Se il digitale corre oggi alla velocità delle luce, Eugenio Scotto è stato visionario nel capire le potenzialità in questo segmento. Classe ‘86, nato a Reggio Calabria, il manager è stato il primo talent scout a investire nel digital in Italia. Inizia a lavorare a 18 anni come assistente personale di Francesco Facchinetti, che Scotto affiancherà per 9 anni fino a quando non deciderà di mettersi in proprio nel 2014 fondando Innov8management.
Negli anni apprende i segreti del lavoro di scouting, poi nel 2017 nasce One Shot Agency, agenzia italiana specializzata in management e comunicazione digital con focus sulla Generazione Z, fondata insieme a Benedetta Balestri e Matteo Maffucci.
Al gruppo fanno capo quattro unità, tra cui One Shot Agency, una talent agency con un roster di numerosi talenti digitali, una che sviluppa strategia e creatività per aziende, un hub di produzione specializzato in live streaming e una label musicale. Si aggiunge Zenzero, la talent agency verticale sul mondo del food nata dalla joint venture con Giallo Zafferano.
Tra i talenti scoperti da Scotto figurano personaggi come Mattia Stanga, Jody Cecchetto, Cecilia Cantarano, Paola Di Benedetto, Frank Matano, Nesli, Chiara Biasi, Francesco Sole, Gordon ed Elisa Maino.
Sei stato il primo talent scout a investire nel digital in Italia. Ma vogliamo ripercorrere i tuoi primi passi?
Innanzitutto, ci tengo sempre a ricordare l’impegno e le difficoltà nel riuscire a costruire una rete di contatti in un contesto che non era il mio, essendo cresciuto fino ai 18 anni a Reggio Calabria. Nel 2006 sono diventato assistente personale di Francesco Facchinetti con cui siamo ancora oggi in ottimi rapporti (è stato il mio testimone di nozze a settembre)
Poi, un pò per svago un po’ per divertimento, ho iniziato a interessarmi a YouTube. Guardavo i video più virali sulla piattaforma e ho notato subito Frank Matano, che all’epoca aveva caricato uno scherzo telefonico online con l’intento di farlo vedere ad alcuni amici a Madrid: un unico video caricato per sbaglio, insomma. In quel momento ho pensato che fosse incredibile come un ragazzino, dalla sua cameretta, fosse in grado di intrattenere a un costo praticamente pari a zero senza un montaggio professionale, una scrittura precisa.
Nel 2006, quindi, mi propongo come manager a Frank Matano, e lui accetta. Con lui ho inventato il primo placement non televisivo, dimostrazione per il mercato di come le piattaforme digitali fossero ormai il nuovo canale di propagazione, anche pubblicitaria.
Il mio modus operandi all’epoca? O la va o la spacca: se qualcuno mi interessava lo contattavo e mi proponevo di seguirlo come manager. Nel 2012, sempre grazie a YouTube, noto Nesli, il primo talent per me nel mondo della musica. Dal 2012 al 2017, anno di fondazione della mia attuale agenzia, ho iniziato la prima vera esperienza di gestione dei talent.
Quando nasce One Shot Agency?
Nel 2017 il numero dei miei talent era cresciuto, e per gestire tutti al meglio avevo bisogno di una struttura che mi permettesse di farlo con agilità e professionalità. Nello stesso anno, Massimo Levantini, tutt’ora socio dell’agenzia, mi aveva contattato con l’intento di fondare una società insieme, ed è stata la spinta che ha portato One Shot Agency in vita.
Con Benedetta Balestri ci siamo incontrati durante una riunione di lavoro in un’etichetta di produzione musicale, aveva una gran voglia di mettersi in gioco e ho preso la palla al balzo: è diventata da subito il mio braccio destro nella gestione del quotidiano e nello stesso anno è entrata come socia.
Con Matteo Maffucci, frontman degli Zero Assoluto, la cosa è andata in modo diverso: frequentavamo gli stessi ambienti e c’era stima reciproca. Quell’anno aveva deciso di prendersi una pausa dal mondo musicale e questo ci ha permesso di conoscerci da un punto di vista diverso.
In tutta onestà oggi mi è difficile immaginare la società senza di loro e One Shot oltre al nome dell’agenzia rappresenta onomatopeicamente quel flash di pochi secondi che ti portano a unirti ad altre persone di talento e attraversare la porta del coraggio per dare vita a un’iniziativa imprenditoriale. One shot è l’istinto che ci ha unito ed è probabilmente quella componente che ci permette alle volte di trovare talent o creator con un quid differente dagli altri.
Come è cambiato negli ultimi anni il volto dello scouting di talent?
Sarò banale, ma credo che il talento non abbia una data di scadenza, e per quanto la società possa cambiare e la tecnologia progredire, sono il fiuto e la curiosità gli ingredienti fondamentali in questo lavoro.
