
Contenuto tratto dal numero di dicembre 2025 di Forbes Italia. Abbonati!
Tre ragazzi italiani hanno scommesso sull’intelligenza artificiale molto prima che diventasse di moda. Nel 2010 Luca Ferrari, Francesco Patarnello e Matteo Danieli, ingegneri emigrati a Copenaghen per completare gli studi, crearono Evertale: un diario che si scriveva da solo grazie all’intelligenza artificiale, sulla base dei dati contenuti nel telefono. “Non decollò mai davvero”, ricorda Ferrari. “Chiudemmo nel 2013”. Di quella prima startup rimasero l’esperienza e 40mila euro residui di un finanziamento da 1 milione. Ferrari, Patarnello e Danieli li usarono per lanciare subito un’altra azienda. La chiamarono Bending Spoons, ‘piegare cucchiai’: un richiamo alla scena di Matrix in cui un bambino in abito da monaco piega un cucchiaio con il pensiero, immagine della forza della mente e della disciplina. A loro si unirono Luca Querella, un informatico, e Tomasz Greber, un designer, che ha poi lasciato l’azienda.
Bending Spoons si è trasferita da Copenaghen a Milano nel 2014 ed è forse l’azienda italiana che più ha fatto per parlare di sé negli ultimi mesi. A fine ottobre ha comunicato di avere raccolto 710 milioni di dollari da investitori internazionali, a una valutazione di 11 miliardi. Il giorno prima aveva comunicato un pacchetto di finanziamento del debito da 2,8 miliardi. E in poche settimane ha annunciato due acquisizioni miliardarie negli Stati Uniti (non ancora finalizzate): prima quella della piattaforma di condivisione video Vimeo, per 1,38 miliardi di dollari; poi quella di Aol, portale web e fornitore di servizi e-mail, per una cifra non divulgata, ma che l’agenzia Reuters stimava in 1,4 miliardi. “Investiremo in Aol e Vimeo con una prospettiva di lungo periodo”, dice Ferrari, che è l’amministratore delegato. “Entrambe le aziende hanno decine di milioni di utenti attivi e prodotti solidi che riteniamo possano essere migliorati in modo significativo. Vediamo anche l’opportunità di aumentare l’efficienza dei costi”. A inizio dicembre Bending Spoons ha comprato anche Eventbrite, la principale piattaforma globale per la gestione di eventi, per 500 milioni di dollari.
È il modello che la società ha adottato sin dall’inizio. Ferrari lo riassumeva così in un’altra intervista rilasciata a Forbes Italia a febbraio: “Acquistiamo un’azienda tecnologica, immaginiamo come dovrebbe essere per avere il massimo successo possibile nel lungo periodo e lavoriamo per rendere questa visione una realtà”. A colpi di acquisizioni sempre più grandi, l’azienda ha messo assieme un portafoglio molto eterogeneo. “Gli strumenti che impieghiamo e i principi che seguiamo, però, sono più o meno gli stessi. Abbiamo costruito un motore che ci aiuta a far andare più veloci automobili anche molto diverse tra loro”.
Bending Spoons gestisce oggi aziende e prodotti che vanno da WeTransfer, servizio online per inviare file di grandi dimensioni, a Remini, applicazione che usa l’intelligenza artificiale generativa per modificare le immagini; da StreamYard, software per live streaming e webinar, a komoot, piattaforma per gli appassionati di attività all’aperto; da Meetup, social per organizzare incontri di gruppi di persone, a Evernote, app per prendere appunti e organizzare il lavoro.
Secondo Ferrari, proprio l’acquisto di Evernote, che per un breve periodo aveva superato il miliardo di valutazione, ha segnato una svolta nella storia di Bending Spoons. “È stata la prima acquisizione di un marchio globale”, spiega, “e la prima di un’intera azienda, non solo di un prodotto. Il che significa che abbiamo ereditato anche membri del team”. Fino ad allora, Bending Spoons era conosciuta quasi solo in Italia, soprattutto per avere sviluppato l’app Immuni in era Covid (“Non ha avuto l’impatto che speravamo, ma provarci è stata la scelta giusta, responsabile, visto il momento di emergenza in cui era il Paese”, ha detto al riguardo Ferrari). L’operazione Evernote le ha permesso di farsi conoscere all’estero e di guadagnare una visibilità che “ha aperto a nuove opportunità di acquisizione. Tutto questo ci ha reso anche un luogo di lavoro ancora più attraente per i talenti”.
Il reclutamento è un tema su cui Ferrari insiste spesso. Bending Spoons calcola che entro la fine dell’anno avrà ricevuto 800mila candidature e avrà fatto più o meno 300 offerte: una ogni 2.700 circa. “Siamo molto più selettivi di tutte le aziende più conosciute”, ha detto Ferrari. L’obiettivo è assegnare ogni posizione “alla persona che, nel medio-lungo periodo, può fare meglio in quel ruolo. Poi non c’è niente di garantito, bisogna guadagnarsi costantemente il posto. Deve essere come giocare nel Real Madrid: chi firma non ha una maglia da titolare assicurata per dieci anni”. Il principio vale anche per l’ad, che una volta all’anno “è valutato dai principali investitori, dai membri del consiglio di amministrazione e dai principali manager. Sottoponiamo loro un questionario con due sole domande: ‘Dovremmo cercare un altro ad?’ e ‘Perché?’. Se il numero di ‘sì’ superasse una certa soglia, il cda si attiverebbe”.
