La sfida tra Cina e Stati Uniti si gioca anche nel campo spettrale delle particelle subatomiche. Fotoni ed elettroni che a volte seguono regole strane e controintuitive, diverse da quelle della realtà macroscopica in cui noi viviamo. È il mondo piccolissimo della fisica quantistica. Uno degli aspetti più bizzarri è il principio della sovrapposizione, secondo cui un elettrone può essere sia un’onda che una particella, oppure può trovarsi in posizioni diverse nello stesso istante. L’altro meccanismo misterioso è il cosiddetto entanglement, che si verifica quando la materia subatomica si intreccia in correlazioni e condizionamenti istantanei tra particelle anche lontanissime, cosa incomprensibile per la fisica classica. Molto enigmatica è pure la legge di Heisenberg, che dice: a livelli di materia piccolissima, quando si prova a misurare una particella, si può anche modificarne lo stato. Ce n’è abbastanza per sfociare nell’esoterico.
A ogni latitudine, intraprendenti furbacchioni hanno cominciato a scrivere libri come Il potere della mente quantica, o a uscirsene con teorie come quella della ‘coscienza quantica’, o a produrre best seller planetari come Il segreto. Chi legge viene istruito su tecniche di pensiero e “visualizzazione”. Questi autori sembrano dirci che, con il giusto addestramento, potremo anche noi indirizzare gli eventi e attrarre le cose. Come maghi, recitando, meditando e “visualizzando”, daremo forma alla realtà. E tutto ciò non sarà una fantasia, perché le basi scientifiche sono lì, nascoste nella meccanica quantistica. E con questo? Adesso Cina e America si stanno sfidando a colpi di pensiero magico? No, meglio chiarire subito: la fisica quantistica non implica che con il solo pensiero si possano modificare gli eventi esterni. Meglio diffidare, quindi, di personaggi come Deepak Chopra e Rhonda Byrne.
Il computer quantistico
Le leggi quantistiche funzionano a livello subatomico e non sempre risultano applicabili in modo significativo su oggetti o eventi in scala più grande. Però Stati Uniti, Cina e altri paesi stanno puntando miliardi proprio su quelle regole misteriose. Tra gli obiettivi c’è costruire computer quantistici, dotati di una potenza di calcolo strabiliante. Il governo americano ha effettuato investimenti strategici nella ricerca e nello sviluppo del calcolo quantistico attraverso varie iniziative, la più importante delle quali è stata la National Quantum Initiative Act, firmata nel 2018 dal Donald Trump. Gran parte della ricerca più all’avanguardia, però, sta avvenendo nel settore privato, in aziende come Google, Ibm e Intel, in startup come IonQ o in laboratori finanziati dal governo.
Osprey di Ibm è ritenuto il computer quantistico più potente mai sviluppato. A differenza dei computer classici, che utilizzano bit binari (0 o 1) per rappresentare e manipolare l’informazione, i computer quantistici utilizzano qubit (bit quantistici). Ritorna così la questione della sovrapposizione: i qubit possono rappresentare più valori (0 e 1 contemporaneamente) ed eseguire calcoli paralleli. Torna anche il principio di entanglement: due o più qubit possono intrecciarsi e lo stato di uno è direttamente correlato a quello degli altri. Ciò consente di ottenere connessioni molto più forti tra le informazioni, col risultato che, in alcuni calcoli, un computer quantistico potrebbe essere centinaia di ordini di grandezza più efficace rispetto a un computer binario.
Quali sono le potenzialità del quantum computing
I campi di applicazione sono svariati. Quello di cui si parla di più – per le potenzialità, ma anche per i rischi – riguarda la crittografia e la sicurezza informatica. Computer quantistici potrebbero decifrare sistemi crittografici basati su algoritmi tradizionali, come rsa (Rivest-Shamir-Adleman) ed ecc (elliptic curve cryptography), mettendo a rischio dati sensibili, transazioni finanziarie e altri tipi di comunicazioni. Lo stesso calcolo quantistico, però, permetterebbe di sviluppare metodi crittografici più sicuri. C’è poi il potenziale per ottimizzare reti e logistica, tra cui flussi di traffico, gestione delle catene di approvvigionamento, distribuzione di merci.
