Articolo tratto dal numero di novembre 2023 di Forbes Italia. Abbonati!
“Abbiamo deciso di far evolvere l’identità di Maire e il nostro brand per avvicinarci a ciò che il nostro business esprimeva verso i clienti e il mercato”. Quarant’anni fa Fabrizio Di Amato ha fondato il nucleo di quello che sarebbe diventato uno dei gruppi principali dell’industria ingegneristica italiana. Partito con tre persone e l’entusiasmo dei 19 anni, oggi guida una realtà presente in 50 paesi che conta su circa settemila dipendenti diretti, supportati da oltre 20mila persone – tra partner e filiere – nell’esecuzione dei progetti.
Unbox The Future
Maire ha una visione di grande crescita a lungo termine, raccontata nel piano strategico 2023-32 Unbox the future, presentato a Milano a marzo. Il rebranding non ha solo significato un cambio di logo, ma anche un diverso assetto organizzativo del gruppo e un forte orientamento alla crescita, in termini sia di tecnologia che di ricavi. “L’obiettivo è giocare un ruolo di global leader nella transizione energetica, puntando da una parte sulle soluzioni tecnologiche sostenibili e dall’altra sulla storica capacità ingegneristica e di esecuzione del gruppo”, spiega Di Amato. “La riorganizzazione ha portato alla creazione di due divisioni: sustainable technology solutions e integrated e&c solutions. La prima amplierà il portafoglio tecnologico del gruppo a servizio della transizione energetica sotto il marchio NextChem, assieme a tutti gli altri brand nei vari segmenti. La divisione potrà lavorare in tandem con l’altra unità che rappresenta la nostra storica capacità impiantistica”.
Il progetto ad Abu Dhabi
L’accordo da 8,7 miliardi di dollari – il più grande nella storia di Maire – firmato di recente con la Abu Dhabi National Company (Adnoc) ne è una conferma: “Realizzeremo un grande impianto sulla terraferma per il trattamento del gas che opererà per ridurre gradualmente a zero le emissioni nette di CO2 nel suo complesso, grazie a un design che consentirà, ad esempio, il recupero dell’anidride carbonica estratta dai pozzi”, spiega ancora Di Amato. “Si tratta di un processo nostro, tutto italiano. La dimostrazione chiara di come il nostro Paese, di cui Maire è un alfiere nel mondo, sia un crogiuolo di diverse competenze di altissimo livello. Siamo abituati a pensare al food o al lusso come beni da esportare. Esiste anche un export ad alto valore aggiunto, quello delle competenze e del nostro patrimonio ingegneristico e di innovazione, di cui vogliamo essere il traino”. Di Amato sottolinea come, a pieno regime, al progetto abudabino lavoreranno 30mila professionisti, tra cui 1.500 ingegneri del gruppo, con un impatto sulla filiera italiana di Maire stimabile fino al 40% del valore del contratto.
“Continuiamo”, prosegue, “a evolvere il nostro dna come gruppo. Siamo sempre più technology driven e vogliamo restituire valore alla società. Quello che abbiamo appena conseguito è un esempio coerente con le nostre ambizioni e la volontà di raggiungere grandi risultati per le nostre persone, i nostri azionisti e i nostri stakeholder. Abbiamo costruito un player leader dell’ingegneria, mettendo insieme competenze e tecnologia con più di 100 anni di storia. Ora siamo attori chiave nella transizione energetica. E siamo pronti ad accelerare. Vogliamo utilizzare tutta la nostra esperienza per rispondere alle crescenti richieste del mercato con un nuovo approccio. Quest’anno per noi rappresenta l’inizio di un nuovo viaggio”.
La transizione energetica
Proprio il tema della transizione energetica è la leva centrale per realizzare il piano strategico decennale. “Come imprenditore sento una grande responsabilità: quella di sostenere la trasformazione di cui il nostro pianeta ha bisogno in termini di ambiente e sviluppo”, commenta Di Amato, sottolineando come Unbox the Future preveda un impegno “ad aumentare significativamente la nostra redditività e sostenibilità. Il nostro viaggio futuro sarà supportato da acquisizioni e crescita interna. Inoltre, stiamo lavorando moltissimo per accelerare il raggiungimento dei nostri target di decarbonizzazione (neutralità carbonica al 2030 per le emissioni dirette, al 2050 per quelle indirette), ma anche per valorizzare la componente femminile e giovanile: una sostenibilità declinata sotto ogni profilo. La grande sfida della nostra industria è consentire ai clienti di realizzare gli stessi prodotti con materie prime diverse e ci impegniamo costantemente, con la nostra catena di fornitura, ad assumere impegni comuni”. Una visione che Di Amato ricollega all’accordo siglato ad Abu Dhabi: “Il nostro impegno nel Medioriente è anche un esempio della volontà di quell’area di impegnarsi nella decarbonizzazione dei processi. Si tratta della zona del mondo dove sono maggiori gli investimenti per la transizione energetica. Vogliamo essere protagonisti e partner del cambiamento”.
Il nuovo brand
La nuova brand indentity rappresenta in modo fisico, quasi tangibile, la svolta di Maire. “Era per noi arrivato il momento di accompagnare il nuovo posizionamento con una comunicazione adeguata ai cambiamenti in atto. Di fatto il marchio storico doveva raggiungere il business”, spiega Ida Arjomand, chief marketing officer del gruppo.
Il lavoro di rebranding si è dipanato lungo tre filoni. Il primo ha riguardato il naming, con la semplificazione da Maire Tecnimont a Maire. “L’acquisizione di Tecnimont, un tempo divisione di ingegneria del gruppo Montedison, è stata uno step importante per la crescita del nostro gruppo”, racconta Arjomand. “Eravamo consapevoli dell’impatto che avrebbe avuto cambiare il nome. Per questo ci siamo confrontati con le tante voci del mercato. Il feedback che abbiamo ricevuto ha consolidato la nostra percezione: Maire era giustamente considerata la capogruppo e Tecnimont la società specializzata nell’e&c su larga scala”.
Il secondo filone di lavoro ha riguardato l’estetica del brand: “Cercavamo un marchio più visibile, adatto ai tempi e alla grammatica del digitale, riconoscibile per impatto, linee e colori. Il nuovo logo è un’evoluzione dei tre archi di Maire Tecnimont. Si tratta di una forma più tridimensionale, solida, in grado di incarnare i tre pilastri – economico, sociale e ambientale – della sostenibilità.”
Le tre dimensioni sono richiamate anche nel nuovo purpose: ‘We believe in a future where humanity, industries, and the planet can all thrive’. Infine, il payoff ‘Make to inspire’ – dalla cui crasi delle sillabe chiave si forma il nome Maire, richiama, secondo Arjomand, l’approccio concreto dell’azienda: “Make è una chiamata verso un luogo attrattivo dove poter fare la differenza, aiutando il mondo a prosperare, svilupparsi e crescere”.
Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Forbes.it CLICCANDO QUI .
Forbes.it è anche su WhatsApp: puoi iscriverti al canale CLICCANDO QUI .