Si chiama Proteus, come la divinità del mare capace di trasfigurarsi, ed è il primo robot del tutto autonomo di Amazon. Si muove nei magazzini, sposta pacchi, li dispone in un ordine stabilito dall’intelligenza artificiale. Se la maggior parte dei robot si arresta davanti alle persone, Proteus può lavorare in mezzo alla gente ed è capace di muoversi tra la folla.
Proteus, presentato all’evento re:MARS di Las Vegas, è uno dei quattro nuovi prodotti della ricerca tecnologica di Amazon. Dispositivi che, dichiara la società, renderanno la logistica più efficiente, risparmieranno alle persone lo spostamento di pacchi pesanti e abbasseranno, di conseguenza, il rischio di infortuni sul lavoro. Ma che riaprono anche una questione vecchia come l’invenzione della ruota: quella della cosiddetta ‘disoccupazione tecnologica’, ovvero della perdita di posti di lavoro dovuta al progresso tecnologico.
I nuovi robot di Amazon
Un’altra novità introdotta da Amazon è Cardinal, una work cell (‘cella di lavoro’) robotica che sfrutta l’intelligenza artificiale e la visione artificiale per selezionare pacchi in una pila, sollevarli e collocarli su muletti e carrelli. Può muovere pesi fino a 50 libbre (22,7 chili).
Amazon Robotics Identification è invece un sistema che usa intelligenza artificiale e telecamere da 120 fotogrammi al secondo per compiere scansioni di pacchi mentre i dipendenti li maneggiano. Le persone, quindi, non dovranno più usare scanner manuali per leggere i codici a barre e avranno entrambe le mani libere per spostare la merce.
Containerized Storage System determina in quale cassa si trova il prodotto desiderato, dov’è la cassa, come prelevarla per passarla all’addetto e come rimetterla al suo posto quando il prodotto è stato recuperato.
Da Kiva a Proteus
Amazon investe sulla robotica dal 2012, quando acquistò l’azienda specializzata Kiva. Da allora ha utilizzato circa mezzo milione di robot di una dozzina di modelli. L’azienda di Jeff Bezos, scrive Forbes.com, ha destinato alla ricerca nel settore centinaia di milioni di dollari, anche se ha rifiutato di fornire cifre più precise.
Quest’anno, si legge nello stesso articolo, Amazon ha istituito un fondo da un miliardo di dollari per l’innovazione industriale. I fondi sono andati, finora, a startup come Modjoul, specializzata in tecnologie indossabili per la sicurezza, e BionicHive, azienda israeliana che ha sviluppato un robot capace di muoversi in tre dimensioni tra gli scaffali.
La disoccupazione tecnologica
Un professore di informatica dell’università di Berkeley, Stuart J. Russell, è convinto che “nel lungo periodo, quasi tutti i lavori attuali spariranno” per effetto del progresso tecnologico. E proprio per scongiurare la disoccupazione tecnologica imprenditori come Larry Page, cofondatore di Google, hanno aperto alla riduzione di ore e giorni di lavoro.
Lo scorso anno Mariasole Bannò, Emilia Filippi e Sandro Trento, tre ricercatori dell’università di Trento, hanno calcolato che l’automazione mette a rischio tra quattro e sette milioni di posti di lavoro in Italia. La logistica è uno dei settori con la più alta probabilità di automazione, assieme a trasporti, lavori d’ufficio e amministrativi, produzione, servizi e vendite.
Rischierebbe meno chi lavora nel management, nella finanza, in campo legale, nella scuola, nell’assistenza sanitaria e nell’arte. “Queste professioni”, dicono gli studiosi, “richiedono un livello di istruzione elevato. Sono caratterizzate da una quota rilevante di compiti strettamente umani, tra cui creatività, adattamento, gestione delle relazioni interpersonali, formazione, influenza, collaborazione con altre persone”.
Il problema sarebbe soprattutto maschile. Gli uomini “affrontano un rischio di sostituzione maggiore rispetto alle donne”, si legge. Una conseguenza della “diversa distribuzione dei lavori”. In particolare, “in Italia l’occupazione femminile è maggiore in settori nei quali è meno elevato l’impiego di robot e altri macchinari di automazione”. Per esempio, “scuola dell’infanzia, cura della persona, sanità, comparti dell’industria come l’agroalimentare”.
“Non rimpiazzeremo le persone con i robot”
Come ricorda la stessa Amazon nella presentazione dei nuovi robot, l’acquisizione di Kiva scatenò “speculazioni” sulla possibilità che i dispositivi rimpiazzassero gli esseri umani. Se ne parlò soprattutto nel 2019, quando l’azienda di Jeff Bezos introdusse macchine capaci di inscatolare prodotti e sostituire migliaia di dipendenti. In quei giorni, la società offrì fino a diecimila dollari ai dipendenti disposti a lasciare il lavoro e creare startup di consegna dei pacchi.
“Mentre raccoglie miliardi di sgravi fiscali da città alla disperata ricerca di nuovi posti di lavoro, Amazon taglia migliaia di dipendenti senza pietà”, denunciò la United Food and Commercial Workers International Union, sindacato che rappresenta 1,3 milioni di lavoratori statunitensi e canadesi di vari settori. L’azienda, accusava l’organizzazione, offriva soldi per dimettersi “invece di usarli per rendere il lavoro in Amazon un buon lavoro. È chiaro che Jeff Bezos è più interessato ai profitti che a investire nei dipendenti che hanno lavorato duro per portare Amazon al successo”.
L’azienda afferma che le accuse dell’ultimo decennio sono infondate. L’uso di 520mila unità robotiche non ha impedito di “aggiungere più di un milione di posti di lavoro nel mondo”. Tye Brady, responsabile della tecnologia di Amazon Robotics, ha assicurato a Forbes.com che macchine e persone lavoreranno insieme. “Rimpiazzare le persone con le macchine sarebbe un errore”, ha dichiarato. “Se adottassimo la filosofia della sostituzione, probabilmente falliremmo”.
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