Il quantum computing potrebbe servire anche a progettare nuovi materiali e migliorare quelli esistenti. Un altro campo è l’intelligenza artificiale. Lì il calcolo quantistico potrebbe affinare gli algoritmi di apprendimento automatico e le reti neurali, offrendo maggiore velocità di addestramento e un’elaborazione più efficiente dei dati. Combinare dati in modo più efficace potrebbe servire anche nella finanza, nella chimica e nella ricerca farmaceutica. I computer tradizionali, però, non andranno del tutto in pensione. Continueranno a essere pratici ed efficienti per risolvere un gran numero di problemi, o almeno questo dicono gli esperti. Il futuro, quindi, si muoverebbe verso una collaborazione tra calcolo quantistico e classico. Una sorta di computing ibrido.
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A che punto siamo con i computer quantistici
Fin qui la teoria. Ma come siamo messi nella pratica? La verità è che queste promesse di sviluppo, in gran parte, restano ancora questo: promesse. A oggi i computer quantistici sono troppo instabili per eseguire a lungo operazioni sofisticate. Anche Osprey è dotato di soli 433 qubit, quando molti scienziati informatici credono che ce ne vogliano un milione per realizzare il potenziale di questa tecnologia. Ma per arrivare a quella soglia potrebbero essere necessari, come minimo, altri dieci anni. Il problema è che, man mano che aumenta il numero di qubit, si riscontrano anche difetti ed errori quantistici. Questa è la sfida: aumentare i qubit e mantenerli in una posizione stabile abbastanza a lungo.
I qubit sono costituiti da particelle subatomiche molto delicate: qualsiasi interazione con l’ambiente circostante – piccole quantità di calore, segnali elettronici e campi magnetici – può danneggiare il loro stato. Queste interferenze, o rumori esterni, come li chiamano gli esperti, nascondono ciò che accade nel computer e rendono difficile misurare le risposte giuste. Ecco perché molti prototipi di macchine quantistiche vengono posti in stanze criogeniche. Luoghi freddissimi, vicini allo zero assoluto (circa -273 gradi Celsius), dove tutto è immobile e l’energia quasi assente. Ma la strada non è nemmeno l’isolamento totale, perché una certa interazione con l’ambiente è necessaria per misurare i qubit e avere risposte.
Quanto vale il calcolo quantistico
Insomma, fin qui difficoltà tecniche quasi insormontabili. Ma altrettanto colossali sono le promesse di guadagno per chi riuscisse ad arrivare per primo alla meta, ed è questo che sta trainando gli investimenti. L’anno scorso gli Stati Uniti hanno impegnato nella ricerca quantistica 1,8 miliardi di dollari. L’Unione europea ha aggiunto agli investimenti già stanziati 1,2 miliardi di euro, mentre a marzo il Regno Unito ha lanciato un programma decennale da 2,5 miliardi di sterline. La Cina ha annunciato finora investimenti totali per 15,3 miliardi di dollari.
Poi ci sono le aziende private, spinte dalla prospettiva di lauti guadagni. La prima società in grado di sviluppare un computer quantistico affidabile potrebbe incassare miliardi. Secondo una stima di McKinsey, il calcolo quantistico avrà un impatto significativo soprattutto su quattro settori – automobili, chimica, servizi finanziari e medicina –, il cui valore complessivo potrebbe aumentare di 1.300 miliardi di dollari entro il 2035.
I pericoli del calcolo quantistico
Oltre ai guadagni, il calcolo quantistico porta con sé anche grandi rischi. I governi, in particolare, sono preoccupati per le implicazioni sulla sicurezza informatica. Un computer quantistico – se funzionasse in modo stabile, con un numero abbastanza alto di qubit – potrebbe teoricamente rompere la crittografia di algoritmi tradizionali usati per proteggere miliardi di dati sensibili, comunicazioni e transazioni finanziarie. Dietro questi algoritmi ci sono problemi matematici complessi, e per risolverli un computer binario avrebbe bisogno di enormi quantità di tempo e risorse, cosa che rende la crittografia sicura per quanto riguarda gli attacchi informatici. Ma un computer quantistico sarebbe molto più rapido.