Nonostante l’enfasi sul risultato, ha sottolineato Ferrari, “le partenze indesiderate, cioè di persone che vorremmo trattenere”, sono “meno dell’1% all’anno. Nell’industria tecnologica la norma è l’8-10%, in alcuni casi si arriva al 20%”. Le uscite volute dall’azienda sono tra il 10 e il 15% all’anno. “Il tasso è molto più alto per un neoassunto, perché ci si conosce poco”, ha spiegato l’ad nel podcast A Capo di Will Media. “Se una persona sta con noi i primi due anni, di solito il matrimonio è di lungo termine”.
La cultura non è l’unica peculiarità di Bending Spoons: non è facile trovare termini di paragone per il suo modello di business. Alcuni lo hanno accostato a quello dei fondi di buyout, cioè quei fondi che comprano aziende per cercare di migliorarle e rivenderle a un prezzo più alto. Ferrari definisce il parallelo “comprensibile, ma non preciso. È vero che siamo acquirenti attivi, come un fondo di buyout, ma la somiglianza finisce qui”. Se i fondi di buyout rilevano società per rivenderle, Bending Spoons lo fa per “possederle e gestirle a tempo indeterminato” e non ne ha mai venduta una. “In aggiunta, la grande maggioranza dei nostri collaboratori sono figure come product designer, ingegneri informatici, ingegneri di ricerca in IA. Le nostre risorse sono principalmente dedicate alla costruzione e al perfezionamento di tecnologie ed esperienze utente, cosa che non è vera per un fondo di buyout”.
Altri hanno accostato Bending Spoons a Constellation Software, società canadese che acquista società tecnologiche con una prospettiva di lungo periodo. “Non è un paragone davvero corretto”, dice Ferrari. “Constellation compra un gran numero di piccole aziende software di nicchia, mentre le nostre acquisizioni sono meno numerose, ma più grandi. Loro tendono a lasciare operare le imprese senza trasformarle, mentre noi le cambiamo profondamente e le integriamo nella nostra piattaforma”. Secondo Ferrari, la migliore sintesi del modello Bending Spoons è “25% private equity, 75% società tecnologica. È normale che gli osservatori vogliano incasellarci in una categoria, ma, per quanto ne sappiamo, il nostro approccio è unico. Non siamo la seconda Constellation Software: siamo la prima Bending Spoons”.
Ora la sfida sarà applicare la stessa formula ad aziende come Vimeo e Aol, con migliaia di dipendenti e una lunga storia alle spalle. In particolare Aol, acronimo di America Online, nacque nel 1983 come Control Video Corporation. Cominciò a vendere un servizio per scaricare giochi sull’Atari 2600, una storica console per videogiochi, e negli anni ’90 diventò uno dei primi colossi di internet. Nel 2000 si fuse con la Time Warner e diede vita a una delle più grandi compagnie multimediali al mondo. Poi vennero la scissione, la vendita a Verizon, la fusione con Yahoo, il passaggio ad Apollo Global Management. Ferrari sottolinea però che la gestione di società mature “non è un territorio sconosciuto. Possediamo aziende come Evernote e Brightcove, entrambe fondate nel 2004”.
Bending Spoons prevede di chiudere il 2025 con 1,2 miliardi di dollari di ricavi, in crescita del 70% circa rispetto ai 706 milioni dello scorso anno. “Nel 2026, supponendo che le acquisizioni di Aol e Vimeo vengano finalizzate, ci aspettiamo di raddoppiare approssimativamente quella cifra”.
Se si scorrono i commenti a notizie e video che riguardano Bending Spoons, una delle perplessità più frequenti riguarda proprio il tasso di crescita, che dal 2022 è intorno al 75% annuo. Eccessivo, a detta di alcuni. “La crescita è stata indubbiamente rapida”, dice l’ad. “Ma siamo abituati a operare a questo ritmo, e ci piace. Pianifichiamo con molta attenzione e non intraprendiamo mai passi per i quali non siamo preparati. Certo, crescere rapidamente aumenta il rischio di commettere errori, ma non dovremmo trascurare i pericoli del muoversi troppo lentamente e del perdere opportunità. Dodici anni di crescita rapida e ben gestita confermano che non ci siamo spinti oltre le nostre possibilità”.
