Alle porte della Chácara do Céu di Rio de Janeiro, l’accoglienza è così calorosa da non sembrare reale. Due brasiliani di mezza età agitano le braccia al cielo e invitano i turisti a percorrere una via strettissima che dalla zona alta della favela scende verso i meandri più profondi dell’agglomerato urbano. Al calare della sera il silenzio dei vicoli è interrotto solamente dai guaiti dei cani che si animano al passaggio degli “ospiti”, mentre attraverso le piccole finestre degli appartamenti in cemento grezzo si scorgono gli abitanti intenti a preparare la cena.
Per non smarrirsi, alcuni cartelli colorati di giallo riportano il nome Flor Do Ceu e indicano che, da lì a pochi metri, Tobia Messa e la sua brigata sono pronti ad accogliere a tavola gli affamati, offrendo loro anche una vista unica sulla baia di Rio.
L’esperienza di Tobia Messa in cucina e il trasferimento a Rio de Janeiro
Piemontese di origine, il 33enne ha girato il mondo lavorando nelle cucine di diversi locali tra Londra e Parigi, passando per il Belgio e il Perù.
In Brasile Tobia è arrivato per la prima volta quando aveva 21 anni e, nonostante l’amore a prima vista, non immaginava che un giorno avrebbe chiamato Rio de Janeiro casa. “La favela è un luogo affascinante, ormai abito qui da sette anni”, racconta Tobia. “Ho sempre lavorato in ristorante e, a un certo punto, ho iniziato a pormi delle domande, chiedendomi se la gastronomia avrebbe rappresentato la mia strada futura. La passione per la cucina l’ho sempre avuta, ma il mestiere è tosto e ogni tanto capita di avere dei dubbi”.
Proprio mentre si interrogava sul da farsi, il giovane chef ha sentito parlare della Chácara do Céu e della possibilità di aprire un’attività ristorativa in un luogo unico al mondo. “Volevo creare qualcosa di semplice, senza troppe sovrastrutture e ho pensato che Rio de Janeiro fosse la meta ideale. Sono volato in Brasile per vedere se il progetto che avevo in testa avrebbe funzionato. E oggi sono ancora qua”.
La camelia bianca
Flor do Céu non è solo un ristorante che attrae i turisti incuriositi dall’agglomerato urbano che dalla collina guarda verso il mare, ma è un progetto sociale con cui Tobia ha offerto lavoro agli abitanti della favela, formandoli e affidando loro la gestione della cucina, della sala e del piccolo bancone bar che si trova all’interno del locale. Anche il nome rivela la profonda sensibilità dello chef nei confronti del luogo che lo ha accolto con così tanto calore.
“La favela si chiama Chácara do Céu, letteralmente ʽcasa del cieloʼ, a causa della sua posizione e si trova in un luogo dove, nell’800, si rifugiavano e vivevano le persone liberate dai brasiliani che appoggiavano la fine dello schiavismo”, svela Tobia. “Questi luoghi di redenzione si chiamavano quilombo. Dove oggi sorge la favela, c’era il quilombo di Leblon celebre per la coltivazione delle camelie bianche”. Fiori che sono diventati simbolo dell’abolizionismo poiché erano i preferiti della principessa Isabella, colei che ha firmato la Legge d’oro per porre fine alla schiavitù in Brasile. “La nobile è intervenuta personalmente per evitare che il quilombo venisse derubato e gli abitanti, per mostrare la loro riconoscenza, le regalarono questi fiori candidi”, prosegue Tobia.
“La storia mi ha colpito molto, ho fatto un po’ di ricerca e ho creato un’identità per il locale che unisse il nome del luogo e la narrazione delle sue origini. Così il ristorante si chiama fiore del cielo e porta il simbolo della camelia bianca”.
