Elon Musk ha detto alle aziende che hanno smesso di comprare pubblicità su X per via di preoccupazioni sull’antisemitismo della piattaforma di “andare a farsi fottere” e si è rivolto direttamente all’amministratore delegato della Disney, Bob Iger. Poche ore dopo, un gruppo di utenti di destra ha promosso un boicottaggio di Disney+, lanciando un appello per la cancellazione degli account.
I fatti chiave
- Molti utenti di destra di X hanno lanciato un appello in cui hanno chiesto agli utenti di Disney+, il servizio di streaming di Disney, di cancellare l’abbonamento. L’account End Wokeness ha pubblicato le istruzioni per la cancellazione e ha commentato: “Smettete di dare soldi a persone che vi odiano”.
- L’appello segue alla decisione della Disney di sospendere l’acquisto di pubblicità su X, annunciata a novembre. Disney si è aggiunta così a una lista di aziende che comprende Apple, Ibm, Lionsgate e Xfinity. La fuga da X è arrivata dopo un rapporto che ha individuato pubblicità su X affiancate a messaggi filonazisti e dopo che Musk ha appoggiato un post largamente condannato in quanto antisemita.
- La decisione della Disney di non comprare più pubblicità su X potrebbe costare alla piattaforma milioni di dollari. Per ottenere un effetto comparabile, l’appello al boicottaggio di Disney+ dovrebbe raggiungere gran parte dei 146 milioni di abbonati (dato di agosto).
- Mercoledì, al DealBook Summit del New York Times, Musk ha accusato gli inserzionisti fuggiti di “ricattarlo” e ha detto loro di “andare a farsi fottere”. Si è rivolto in particolare a Iger, che era tra il pubblico, dicendo: “Ciao Bob”.
- Iger, che è intervenuto a sua volta all’evento, ha dichiarato di avere “grande rispetto per Elon e per ciò che ha realizzato”, ma si è detto contrariato dall’appoggio di Musk al post su X. “Quando ha preso quella posizione pubblica, abbiamo ritenuto che associarci a quella posizione, a Elon Musk e a X non fosse positivo per noi”.
Quanto costa a X la fuga degli inserzionisti
Secondo il New York Times, X potrebbe perdere fino a 75 milioni di dollari di mancati introiti pubblicitari per via della fuga di dozzine di aziende, tra cui Airbnb, Coca-Cola, Disney, Ibm, Microsoft e Xfinity.
Il contesto
Ibm è stata tra i primi inserzionisti di alto profilo che hanno sospeso l’acquisto di pubblicità sulla piattaforma a novembre dopo un rapporto della no profit di sinistra Media Matters for America, che ha rilevato come le pubblicità dell’azienda – al pari di quelle di Apple, Oracle e Xfinity – apparissero vicino a post neonazisti e a messaggi che elogiavano Adolf Hitler. Musk ha detto che l’organizzazione ha fatto di tutto per giungere a questo risultato e che l’esito della ricerca è molto lontano dall’esperienza di un utente medio. X Corp. ha poi intentato una causa per diffamazione contro Media Matters.
Musk è stato attaccato anche per avere condiviso su X un post in cui un utente affermava: “Le comunità ebraiche stanno promuovendo l’esatto genere di odio dialettico contro i bianchi che vogliono che la gente non usi più contro di loro”. Musk ha scritto che questa è “la vera verità”. Anche la Casa Bianca ha condannato il post in una dichiarazione che ha definito l’affermazione “un’abominevole promozione di odio antisemita e razzista”. Mercoledì Musk si è scusato per il post e ha ammesso che è stata “una delle cose più stupide, se non la più stupida, che abbia mai fatto” sulla piattaforma.
Il numero
7,2 miliardi di dollari. Questa è la cifra spesa da Disney in pubblicità nell’anno fiscale 2022: più che nel 2021 (5,5 miliardi) e nel 2020 (4,7 miliardi).
Un fatto collegato
Disney è diventata l’ultima tra le tante grandi aziende che hanno attirato le ire dei critici di destra, soprattutto online. Quest’anno Bud Light ha ricevuto duri attacchi da esponenti di destra, tra cui gli opinionisti Candace Owens e Ben Shapiro, dopo avere lanciato una partnership con Dylan Mulvaney, star transgender di TikTok. La catena di fast food Chick-fil-A è stata criticata per avere assunto un responsabile della diversità, dell’uguaglianza e dell’inclusione nel 2021, Adidas per una campagna di marketing che includeva costumi adatti anche ai transgender, Target per la linea di prodotti Lgbtq Pride.
In seguito agli attacchi, Target ha ritirato i prodotti a fine maggio, appena una settimana prima dell’inizio del mese del Pride. Ha dichiarato che le minacce e le critiche stavano “colpendo la sicurezza e il benessere dei dipendenti”. La mossa ha a sua volta suscitato la reazione della comunità lgbtq, secondo cui l’azienda si sarebbe piegata alla pressione della destra.
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