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19 dicembre 2025

Prestito all'Ucraina, niente fondi russi: il prestito lo garantiscono i contribuenti Ue

Lo stop del Belgio affossa la soluzione sugli asset russi: aiuti a Kiev finanziati con debito europeo
Prestito all'Ucraina, niente fondi russi: il prestito lo garantiscono i contribuenti Ue

Tommaso Carboni
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Tommaso Carboni

Alla fine pagheranno i contribuenti europei. Il Belgio ha opposto una resistenza feroce al piano di usare denaro russo per finanziare l’Ucraina. La sua ostilità tuttavia non è così sorprendente: temeva di restare col cerino in mano, perché la stragrande maggioranza degli asset russi sanzionati a causa della guerra è stata bloccata proprio in Belgio.

I leader Ue, riuniti a Bruxelles, avevano accettato l’idea di condividere il rischio contro le ritorsioni di Mosca. Ma le garanzie chieste dal Belgio sollevavano una montagna dopo l’altra di problemi legali. Col passare delle ore, e l’arrivo dell’alba, i leader Ue hanno capito che bisognava imboccare un’altra strada. E il piano B è ricorrere al debito comune. Saranno i contribuenti europei a farsi carico di un prestito da 90 miliardi di euro – tanti soldi, certo, però non una cifra impossibile: si tratta comunque di appena lo 0,55% del Pil dell’eurozona (Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca, tutte guidate da governi populisti, saranno esentate dal programma, ma il loro peso economico è trascurabile).

Cosa succederà

In pratica succederà questo: l’Ue emette obbligazioni congiunte garantite dal suo bilancio pluriennale e trasferisce il denaro al governo ucraino a tassi d’interesse zero. L’Ucraina è tenuta a restituire il prestito solo se la Russia pagherà un equivalente risarcimento di guerra – cosa improbabile. Nel frattempo gli asset di Mosca restano bloccati e l’Ue si riserva il diritto di usarli per rimborsare il debito se necessario. Il prestito a Kiev in teoria dovrebbe bastare per due anni. In pratica, i soldi finiranno molto prima, e a quel punto bisognerà mettere mano di nuovo al portafoglio.

Far leva sul denaro russo, oltre ad alleggerire le tasche europee, avrebbe avuto un altro vantaggio. Garantire a Kiev una riserva di liquidità più ampia (210 miliardi), spedendo a Putin un messaggio chiaro: l’Ucraina avrà i soldi per combattere ancora a lungo, quindi conviene negoziare sul serio. Così com’è, invece, resta una soluzione a metà del guado. Il dittatore russo non smetterà di pensare che il sostegno europeo, prima o poi, finirà. E finché ci crede, continuerà a combattere (anche perché gli americani, a parte l’intelligence, non mettono più un soldo).

Le recriminazioni non mancheranno, fanno notare in molti. Il piano degli asset russi aveva il sostegno del paese europeo più potente, la Germania. Applicando maggiore pressione, forse, il premier belga avrebbe ceduto. Ma altri leader importanti hanno remato contro, su tutti Emmanuel Macron e Giorgia Meloni (peraltro, i due si sono uniti per far deragliare un altro degli obiettivi del cancelliere tedesco Merz: l’accordo commerciale tra Eu e Mercosur). Italia e Francia hanno invocato lo stato di diritto, la stabilità finanziaria, il rischio di rappresaglie legali di Mosca contro l’Ue. Ma è indubbio che abbiano voluto proteggere anche i soldi delle loro banche e imprese ancora molto legate alla Russia. In fondo, anche questo è un interesse legittimo.

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