Si capisce quindi che la posta in gioco è terribilmente alta: chi arriverà per primo avrà la chiave di sicurezza del mondo digitale. Diversi esperti affermano che questi problemi vanno affrontati oggi, non domani. Gruppi criminali, che magari operano per conto di qualche governo, stanno già perpetrando attacchi noti in gergo come ‘memorizza ora, decrittografa dopo’. Nel senso che le informazioni vengono rubate per poter essere decifrate in futuro con computer quantistici. Secondo il dipartimento della Sicurezza interna degli Stati Uniti, la decrittazione di questi dati potrebbe essere fattibile già nel 2030. In tal caso, qualsiasi dato crittografato acquisito oggi avrà un periodo massimo di riservatezza inferiore a otto anni.
La nuova crittografia
Ecco perché già ora, secondo alcuni, bisognerebbe adeguare gli algoritmi tradizionali, sostituendoli con una crittografia post-quantistica, cioè resistente alle future, potenziali minacce. Gli Stati Uniti hanno cominciato a muoversi. A luglio dell’anno scorso, l’agenzia federale che si occupa della gestione delle tecnologie ha annunciato i risultati di un processo durato sei anni per stabilire i nuovi standard di crittografia post-quantistica. Pare che esperti di circa 25 paesi abbiano partecipato allo sviluppo e alla convalida di questi algoritmi.
Gli Usa hanno anche lanciato il National Cybersecurity Center of Excellence, composto da 12 aziende di tutto il mondo, per sviluppare strategie e modelli di adattamento. È chiaro che l’identificazione di tutti i sistemi e dispositivi da aggiornare richiederà parecchi anni. Secondo un articolo dell’Economist, più di 20 miliardi di dispositivi in tutto il mondo (smartphone, laptop, desktop, server, siti web e app mobile) avranno bisogno di aggiornamenti del software, oltre a sistemi integrati in automobili, navi, aerei e infrastrutture operative.
L’inverno quantistico
Tutto questo avrebbe senso se in futuro si materializzasse un computer quantistico funzionante. Per ora dai laboratori arrivano notizie di esperimenti brillantissimi, ma di valenza pratica ancora dubbia. E la mancanza di applicazioni concrete ha portato alcuni esperti a dire che potrebbe essere dietro l’angolo una specie di ‘inverno quantistico’. Un momento di stanca, di delusione, quando l’interesse in una certa tecnologia cala perché ricerche promettenti si rivelano vicoli ciechi. A suo tempo, del resto, è successo anche all’intelligenza artificiale.
La delusione per benefici pratici ancora lontani ha già contribuito a un forte calo dei titoli di alcune aziende di quantum computing che si sono quotate in borsa nel 2021, sull’onda dell’entusiasmo per il settore. Queste aziende affermano che gli usi pratici della tecnologia sono dietro l’angolo, ma al tempo stesso evitano accuratamente di fornire previsioni troppo precise su quando ciò accadrà.
Il titolo di Rigetti, una società di Berkeley, in California, che valeva quasi 10 dollari ad aprile del 2021, quest’estate languiva sotto i 3 dollari. Ma David Rivas, responsabile dell’ingegneria e del prodotto di Rigetti, è convinto che l’azienda otterrà risultati importanti non appena i suoi computer disporranno di un numero di qubit “da poche centinaia a poche migliaia”. Certo, aggiunge Rivas, queste macchine non potranno eguagliare le prestazioni dei supercomputer di oggi, ma saranno comunque utili se costeranno meno o se svolgeranno più velocemente alcune operazioni. Il premio finale – la potenza quasi illimitata del calcolo quantistico – è talmente alto che difficilmente gli investimenti caleranno troppo. E la rivalità geopolitica tra Cina e Stati Uniti sarà un pungolo costante per avanzare nella ricerca.
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