L’obiettivo è di quelli ambiziosi: portare l’innovazione direttamente a domicilio dei retailer. Come? Mettendo in contatto le aziende e le startup più innovative, realtà uniche che vengono scovate da un’analisi di scouting a livello globale. Attività che permette anche di anticipare dove andrà il mondo del lavoro, quali saranno le richieste dei prossimi anni e su quali aspetti bisognerà puntare.
Retail Hub si definisce il primo business accelerator per l’innovazione: grazie alla piattaforma Innovation explorer integrata da un team di analisti, individua le migliori startup e scaleup nel settore del retail. Nata nel febbraio del 2020 da un’idea partita dagli Stati Uniti e che ha ben presto invaso anche l’Europa, alla base di tutto ci sono i co-fondatori Massimo Volpe e Antonio Ragusa, che senza dimenticare il sapore internazionale dell’azienda vogliono migliorare la struttura puntando su un tocco importante di italianità.
La crescita
“Siamo partiti in due insieme a due collaboratori”, racconta Volpe. “Senza un vero e proprio ufficio, come tutte le startup del mondo. Il nostro progetto ha raccolto un milione di euro che ci ha consentito di iniziare a svilupparci. Nel momento del lancio aveva una valutazione di 7 milioni di euro. Oggi, dopo due anni, grazie a un’accurata operazione di scouting, abbiamo 26 dipendenti, di cui una quindicina in Italia, e altri sparsi fra Inghilterra, Turchia, Germania e India. Lavoriamo con un gruppo di 1.800 startup, tutte realtà innovative in ambito retail”. I criteri di selezione sono molto rigidi, perché Retail Hub lavora solamente con chi presenta un prodotto definito e già sul mercato. «Ma non solo. Vogliamo anche capire quali sono le aziende più interessanti, facciamo delle piccole scommesse che molto spesso vinciamo”.
Come Netflix e Tinder
L’esigenza delle nuove startup è principalmente il monitoraggio continuativo, che pochi hanno a disposizione. “Noi abbiamo dato vita a una piattaforma con un algoritmo creato per selezionare le imprese migliori, ovviamente il tutto sempre validato dal nostro team di esperti che comprende persone provenienti da tutto il mondo”. Per semplificare la spiegazione, funziona come Netflix: più navighi e meglio riesco a conoscerti. “Siamo una sorta di Tinder delle startup”, spiega Volpe sintetizzando. Uno dei compiti principali è risolvere problemi in tempi brevi. “Un po’ come quando a metà 2020 in molti si sono accorti di non essere pronti per l’e-commerce. A quel punto o ti affidi a gente preparata o rischi di perdere il treno. Nella maggior parte dei casi ci troviamo di fronte delle startup con ingegneri che realizzano ottimi prodotti ma poi si chiedono: come faccio a farmi conoscere? A questo punto subentriamo noi affiancando le nuove realtà nei vari mercati internazionali”.
La ricetta del successo
Prestando grande attenzione ai territori interessati. Perché sfondare negli Stati Uniti non richiede le stesse caratteristiche di Italia, Spagna o delle nazioni asiatiche. Ognuna ha caratteristiche differenti e non esiste una ricetta unica per avere successo in tutto il mondo. Senza dimenticare che la prima caratteristica da analizzare in una startup è il team, perché da questo dipende il successo o il fallimento di un progetto. “Innanzitutto è necessario avere le idee chiare, poi bisogna puntare su un’ottima tecnologia e quindi capire quanto un determinato settore sia affollato o meno. Senza dimenticare l’ambizione: non esiste una strada giusta e una sbagliata, il nostro compito è suggerire e spesso far capire ai nostri partner che non sempre le scorciatoie sono la via migliore da seguire, anche se portano risultati immediati”. Uno degli errori più frequenti commessi da chi entra in un mercato che ancora non conosce è la sopravvalutazione. “Spesso c’è un approccio scorretto. Noi chiediamo sempre: avete studiato il mercato in cui vi volete inserire? Uno dei nostri compiti è aiutare a capire come si muove e come reagisce un determinato settore in un particolare territorio. Questa è la base per avere successo”.
Uno spazio fisico
Retail Hub significa consulenza e attenzione al cliente. Da qualche tempo, tuttavia, si è allargato ed è diventato anche uno spazio di coworking chiamato House of Innovation, in via Genova Thaon di Revel, a Milano. “Abbiamo creato uno spazio fisico in cui si parlasse di retail e che garantisse maggiori possibilità per creare relazioni. Siamo partiti con un coworking classico, le scrivanie vicine che ti permettessero di avere contatti con realtà del tuo stesso settore, poi ci siamo accorti che bisognava andare oltre e abbiamo dato vita allo store del futuro. Uno spazio in cui concentrare tante tecnologie diverse create dalle varie startup che le aziende interessate potevano venire a scoprire tutte in una volta”.
Formazione e aggiornamento
Ovviamente in questo settore diventano fondamentali anche la formazione e l’aggiornamento. Situazioni che riguardano tutti i componenti di un’azienda, dall’amministratore delegato all’ultimo dei dipendenti. “A Londra da qualche tempo sono nati dei supermercati senza cassa, in cui il cliente fa tutto da solo. Ma io devo capire quale sia la migliore tecnologia da utilizzare, devo avere informazioni e saperle leggere per fornire il servizio più adeguato. Le decisioni spettano al vertice, poi il dipendente deve essere in grado di interagire con il cliente nel modo più adeguato e deve essere preparato da questo punto di vista. Ad esempio: posso dotarlo di un tablet che indichi se un prodotto non è presente fisicamente nel mio negozio, a chi posso chiederlo e quanto tempo impiegherà per arrivare da me”.
Sguardo al futuro
Di fatto dunque Retail Hub ha un punto di vista privilegiato sul futuro. “Aggreghiamo i dati e riusciamo a capire quante startup stanno lavorando su una determinata tecnologia e a quali mercati puntano, così comprendiamo le necessità dei vari territori. La nostra ricerca ci consente anche di connettere chi sta facendo innovazione e chi ne ha bisogno, questo è uno degli aspetti primari che ci consentirà di crescere ulteriormente nei prossimi anni”.
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