Articolo tratto dal numero di febbraio 2023 di Forbes Italia. Abbonati!
Solo pensare di accostare le parole fisco e zen può sembrare una follia: il massimo dell’ansia con la ricerca della serenità. Ma c’è una startup che ha lanciato la sfida: si chiama proprio Fiscozen, perché ha l’ambizione di semplificare la vita del popolo della partite Iva, ma anche dei professionisti che li seguono, i commercialisti.
“Ormai le auto si guidano da sole o quasi, figuriamoci se non siamo in grado di gestire le attività e le spese di una piccola attività con un software!”, è la battuta preferita da Enrico Mattiazzi, ceo di Fiscozen, che a fine 2022 ha chiuso un round di finanziamento da otto milioni di euro (che si aggiungono ai tre del 2020) guidato da un fondo di venture capital olandese. ‘Curare’ la burocrazia, quindi, è una preoccupazione che va oltre i confini italiani. E poi, adesso, con la flat tax al 15% per gli under 85mila euro sarà più conveniente mettersi in proprio.
Le due anime di Fiscozen
“Chiunque si metta in proprio, soprattutto adesso, merita di essere supportato per la sua audacia”, dice Mattiazzi, 36 anni, che ha fondato la startup a fine 2017 con Vito Lomele, 51 anni. Un giovane manager passato al venture capital e un navigato imprenditore seriale balzato agli onori delle cronache dieci anni fa per una exit clamorosa: la vendita (per 30 milioni di euro, si disse allora) della startup Jobrapido al gruppo inglese Dmgt, che tra le altre cose pubblica il quotidiano Daily Mail. Hanno cominciato entrambi, in stagioni diverse, con siti di dating online e i loro percorsi si sono incrociati quando Lomele ci ha riprovato con un’altra startup (che non ha poi funzionato) e Mattiazzi lavorava per il fondo di venture capital United Ventures. Hanno cominciato a ragionare insieme su una nuova impresa partendo da una domanda: “Come possiamo aiutare chi vuole avviare una propria attività?”.
La risposta è apparentemente semplice: usare la tecnologia. “Con Jobrapido avevo creato la prima piattaforma digitale che aggregava tutte le offerte di lavoro disperse in mille fonti”, ricorda Lomele, che dopo dieci anni in giro per l’Europa ha deciso di tornare in Italia per la nuova impresa. “Non avremmo potuto fare quel che abbiamo fatto senza Vito e la sua esperienza”, dice Mattiazzi. E Lomele si schermisce: “È la conferma che le exit fanno bene a tutto il sistema”.
“Le partite Iva hanno sulle spalle il peso di una burocrazia fiscale complessa e intransigente. Solo le scadenze fiscali, nell’arco dell’anno, possono essere di oltre 200 diversi tipi”, ricorda Mattiazzi. “Io e il mio socio siamo entrambi ingegneri, abbiamo vissuto sulla nostra pelle la frustrazione e la fatica di tutti questi adempimenti burocratici, ma, conoscendo le tecnologie, siamo riusciti a mettere insieme una piattaforma che raccoglie le informazioni fornite dal cliente e quelle che arrivano dalle banche dati, permettendo così di semplificare tutti gli adempimenti, sia per i clienti, sia per i commercialisti”.
Semplificare il fisco
Sul mercato ci già sono tantissimi software per la gestione fiscale. Fiscozen ha forse trovato l’uovo di Colombo? “Noi portiamo nel fisco la semplicità del web, quella a cui siamo ormai abituati con il banking o lo shopping online”, replica Mattiazzi. Che cosa significa semplificare il fisco? “La fatturazione è il punto di partenza di qualsiasi attività. Dal 2019 è obbligatoriamente elettronica: secondo il profilo di chi sta facendo la fattura noi riusciamo a ridurre la possibilità di sbagliare. Invece di lasciarti da solo davanti a un pannello con mille campi da compilare, selezioniamo quelli necessari per fare la fattura corretta. E non ci fermiamo qui. Appena fai una fattura, invece di lasciarla lì in attesa della prossima scadenza fiscale, la piattaforma elabora, ad esempio, una previsione delle spese fiscali con 24 mesi di anticipo. Dietro c’è tanto software”.
Il ruolo del commercialista
Tutto questo software renderà inutile il commercialista? “Assolutamente no”, rispondono all’unisono Lomele e Mattiazzi. Chi si iscrive su Fiscozen, che è un soggetto abilitato dall’Agenzia delle Entrate, sceglie un commercialista che potrà aiutarlo nei momenti più difficili. “I commercialisti possono adottare uno dei tanti software complessi ed efficaci che ci sono sul mercato, ma vivono anche la frustrazione di non avere il tempo per dedicarsi alla consulenza al cliente. Il nostro obiettivo è liberare tempo dalla burocrazia per dedicarlo alla relazione con i clienti”.
Fiscozen è una double side platform, come si dice in gergo: una parte la deve sovvenzionare e sono le partite Iva (che pagano 399 euro l’anno in regime forfettario e 999 in regime ordinario). “Ai commercialisti che salgono a bordo va una parte di quel che paga il cliente. Attualmente sono una trentina e aumentano man mano che crescono gli iscritti (che a inizio 2023 sono circa 15mila) per mantenere in equilibrio la piattaforma”, spiega Mattiazzi. In Italia ci sono circa 120mila commercialisti e ciascuno, mediamente, guadagna 60mila euro l’anno: un mercato molto frammentato. “Noi agevoliamo la digitalizzazione dei commercialisti e li aiutiamo a trovare nuovi clienti”.
Investimenti
Gli otto milioni del round di dicembre? “Serviranno a investire in tecnologia”, dice senza alcuna esitazione Mattiazzi. “L’intelligenza artificiale non è magia, ma un pacco di codice da sviluppare per rendere il software sempre più capace e autonomo”. Qualche esempio? “Quando un cliente carica le ricevute dei taxi sono tutte simili ma tutte diverse e spesso scritte male. Oggi siamo in grado di fare una precompilazione che deve poi essere verificata da un umano. Stiamo lavorando per rendere questo automatismo affidabile. Poi ci sono le sinergie possibili con i movimenti del conto corrente: quando ricevi un bonifico la piattaforma segnerà automaticamente come pagata la fattura”.
L’investimento del fondo olandese Keen Venture Partners fa pensare anche a uno sviluppo internazionale di Fiscozen. “Ci occupiamo di burocrazia e ogni Paese è diverso. Certamente potremmo applicare il nostro modello o sviluppare sinergie con imprese locali ma nei prossimi cinque anni abbiamo altri obiettivi”, spiegano Lomele e Mattiazzi. “Il fondo ha sposato appieno la nostra priorità: conquistare il mercato italiano e poi pensare all’internazionalizzazione”. Del resto, gli spazi di crescita in patria sono enormi. Se ciascuno dei tre milioni di titolari di partite Iva spendesse mille euro l’anno…”.
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