personalmente non lo penso, troppo grande è l’appetito alimentato da un mercato dalle dimensioni “stellari”.

Alibaba non è certo l’unico predatore apicale che si avventura nel settore dei servizi finanziari. Se non ho contato male, Amazon ha già costruito, acquistato o preso in prestito, almeno 16 diversi prodotti e piattaforme fintech, unendole insieme per alimentare la crescita del proprio ecosistema. È stata già attiva anche nel fornire prestiti ai merchants e gestire i termini di pagamento dei clienti. E quasi ogni giorno si legge che potrebbe presto decidere di offrire una sorta di conto corrente ai clienti iscritti ad Amazon Prime – che badate bene costituiscono già circa la metà della popolazione adulta americana.

Poi c’è il settore assicurativo. Attraverso Amazon Protect, l’azienda già offre protezione assicurativa su svariate categorie di beni di consumo. Il recente lancio della fascia da polso – Halo Band – che assieme alla corrispondente applicazione per smartphone consentirà di monitorare e dare consigli sullo stile di vita di un consumatore – fa presagire che Amazon potrebbe presto iniziare ad offrire prodotti assicurativi per la salute con premio variabile in funzione dello stile di vita.

Ed è anche molto facile pensare che mentre Amazon espande ulteriormente le sue propaggini nella vendita di case prefabbricate, prodotti di lusso e automobili, inizierà ad abbinare delle polizze assicurative a quegli stessi prodotti.

Cari assicuratori, state iniziando a tremare? Avete ragione, anche io inizierei a tremare se fossi al vostro posto.

E veniamo ora ai settori dell’assistenza sanitaria e dell’istruzione, settori in cui non opero professionalmente, ma per i quali dirò comunque qualcosa, vista l’importanza che essi rivestono nella vita dei consumatori.

Le ghiandole salivari di Amazon hanno iniziato a funzionare a pieno regime quando l’odore di “richiesta di migliore assistenza sanitaria” ha iniziato ad entrare nelle sue narici. Oltre all’accordo che ha siglato con JPMorgan e Berkshire Hathaway per fornire un programma sanitario a tutti i dipendenti – che sono circa 1,2 milioni – va menzionata l’acquisizione da quasi un miliardo di dollari di PillPack, che ha concesso ad Amazon la licenza per la vendita di farmaci in tutti i 50 stati degli Stati Uniti. E mentre sto terminando la stesura di questo articolo, leggo la notizia che Amazon inizierà a vendere farmaci da prescrizione sul suo sito web e attraverso la sua app ai clienti americani, offrendo la consegna gratuita in due giorni ai clienti Prime. Gli investimenti che Amazon sta facendo nel settore della salute fanno poi pensare che in un futuro non molto lontano inizierà ad offrire anche ambienti fisici per la salute dei consumatori – cioè ambulatori e cliniche – magari solo per i clienti Prime nelle aree ad alto reddito.

E anche Walmart ha iniziato da qualche tempo a sentire l’odore di “richiesta di migliore assistenza sanitaria”. A metà dello scorso giugno ha annunciato l’acquisizione della tecnologia e della proprietà intellettuale da CareZone, una startup con sede a San Francisco che ha sviluppato un’app che consente agli utenti di creare elenchi di farmaci, fornire promemoria per non dimenticarne gli acquisti periodici e per facilitarne la consegna. Gli obiettivi sono però decisamente più grandi. Ecco infatti le parole del co-fondatore di CareZone, Walter Smith, “Adding our technology platform to Walmart’s existing digital capabilities and physical reach creates a unique opportunity to redefine what the future of digital health and wellness can look like…”. Mica male come obiettivo ambizioso, certamente degno di un vero predatore apicale.

E il predatore asiatico di nome Alibaba si sta muovendo anch’esso nel settore assicurativo-sanitario?

La risposta è ovviamente affermativa, e lo sta facendo attraverso Ant Financial. Nell’Ottobre del 2018 ha introdotto nel mercato cinese un prodotto di protezione sanitaria di tipo mutualistico che nel giro di pochi mesi ha attratto oltre 60 milioni di clienti. L’obiettivo dichiarato è quello di arrivare a 300 milioni, entro 2 anni. Non è ben noto se la pandemia abbia rallentato il raggiungimento di questo obiettivo, tuttavia, nel caso, lo avrà semplicemente posticipato di poco.