Una cosa sicuramente importante è tenersi al passo con una realtà digitale in continua metamorfosi che prevede la nascita e la maturazione di nuove piattaforme e la loro ibridazione con i mezzi di comunicazione e informazione.
Una volta per il talent scout era più difficile scovare un talento: si trattava proprio di camminare tra la gente, individuare “quel qualcuno” tra la folla (Claudio Cecchetto scoprì Fiorello in un villaggio in Sardegna), però il processo successivo era più semplice: per valorizzarlo, renderlo famoso e conosciuto il passaggio obbligato era la televisione, il mezzo di amplificazione per eccellenza perché era il mezzo che dettava il palinsesto delle famiglie.
Oggi siamo abituati a trovare talenti praticamente ovunque sulle piattaforme social: ogni ragazzo ha la possibilità di parlare di ciò che vuole o esprimere le proprie capacità quando vuole. Quindi per il talent scout scovare un talento per assurdo è più semplice, ma i mezzi per renderlo conosciuto al pubblico sono oggi tantissimi. Prima era più difficile scoprire, ma più facile il debutto mediatico. Oggi, invece, è più facile scoprire ma più difficile mantenere quella riconoscibilità nel lungo termine.
Come capisci che una persona ha talento?
Vivo questo processo in modo molto intimo e personale. Non riesco a concepirlo come un lavoro e basta. Durante il giorno tra i vari appuntamenti, il caos dell’ufficio, mi è impossibile concentrarmi sullo scouting vero e proprio. Fa ridere ma io svolgo questa “ricerca” se così vogliamo chiamarla, di notte. Quando posso prendermi tutto il tempo che voglio, quando ho la mente sgombra, entro sui social come fa l’utente medio e semplicemente scrollo.
Se mi rendo conto che qualcuno più di altri ha catturato la mia attenzione, mi ha impressionato, e soprattutto se mi capita di ripensarci quando mi sveglio, allora lo sottopongo anche ai miei collaboratori. Una cosa importante per me è sempre avere un incontro di persona. Mai dimenticarsi che dietro un talent c’è un essere umano con cui si dovrà lavorare.
Quali grandi personaggi hai ‘scoperto’ finora?
Come ho già detto, Frank Matano è stato il primo. Qualche anno dopo ho notato Chiara Biasi su Facebook, per la sua capacità di influenzare lo stile di chi la seguiva e di generare reazioni. Parallelamente, in ambio musicale, firmo Nesli, Francesco Sole e Gordon, forse il primo intrattenitore social che avesse un successo davvero verticale con il pubblico.
Ho scoperto Elisa Maino quando aveva 13 anni. L’ho incontrata la prima volta con i suoi genitori e lei era così timida che ricordo non mi rivolse mai la parola. Con lei ho tutt’ora un rapporto speciale, mi piace pensare di essere un po’ cresciuti insieme e devo dire che lei di strada ne ha fatta tanta: oggi è la regina indiscussa dei social.
Poi ho conosciuto Paola Di Benedetto l’anno del Covid, con lei abbiamo lavorato a un progetto di conversione: ero convinto che il pubblico non la concepisse realmente per le sue doti. Ho avuto ragione. Oggi è una conduttrice radiofonica e televisiva di successo.
Con Jody Cecchetto, figlio di Claudio, ho un rapporto molto stretto, eravamo amici prima ancora di cominciare a lavorare insieme. La sua forza è la curiosità, non ho ancora scoperto qualcosa che non sia in grado di fare.
Altri talent su cui ho avuto la giusta intuizione e che ancora oggi fanno parte della famiglia di One Shot sono Valeria Vedovatti, che andai personalmente a prendere in macchina in un paesino svizzero, Cecilia Cantarano, Anna Folza e Mattia Stanga, un ragazzo che in poco tempo è riuscito a fare cose incredibili negli ambiti più disparati risultando oggi il talent con il consenso più trasversale. Posso svelare che, per convincere Mattia a firmare, camminai per due ore e quaranta minuti sotto il sole a luglio, e quando concludemmo la chiamata avevamo trovato un accordo ma io, nel frattempo, mi ero anche ustionato la schiena.
Quali sono le nuove sfide che l’era digitale ha introdotto nel mondo dei creator? Quali saranno quelle di domani?
La realtà digitale di oggi ha sicuramente creato tantissima offerta: basti pensare che ormai ognuno di noi possiede uno smartphone. Ogni singolo iscritto a una piattaforma social è un potenziale creator e la conseguenza è una grandissima competitività.
Diventa più difficile fidelizzare una fan base così come una conversione concreta dei prodotti sponsorizzati dall’influencer. Io credo che in ogni campo si guardi alle trasformazioni con spavento, perché il nuovo è sempre una sfida.
Secondo me i creator del futuro avranno sempre di più la necessità di specializzarsi in qualcosa. I social in generale sono un contenitore davvero saturo al momento e chi riesce a emergere, e distinguersi rispetto agi altri, è chi risulta capace di portare un prodotto di qualità, dalla produzione al montaggio.
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