Un’altra critica ricorrente riguarda i licenziamenti seguiti a diverse acquisizioni. Uno dei casi più noti è stato quello di WeTransfer, con un taglio del 75% dei dipendenti. “Sono scelte che non fanno piacere, ma il nostro lavoro è identificare e comprare aziende che potrebbero essere gestite meglio”, ha commentato Ferrari. “Se le abbiamo acquisite, spesso è perché vediamo l’occasione di aumentare la produttività. Per mitigare il problema cerchiamo di essere trasparenti da subito, da quando cominciamo a valutare i possibili tagli. Diamo molto tempo per cercare un nuovo lavoro e pacchetti di buonuscita molto più generosi rispetto alla media del mercato”. Secondo l’ad, nel settore tecnologico, “fatto di creatività e sviluppo ingegneristico, spesso squadre piccole, con meno burocrazia, meno strati manageriali e più libertà d’azione, fanno molto più di squadre grandi. Il lavoro è meno farraginoso, ci sono meno ostacoli all’imprenditorialità e all’iniziativa dei singoli”.
Alcuni hanno suggerito anche che una politica di acquisizioni così ambiziosa possa portare a un eccessivo indebitamento. “Il debito diventa eccessivo solo quando un’azienda non ha la capacità di ripagarlo”, ribatte Ferrari. “La nostra posizione finanziaria netta è circa tre volte l’ebitda rettificato, ben lontano da un valore elevato. Molte aziende software operano tranquillamente a un livello di indebitamento circa doppio del nostro. E considerando la nostra eccezionale diversificazione – con ogni azienda che genera molta cassa – direi che il nostro indebitamento attuale è molto prudente”.
Una critica che nessuno ha mai mosso ai fondatori, invece, è quella di nascondere la loro ambizione. Ferrari ha spiegato di avere spostato l’azienda in Italia “per dimostrare che si può costruire un’azienda tecnologica dominante a livello mondiale anche in un paese che, come il nostro, non ha quasi mai visto successi simili negli ultimi decenni”. Per i prossimi anni, dunque, Bending Spoons conta di proseguire la sua campagna di acquisizioni, con operazioni anche più grandi di quelle per Vimeo e Aol. “Questo non significa che ogni acquisizione sarà più grande della precedente”, precisa Ferrari. “Ci sono molte ottime aziende più piccole di Aol e Vimeo. Saremmo più che felici di acquisirle, e siamo nella posizione per farlo”.
Un altro passo atteso è quello della quotazione. Per un’azienda che fonda la sua attività su operazioni da centinaia di milioni o da miliardi di dollari, la Borsa sembra una via naturale per raccogliere capitali con più facilità e a condizioni più vantaggiose. In un’intervista su YouTube a Pietro Michelangeli, Ferrari ha spiegato che cosa lo ha trattenuto finora: “Bisogna dire di più, e questo facilita i concorrenti. Poi ci sono grandi pressioni mediatiche. C’è un forte incentivo a parlare di aziende quotate, anche in modo malevolo. Esiste un intero mondo di ‘short seller’, tra i quali alcuni senza scrupoli, che diffondono balle sulle aziende per cercare di far calare il titolo. E lo stesso prezzo dell’azione che oscilla nel tempo può distrarre tantissimo. Non è facile dire: ‘Ce ne freghiamo, lo guardiamo una volta all’anno’”.
In una recente intervista alla Reuters, però, Ferrari ha aperto a un approdo in Borsa: “Non so se ci quoteremo il prossimo anno, ma siamo pronti. Ogni anno potrebbe essere quello buono”. Già all’attuale valutazione, Bending Spoons sarebbe fra le prime 30 aziende per capitalizzazione del Ftse Mib di Milano. Non è detto, però, che la meta sia piazza Affari: secondo la Reuters, sarebbe più probabile una quotazione negli Stati Uniti, dove le aziende tecnologiche raggiungono di solito valutazioni più alte.
Se davvero Bending Spoons arrivasse a Wall Street in tempi brevi, lo farebbe mentre gli investitori si preoccupano della bolla dell’intelligenza artificiale. La tecnologia su cui Ferrari, Patarnello e Danieli scommettevano 15 anni fa, che oggi usano per rendere più efficienti le aziende che comprano. “Ho sempre creduto nel potenziale dell’IA, quindi i progressi tecnologici che stiamo vedendo non mi sorprendono”, dice Ferrari. “Così come non mi sorprende che le valutazioni nel settore abbiano raggiunto livelli assurdi”. È uno schema “già visto con internet, la blockchain e altre grandi ondate tecnologiche”: gli investitori cavalcano la moda del momento per raccogliere capitale, “poi sono obbligati a investirlo da qualche parte. Ma quando non ci sono abbastanza progetti solidi per assorbire questi flussi, molte aziende deboli, o addirittura prive di valore, finiscono per raccogliere somme importanti. Le poche davvero promettenti, nel frattempo, vengono valutate a multipli straordinariamente alti”. Ferrari è tra coloro che si aspettano lo scoppio della bolla “nel prossimo anno o due”. È anche sicuro, però, che l’IA sia “destinata a restare”. E che “un paio delle aziende emergenti di oggi saranno tra quelle di maggiore valore al mondo tra cinque anni”.
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