E per finire, due parole sul settore dell’istruzione. Per capire quello che potrà succedere penso sia utile guardare alla Cina, che è certamente la nazione pioniere nella digital education. Tencent – la holding cinese proprietaria di WeChat e principale azionista di JD.com – si sta attivando per prendere parte a quella che viene chiamata Smart Education, una piattaforma educativa completa, che copre sia la scuola primaria che la secondaria, i licei e gli istituti professionali. Con oltre 1 miliardo di utenti attivi, la penetrazione di programmi come Smart Education potrebbe risultare sbalorditiva, certamente anche ad di fuori della Cina. Se pensate infatti che la scuola cinese sia lontana, allora sbagliate, e sbagliate di grosso. Molte scuole cinesi stanno diventando un benchmark di riferimento nel settore dell’istruzione al quale si ispirano anche molti paesi del Nord Europa, che nelle graduatorie PISA sono ben più avanti dell’Italia (purtroppo).

Cosa porterà tutto questo?

 La pandemia ha reso i predatori apicali un’ancora di salvezza per molti consumatori, rendendoli molto spesso indispensabili. Esattamente come dimentichiamo quanto dipendiamo dall’elettricità fino a quando non si verifica un black-out, queste aziende diventeranno come delle utility che “alimentano la vita” dei consumatori. È piuttosto facile immaginare un futuro non lontano in cui pagando due o tre canoni mensili sarà possibile ricevere il cibo per il proprio frigorifero, le scarpe da indossare, i farmaci, l’assicurazione per la casa e la salute – compreso l’accesso a cliniche specializzate – nonché l’utilizzo di una piattaforma per lo studio delle materie scolastiche. Il tutto fornito da un numero di aziende che si potrà contare con le dita di una sola mano. Essendo penetrate in così tanti aspetti della vita dei consumatori, i predatori formeranno un recinto di filo spinato attorno ai loro clienti che diventerà quasi impenetrabile. Il risultato sarà un dominio quasi totale della fascia media di ogni mercato e categoria.

E che ne sarà di tutte le “altre aziende” che vendono prodotti o servizi ai consumatori? Cosa dovranno fare per sopravvivere?

In un mondo dominato dai predatori apicali, le “altre aziende” potranno continuare a vivere se ripenseranno in maniera radicale il modo attraverso il quale generano valore per i consumatori. In particolare, dovranno adottare comportamenti strategici che seguono paradigmi radicalmente diversi rispetto a quelli di successo degli ultimi decenni, quelli che si apprendono nelle università e nelle business school di tutto il mondo, secondo i quali le aziende di successo sono quelle che creano valore in un certo spazio di mercato differenziandosi rispetto ai concorrenti.

Nei mercati del (prossimo) futuro le “altre aziende” potranno invece sopravvivere – e anche prosperare – se sapranno muoversi nel modo giusto, per sfuggire all’olfatto potentissimo dei predatori apicali, seguire quello che ho già chiamato nel mio ultimo articolo, un corretto “movimento competitivo”. In altri termini, le strategie per resistere all’attacco dei predatori dovranno essere caratterizzate da pochissimo “posizionamento competitivo” – che significherebbe stare fermi in una posizione e diventare quindi una possibile preda – e tanto, tantissimo “movimento competitivo”, da una posizione alla successiva. Per fare questo, le aziende consumer dovranno sempre considerare il loro mercato come se fosse un “nuovo mercato”. E in un nuovo mercato non è ben chiaro chi sia il cliente, cosa egli apprezza, e non è nemmeno noto quale sia il prezzo giusto per il nuovo prodotto che si sta sviluppando. Si possono fare solo delle ipotesi, senza sapere se sono corrette.

E allora – voi chiederete – come ci si deve muovere in un “nuovo mercato” per evitare di diventare preda?

Recenti ricerche svolte da una coppia di docenti – uno di Harvard e l’altro di Stanford – hanno evidenziato che il giusto comportamento strategico da seguire nei “nuovi mercati” si deve ispirare al comportamento dei bambini in età prescolare. Come gli psicologi dell’infanzia sanno da tempo, i bambini di 3-4 anni giocano l’uno vicino all’altro ma non insieme, tengono d’occhio quello che stanno facendo i loro coetanei, a volte li copiano, ma poi tornano al “loro progetto”. I più precoci si fermano periodicamente a pensare, valutano ciò che hanno fatto, e poi riprendono su una strada leggermente diversa. Sebbene siano consapevoli di ciò che fanno gli altri bambini vicino a loro, si concentrano principalmente sulla propria attività e sul cercare di capire cosa “funziona” per raggiungere l’obiettivo che hanno in mente.

Per dirla breve, le aziende che vorranno avere successo nel mondo post-Covid, dovranno imparare a conoscere i loro mercati e i consumatori nello stesso modo in cui i bambini imparano a conoscere il mondo.

Ecco allora i 3 principi da seguire per sopravvivere alla caccia dei predatori post-Covid.

