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Un piano per l’Europa da 80 miliardi entro il 2030. La nuova alba dei chip passa da Intel

Articolo tratto dal numero di ottobre 2021 di Forbes Italia. Abbonati!

La tecnologia non è mai stata tanto importante per le persone. Ogni cosa è diventata più digitale, dagli strumenti di comunicazione a lavatrici e automobili. E dal momento che tutto ciò che è digitale è basato su chip, il bisogno di semiconduttori è cresciuto in modo esponenziale. Nel 2021 questo mercato ha superato per la prima volta i 500 miliardi di dollari di valore e si prevede che supererà i 1.000 miliardi entro il 2030.

Sono pochi i mercati che oggi possono vantare un tasso di crescita così sostenuto. La domanda dei microprocessori che animano i nostri dispositivi elettronici è esplosa. E parte da questo dato Nicola Procaccio, a capo di Intel Italia, per giungere a una previsione: all’industria tecnologica mancano (ancora) i microprocessori che accendono smartphone, frigoriferi e automobili. Comincia, però, a intravedersi la luce in fondo al tunnel. “Il settore non è ancora tornato ai livelli di fornitura pre-pandemia e la carenza potrebbe durare ancora un po’. La buona notizia, però, è che le aziende e i governi stanno investendo nei semiconduttori”, spiega Procaccio.

“Intel ha annunciato ambiziosi piani di investimento negli Stati Uniti e nell’Unione europea. Nel nostro continente il piano iniziale vale 33 miliardi di euro per progetti in vari paesi, compreso il nostro. Ma la cifra salirà a 80 miliardi entro il 2030, per rendere la produzione più resiliente e bilanciata a livello geografico, dato che oggi l’Asia produce l’80% dei chip. In alcuni casi stiamo investendo per raddoppiare la potenza produttiva attuale, preparandoci anche alla crescita del mercato a lungo termine”.

Leader mondiale nella produzione e commercializzazione dei microprocessori, con una quota di mercato del 15,4%, Intel è un interlocutore privilegiato per scoprire a che punto è la notte del fenomeno più discusso nel settore tecnologico negli ultimi due anni. Del resto da mesi tutti i settori legati all’elettronica di consumo, a causa della carenza di processori a livello mondiale, subiscono ritardi nelle consegne. Non hanno rappresentato un’eccezione gli smartphone, consegnati spesso con ritardi impensabili solo qualche anno fa.

Dinamiche di mercato da cui Intel sembrerebbe essersi allontanata già prima dello scoppio della pandemia, dopo la cessione a Apple, nel luglio 2019, della divisione modem 5G. “Con la vendita della divisione, Intel ha avuto la possibilità di concentrare gli investimenti sulla tecnologia per le reti 5G, oltre che di continuare a sviluppare modem per pc, internet delle cose, veicoli a guida autonoma. Il successo del 5G dipende da un ampio ecosistema in cui Intel ha un ruolo fondamentale”, spiega Procaccio, confermando l’impegno della multinazionale nell’ambito delle reti di nuova generazione.

Connessioni che, però, tardano a diventare un fenomeno di massa. “Non possiamo dire noi quando, realisticamente, anche in Italia sarà coperta una fetta di popolazione larga quanto quella a cui è garantito il 4G. Possiamo però confermare perché va fatto. Intel ha definito, testato e offerto lo standard 5G e le soluzioni. Non in laboratorio, ma sul campo. Un esempio di applicazioni per i consumatori è stato offerto alle Olimpiadi. Ma sono ancora più interessanti le applicazioni in ambito imprenditoriale, dove le soluzioni innovative possono avvantaggiarsi di ampiezza di banda, latenza e affidabilità non disponibili nelle altre generazioni di connettività”.

“In Veneto, per esempio, c’è già un’azienda, la Exor International, dotata di un laboratorio interno per sperimentare applicazioni del 5G all’industria manifatturiera per imprese di ogni dimensione. Possiamo definirla una delle prime 5G smart factory. I casi d’uso in cui il 5G porta nuove possibilità sono diversi: dal monitoraggio da remoto, con la semplificazione della manutenzione e dell’operatività, fino al controllo qualità dei prodotti. E il 5G consentirebbe macchinari connessi senza cavi, quindi una grande flessibilità”.

E se da un lato, nel breve, rischiamo di restare a corto di microchip persino per produrre le tessere sanitarie regionali, dall’altro, nel lungo periodo, giunge all’industria una richiesta improcrastinabile: conciliare la caccia a materie prime e terre rare, per produrre un numero di microprocessori sempre più alto, con la riduzione dell’impatto ambientale. “Silicio, stagno, tantalio, tungsteno, oro, cobalto: abbiamo politiche molto stringenti sull’approvvigionamento di materiali e metalli necessari per la produzione dei microprocessori, per garantire la tracciabilità di una filiera responsabile”, afferma Procaccio, che è Emea territory marketing director del colosso californiano.

“Ci siamo inoltre impegnati per un’informatica a emissioni nette zero di gas serra entro il 2040, dirette e indirette. Nel frattempo, nel 2021 abbiamo investito in progetti che ci hanno consentito di risparmiare circa 162 milioni di kWh di elettricità e ridotto del 2% le emissioni di gas serra in un anno. E abbiamo anche risparmiato 35 miliardi di litri d’acqua, risorsa molto importante per la produzione di chip, per la quale puntiamo a un valore net positive, ovvero a restituirne al territorio – pulita – più di quanta ne consumiamo”.

Politiche aziendali accelerate senz’altro dalla pandemia, in grado da un lato di ribadire un riequilibrio nello sfruttamento delle risorse naturali e, dall’altro, di imporre una digitalizzazione – per certi versi forzata – di molti servizi. “Durante l’emergenza, con la tecnologia è stato possibile continuare a lavorare, tenere aperte le scuole, comunicare con amici e parenti, migliorare la telemedicina e l’assistenza medica. Così le competenze tecnologiche della popolazione derivanti dal maggior uso di dispositivi e servizi digitali sono generalmente aumentate, il che è un’ottima notizia. Stiamo entrando nell’era dell’intelligenza distribuita, in cui ogni oggetto, luogo e servizio diventa intelligente, in cui l’intelligenza artificiale sarà pervasiva, perché sono tantissimi i vantaggi che la società può ricavarne. I quattro trend tecnologici che accelereranno la trasformazione digitale sono intelligenza artificiale, computing ubiquitario, connettività diffusa e infrastruttura cloud-to-edge. Una rivoluzione per l’economia e per la società”.

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