Articolo tratto dal numero di luglio 2022 di Forbes Italia. Abbonati!
Chiara Marconi e Federica Tiranti si sono conosciute grazie alla comune passione per lo sci e poco tempo dopo, complice un viaggio improvvisato alle Canarie, hanno scoperto di condividere ben più dell’amore per lo sport e i viaggi. Una sera di primavera, sedute in una crêperie parigina, hanno deciso di creare un brand di underwear che potesse far sentire le donne più sicure della loro fisicità.
Chitè, il primo brand italiano di lingerie certificato B- Corp
Nasce nel 2018 Chitè, marchio che vuole parlare alle donne senza filtri, mostrando i dettagli non sempre perfetti dei corpi. “L’intimo è la prima cosa che indossiamo la mattina e l’ultima che togliamo prima di andare a dormire. A metà strada, tutto quello che accade durante il giorno: le nostre ambizioni, le nostre sfide, i nostri obiettivi. Abbiamo voluto creare un marchio che, con la sua vestibilità perfetta, riuscisse ad avere un impatto reale sulle nostre vite”, spiega Marconi. I tre elementi chiave di Chitè sono infatti artigianalità, inclusività e sostenibilità, “perché si prova ancora più gioia nell’indossare indumenti che rispettano la natura”.
Non a caso, dal 2021 l’azienda è diventata una società benefit, raggiungendo l’obiettivo di avere un impatto positivo sulla società e sul pianeta: “Dai tessuti alla distribuzione, la nostra è una filiera corta e sostenibile”, si legge sul sito. “Dal 2022, inoltre, siamo il primo brand italiano di lingerie certificato B- Corp, dopo un accurato processo di certificazione di Nativa e BLab”. Di recente, Chitè ha anche lanciato la prima linea di costumi interamente realizzata con filato sostenibile derivato dal riciclo delle bottiglie di plastica, e lanciato un progetto per il recupero e il riciclo di capi, per allungare il loro ciclo di vita.
Omnicanalità e retailtainment
Dal lancio del brand, ogni mese le due imprenditrici proponevano nuovi modelli in edizione limitata, riducendo così eventuali sprechi di produzione. Tuttavia, il Covid ha reso l’approvvigionamento di materie prime molto più complesso, e anche le abitudini di acquisto sono cambiate. “Oggi abbiamo una forte collezione continuativa su cui è possibile utilizzare il servizio su misura. A questa affianchiamo l’uscita di due collezioni stagionali in cui sviluppiamo i nuovi modelli basati sui riscontri delle clienti”, prosegue Marconi. Lato business, dopo il primo popup store a ottobre 2021, l’azienda ne ha aperti quattro, e altri quattro sono previsti entro la fine dell’anno.
“L’era del brick and mortar è tutto tranne che finita e le parole chiave sono omnicanalità e retailtainment. Uno spazio fisico permette alle nostre clienti di provare i capi e toccare con mano la qualità dei prodotti per un’esperienza immersiva alla scoperta della nostra filiera”. Intanto, il brand sta volgendo lo sguardo all’estero ed entro la fine anno punta a due obiettivi: entrare nel mercato tedesco e in quello spagnolo, e aprire il primo flagship store dove artigianato e tecnologia troveranno il connubio perfetto per soddisfare i bisogni delle donne.
L’empowerment femminile di Chitè
Nel 2020, la startup ha chiuso il primo round di finanziamento raccogliendo 830mila euro da un fondo di private equity, una finanziaria pubblica e un pool di business angel. Inoltre, ha stretto partnership con grandi magazzini di lusso quali La Rinascente e con diverse boutique e marchi indipendenti. “Stiamo chiudendo ora un round bridge in vista del prossimo aumento di capitale che supporterà l’espansione omnicanale e l’apertura dei primi flagship store in Italia e all’estero. Ma un aspetto cruciale è la gestione della filiera produttiva in un’epoca di forte pressione sulle materie prime”.
Anche l’empowerment femminile è un tema caro al brand. “Promuoviamo l’uguaglianza di genere spostando il focus comunicativo dalla mercificazione del corpo a un approccio inclusivo. Da tempo collaboriamo con realtà che si occupano di supportare l’indipendenza economica delle donne. E lo facciamo a partire da ciò che non si vede: non solo abbiamo un team femminile al 90%, ma lavoriamo solo con artigiane indipendenti, tutelando l’arte della corsetteria e l’artigianato italiano”.
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