  • Dimenticate di voler essere diversi dai concorrenti

I bambini piccoli imparano individualmente, ma poiché si osservano l’un l’altro, ognuno di loro apprende dagli altri. Quindi, invece di puntare alla differenziazione, osservate gli altri e copiate le loro idee.

Nel 1999 i fondatori di Google – Larry Page e Sergey Brin – sapevano di aver creato un motore di ricerca superiore a qualsiasi altra cosa simile di quell’epoca. Quello che non sapevano era come riuscire a generare fatturato attraverso i loro algoritmi di ricerca. L’idea di far pagare le visualizzazioni non sembrava funzionare. I due fondatori si guardarono attorno e decisero così di copiare un’idea di GoTo.com – un motore di ricerca che stava generando fatturato in misura considerevole per quel tempo, consentendo agli inserzionisti di pagare solo quando gli utenti facevano clic sui loro annunci. Con AdWords – il nuovo prodotto che fu introdotto nel 2000 – Google iniziò ad addebitare solo i clic, non le visualizzazioni, esattamente come GoTo.com. Il resto della storia lo conoscete, GoTo.com è scomparso mentre Google…

  • Sperimentate senza sosta, ma poi impegnatevi solo su qualcosa 

Quando i bambini giocano, esplorano una varietà di ‘progetti’, poi però si impegnano a fondo solo in quello che li coinvolge maggiormente. Tradotto in ‘aziendalese’ significa che in un nuovo mercato le imprese non devono limitarsi a testare, devono usare i risultati dei loro test per decidere su quale prodotto puntare tutte (o quasi) le loro risorse.

La storia di un’app di nome Burdn aiuta a capire cosa intendo. Burdn era un’app location-based che permetteva agli utenti di fare diverse cose, tra le quali il check-in, guadagnare punti per i momenti di socialità, pubblicare le foto delle uscite con gli amici. Al modesto successo sul mercato che ne seguì – probabilmente a causa del numero eccessivo di funzionalità – il fondatore Kevin Systrom fece seguire una serie di test per scoprire cosa catturava maggiormente gli utenti. Scoprì che ciò che li catturava maggiormente era la possibilità di condividere le loro foto. Tutto il resto fu eliminato. Era nata un’app che si chiamava Instagram.

  • Fate qualche pausa, guardatevi attorno e aspettate

Come ho scritto sopra, durante il gioco, i bambini in età prescolare spesso si fermano a riflettere sui loro ‘progetti’, si guardano attorno, rimangono in silenzio per un poco di tempo – spesso con la bocca aperta, come se fossero caduti in trance – e poi continuano a giocare seguendo una strada leggermente diversa.

Questa potrebbe essere la sfida più eclatante alle teorie del successo competitivo tradizionali, che presuppongono (sempre) che il successo si ottenga solo se ci si muove a velocità “supersonica”.

E qui è la storia di Rent the Runway – azienda che opera nel nuovissimo mercato del noleggio di capi di abbigliamento high-end – che può aiutare a capire. I fondatori – Jennifer Hyman e Jenny Fleiss – partirono nel 2009 con l’idea di creare un armadio nel cloud, da cui le donne potevano noleggiare abiti firmati per occasioni importanti. Testarono la loro idea invitando 140 donne a due eventi di prova. Usarono i test per profilare le potenziali clienti e raccogliere altre informazioni sul loro potenziale comportamento di acquisto, come ad esempio se avessero scelto i capi da sole o assieme ad un’amica – come spesso le donne fanno nei negozi.

Sebbene il modello di offerta di Rent the Runway divenne rapidamente popolare, i fondatori decisero che era necessario allargare il portafoglio dei prodotti. Decisero così di lanciare il noleggio di borse e accessori, che però non ebbe un grande successo. Iniziarono allora un periodo di attesa in cui l’azienda osservò attentamente il comportamento delle clienti, e attraverso questa osservazione si rese conto che trascorrevano cinque giorni alla settimana in un ufficio. Non volevano solo vestiti per occasioni speciali, volevano anche abiti eleganti da indossare durante la settimana, in ufficio. Rent the Runway iniziò così un nuovo percorso di crescita accelerata. L’azienda – sebbene non quotata – si stima che abbia raggiunto il valore di 1 miliardo di dollari e Jennifer Hyman – ceo e cofondatrice – nel 2019 è stata riconosciuta da Time come una delle 100 persone più influenti di quell’anno.

Mi rivolgo allora a tutti gli imprenditori e ai chief officer delle aziende operanti in quei settori che potranno diventare terreno di caccia dei predatori apicali del mondo post-Covid. Per sopravvivere – e magari anche prosperare – osservate i bambini piccoli ed imitateli. Copiate dagli altri, sperimentate continuamente le vostre nuove idee, ma poi rallentate e guardate cosa succede, magari con la bocca aperta!

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