Flor do Céu
Un parallelepipedo con un’unica grande terrazza, le cui pareti verdi richiamano la rigogliosa natura che si scorge qualche metro più in basso. Flor do Céu è una finestra sull’orizzonte di Rio, con una cucina a vista dove riposano la pasta fatta a mano e gli ingredienti freschissimi che vengono trattati con grande rispetto da tutta la brigata di cucina.
“Siamo aperti ufficialmente dal venerdì alla domenica, mentre gli altri giorni lavoriamo solo su prenotazione, con un minimo di sei persone. Questo perché vogliamo avere sempre a disposizione materie prime freschissime. Le persone arrivano qui principalmente nel weekend, se ci conoscono, oppure se hanno visitato il nostro profilo Instagram. Non è un locale di passaggio, visibile su strada”, racconta lo chef. “Compro solo dai pescatori locali, quindi i piatti del ristorante dipendono molto dalla disponibilità del mercato. Con l’estate e le correnti fredde, per esempio, arrivano i calamari con cui prepariamo un ceviche molto particolare. Li abbiniamo anche all’okra cotta sulla piastra, servendo il tutto con crema di melanzane, peperoni e finocchi”.
Il menu è fisso e cambia una volta al mese, anche se alcuni piatti possono variare giornalmente grazie al rapporto molto stretto che Tobia Messa ha con i suoi fornitori. “Non mi sento parte dell’alta cucina, qui punto a fare qualcosa di buono, che per me è già un obiettivo molto alto. Sono contento del modello di business che funziona bene per il posto dove siamo. Conteniamo gli sprechi e lavoriamo con ingredienti buonissimi. Se avessi un menu alla carta non sarebbe sostenibile”.
La cucina di Tobia Messa
Non chiamatela cucina italiana. Quella di Flor do Céu è una gastronomia popolare che vive di influenze italiane, ma che privilegia gli ingredienti locali. “Abitando a Rio mi sono reso conto che i brasiliani tendono a dare per scontate le materie prime che hanno a disposizione. A me invece piace valorizzare i frutti stratosferici che ci offre la natura. Non ho niente contro la gastronomia italiana, ma credo che ogni Paese abbia le proprie peculiarità da esaltare a tavola e trovo la globalizzazione nel piatto molto triste”, rivela Tobia Messa.
“Vale la pena arrivare fino a qui per mangiare un piatto tipico italiano? Non credo, anche perché non avrebbe la stessa resa gustativa di una ricetta preparata in Italia con prodotti del posto. Da Flor do Céu ho applicato la mia sensibilità agli ingredienti locali. Non sono venuto qui con la presunzione di dire a tutti che cosa fare, io stesso ho imparato tanto anche da Grace, la mia bravissima cuoca di Bahia. La cucina è cultura e condivisione, non ne esiste una che domina sulle altre. Bisogna essere intelligenti e avere l’umiltà di imparare dagli altri”.
Oltre al ristorante nella favela, Tobia Messa ha aperto Café Tero, un locale nel centro economico di Rio ed è in procinto di inaugurare anche Bar Tero, insieme a un socio italiano. “Inizialmente volevo aprire una succursale di Flor do Céu, ma la magia dell’esperienza e della vista panoramica non possono essere replicate”.
Il rapporto con il vicinato
Varcando la soglia di Flor do Céu, in molti chiedono allo chef come siano i suoi rapporti con il vicinato nella favela. “È unico”, risponde lui, “mi hanno sempre aiutato tanto. È una cosa difficile da spiegare a voce, bisogna vederlo. Non riesco a convincere nessuno della bontà di questo posto solo a parole, ma non me ne andrei per niente al mondo. Quando i miei genitori sono venuti a trovarmi la prima volta mi hanno detto che sono stato coraggioso a scegliere di lasciare tutto e aprire il mio locale nella favela. Andandosene, invece, mi hanno detto che ho avuto tanta fortuna ad arrivare fino a qui”.
Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Forbes.it CLICCANDO QUI .
Forbes.it è anche su WhatsApp: puoi iscriverti al canale CLICCANDO QUI .