La nuova legge di Bilancio, approvata a fine dicembre alla Camera, ha confermato per tutto il 2024 il taglio del cuneo fiscale. Una misura che andrà a combinarsi con la riforma Irpef, con l’accorpamento dei primi due scaglioni in un’aliquota unica al 23% per redditi fino a 28mila euro. Il taglio contributivo sarà fino al 7% per i redditi fino a 25mila euro e del 6% per i redditi fino a 35mila.
L’indagine di Ey e Swg Lavoro e attrattività, a che punto siamo in Italia?, che ha coinvolto più di 500 manager e imprenditori italiani, dimostra come la riduzione del cuneo fiscale sia una delle priorità assolute per le persone.
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In particolare, il 76% di loro ritiene che sia necessario fare riferimento alla qualità del lavoro per progettare politiche efficaci, mentre il 70% pensa che l’aumento dell’occupazione sia legato a posizioni poco qualificate e nasconde le grosse difficoltà che le aziende hanno a individuare personale qualificato.
Il tema del lavoro al centro del dibattito
“Da troppo tempo il tema del lavoro non è al centro del dibattito, invece è assolutamente centrale. Si tratta di un tema fondamentale per incidere sull’attrattività del Paese e delle aziende italiane. Ne sono convinti anche i manager e gli imprenditori che abbiamo intervistato insieme a Swg: per il 74% politiche del lavoro non all’altezza della situazione penalizzano l’attrattività del Paese”, dichiara Stefania Radoccia, managing partner dello studio legale e tributario di Ey.
“In questo momento, inoltre, il livello di fiducia non è altissimo: circa la metà degli intervistati non è sicuro che si potranno realizzare tutti gli interventi necessari. È quindi fondamentale muoversi rapidamente e in modo efficace e immettere fiducia nel sistema, attraverso una riforma organica, una vera e propria politica industriale del lavoro, per incidere in maniera concreta ed efficace sull’attrattività del Paese”.
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Le difficoltà nel reperire personale qualificato
Secondo la ricerca, inoltre, tre aziende su quattro cercano o hanno cercato personale nell’ultimo anno e, nel complesso, il 62% ha riscontrato difficoltà legate in primo luogo (59%) alla mancanza di candidati adeguatamente qualificati. Circa il 70% del campione ritiene che oggi sia molto difficile reperire personale con qualifiche e competenze coerenti con le esigenze aziendali.
Dalle interviste con i manager e gli imprenditori emergono quattro priorità chiave. Al primo posto c’è l’implementazione di misure per favorire la conciliazione dei tempi di vita e lavoro per le famiglie (82%). A seguire caldeggia un abbattimento del cuneo fiscale (81%), un incremento dell’offerta formativa professionalizzante (81%) e la semplificazione delle procedure amministrative per la gestione del personale da parte delle aziende (81%).
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Il lavoro del futuro? Sempre più automatizzato
Guardando in prospettiva, l’82% del campione è d’accordo nel ritenere che il lavoro del futuro sarà più automatizzato e l’81% che richiederà profili professionali sempre più specializzati.
“La trasformazione tecnologica iper-accelerata avrà un impatto notevole sulle dinamiche lavorative a livello nazionale e globale. È fondamentale che la formazione, intesa anche come upskilling e reskilling, si parli con la politica industriale del Paese. Soltanto attraverso l’incrocio di queste due variabili saremo in grado di incidere concretamente su salari, produttività e innovazione”, prosegue Radoccia.
“E in questo è cruciale il ruolo del governo: il 52% degli intervistati si aspetta che il governo assuma un ruolo di guida e da protagonista, fiancheggiato dalle aziende (32%) in una logica di sistema”, prosegue Radoccia.
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