Articolo tratto dal numero di settembre 2021 di Forbes Italia. Abbonati!
Una delle cose che la torinese Adriana Bianco fa più frequentemente è scrivere. Il suo lavoro consiste infatti nel mobilizzare le risorse necessarie per fare in modo che i progetti sull’alimentazione materna e infantile ideati dai colleghi negli uffici del World Food Programme a Maputo, la capitale del Mozambico, possano trovare forma concreta. Per questo, più volte si è trovata sul campo, in missione, per capire e raccogliere informazioni e da queste ricavare proposte scritte di finanziamento alle grandi banche, spesso in coordinamento anche con altre agenzie Onu.
Nel World Food Programme Adriana è arrivata quattro anni fa, prima a Roma, nel quartier generale, dove ha lavorato come stagista sulla cooperazione Sud-Sud che alimenta collaborazioni tra Paesi in via di sviluppo, poi per due anni nel settore dell’alimentazione materna e infantile che segue tuttora in Mozambico.
Classe 1993 e studi in Inghilterra in Scienze politiche con economia e filosofia, al secondo anno di triennale ha vinto una borsa di studio per andare all’Università di Hong Kong, dove ha potuto seguire corsi specifici sulla storia contemporanea cinese e la democrazia a Hong Kong. Poi il master a Oxford, Diplomazia internazionale e global governance. “Mai avuto una sindrome dell’impostore tanto forte: tra i miei 30 compagni c’era chi arrivava dal Mit, da Stanford e dalla Nasa. Facevano domande brillanti. Ho imparato tanto, soprattutto che le persone intelligenti si aiutano e lavorano insieme”. Nel mondo della cooperazione è entrata come stagista alla Commissione europea a Bruxelles, nel direttorato generale per la Cooperazione e sviluppo. Il programma si chiama Bluebook Traineeship, e la Commissione lo apre due volte all’anno per permettere a neolaureati e persone con più esperienza di lavorare a fianco dei funzionari.
Di esperienze forti, quelle che segnano per tutta la vita insomma, Adriana ne ha fatte parecchie. Di recente, ad esempio, ha avuto l’opportunità di viaggiare nel nord del Mozambico, nella provincia di Cabo Delgado. “Per decenni è stata, e lo è tuttora, una delle zone più povere e sottosviluppate del Paese, che ha attirato investimenti internazionali dopo la scoperta di giacimenti di gas naturale e pietre preziose nel 2010”, racconta. Dal 2017, spiega Adriana, questa zona è teatro di un’insurrezione armata di gruppi che dichiarano di essere affiliati allo Stato Islamico. Nell’ultimo anno, gli attacchi si sono intensificati e l’esodo di civili è diventato esponenziale determinando una vera e propria crisi umanitaria. “Parlare con queste donne che per la maggior parte sono mie coetanee (l’età media del Mozambico è 17 anni), ascoltare le loro storie, capire come è stata stravolta la loro vita già molto precaria è un’esperienza che mi ha segnata molto umanamente e professionalmente”. In questo contesto così difficile, compito di Adriana è quello di concentrare le risorse sugli interventi emergenziali per salvare la vita di queste donne e bambini.
Nel poco tempo libero, l’attivista si dedica ai Global Shapers, network di giovani che vogliono determinare un impatto positivo nella propria città, nato da una iniziativa del World economic forum e oggi presente in oltre 400 località in tutto il mondo, di cui dieci italiane.
Il progetto che coordina Adriana, nei weekend, nei momenti liberi e anche a distanza si chiama Heroes Never Sleep, e mira a creare consapevolezza sull’Agenda 2030 attraverso lo storytelling. “Al centro dell’iniziativa ci sono quelli che noi chiamiamo eroi locali, membri della società civile italiana che apportano un cambiamento positivo nelle loro comunità attraverso attività a impatto locale relativi alle aree tematiche degli Obiettivi di sviluppo sostenibile”. Ognuno di loro viene intervistato per dare visibilità a storie mai raccontate della società civile impegnata, ispirando le giovani generazioni ad abbracciare stili di vita sostenibili. Il progetto, avviato a febbraio 2020, ha finora condiviso più di 50 storie da tutta Italia.
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