Articolo tratto dal numero di dicembre 2024 di Forbes Italia. Abbonati!
È come se le avesse vinte anche lui, le elezioni. “È nata una nuova stella: Elon!”, ha esclamato Donald Trump nella notte del suo trionfo elettorale. E si è messo anche a descrivere, in una lunga e bizzarra digressione, il “lucente e bellissimo razzo bianco” di SpaceX, che una settimana prima era rientrato in equilibrio alla base, avvolto nelle fiamme, dopo un volo di prova nello spazio. Per Elon Musk un colpo tecnologico notevole: significa che in futuro non dovrà costruire nuovi razzi a ogni lancio. Ma il vero colpaccio è aver scommesso così tanto su Trump. È stato il suo fan più entusiasta, oltre che il più generoso sostenitore finanziario.
L’effetto Trump su Tesla
Musk deve aver pensato d’istinto: o tutto o niente. Poteva andargli male, una nuova amministrazione democratica lo avrebbe preso di mira, invece ha trionfato anche lui. Nessun altro ceo americano è mai arrivato così vicino ai corridoi del potere presidenziale. Ma Trump… beh, è Trump, imprevedibile, caotico, e quei corridoi rischiano di essere pieni di trappole. Del resto altri grandi uomini d’affari avevano collaborato con lui nel suo primo mandato, come Rex Tillerson di ExxonMobil e Gary Cohn di Goldman Sachs, per poi pentirsene amaramente. L’amore nato in fretta tra Musk e The Donald, due spacconi egomaniaci, altrettanto in fretta potrebbe dissolversi, quando la nuova amministrazione entrerà a regime. Ma per il momento ci sono solo vantaggi.
Il 6 novembre le azioni di Tesla sono schizzate su del 15%, una delle migliori performance dell’S&P 500. Da allora Musk ha guadagnato quasi 50 miliardi di dollari e ora ha una fortuna di 431 miliardi (dato aggiornato al 12 dicembre). Molti ora dicono che l’uomo più ricco del mondo potrebbe diventare il primo trilionario – patrimonio di 1.000 miliardi di dollari – della storia. In fondo Musk sta facendo il suo lavoro, semplicemente lo fa in modo più acrobatico e spregiudicato di altri. E il lavoro dell’imprenditore è anche questo: stare a contatto con il potere politico e tentare di influenzarne le decisioni a proprio vantaggio. Cosa cerca Musk da Trump? Quello che cercano tutti: appalti, favori, meno ostacoli, norme più permissive.
Un Trump più potente che mai
Gli altri leader delle grandi società tech americane hanno ingoiato il rospo e fatto buon viso a cattivo gioco, dopo che molti avevano finanziato la campagna perdente di Kamala Harris. Quando Trump è stato eletto la prima volta, nel 2016, la Silicon Valley aveva reagito con orrore. Questa volta i ceo di Amazon, Apple, Google, Meta e Microsoft hanno postato congratulazioni e moderato sostegno sui social media. Cosa è cambiato? Probabilmente stanno tutti realizzando che nei prossimi quattro anni ci sarà un Trump molto più potente di prima. Domina il partito repubblicano, si circonderà di persone che lo assecondano. E poi c’è il fatto che quelle aziende durante il governo Biden sono finite sotto la lente delle autorità regolatorie, affrontando continue minacce antitrust. Negli ultimi anni la ricchezza (profitti record, azioni alle stelle) e l’influenza delle big tech sono esplosi; molti ceo però dicono che questo è avvenuto nonostante la Casa Bianca, non grazie a essa.
Biden ha affidato la politica antitrust alla coriacea Lina Khan, giovane laureata in legge a Yale, che causa dopo causa ha tentato di ridurre il potere monopolistico della corporate America. Khan ha bloccato fusioni, preso di mira monopoli tech e monitorato le collaborazioni tra startup di intelligenza artificiale e grandi aziende, compresa Microsoft. J. D. Vance, il futuro vice presidente, ha detto più volte di ammirarla, e questo ci dà la misura delle contraddizioni nel movimento Maga (Make America Great Again). Vance, con un passato da venture capitalist, in realtà è imbevuto di populismo economico. In un comizio di luglio ha dichiarato: “Abbiamo finito, signori e signore, di assecondare Wall Street. Da ora pensiamo al lavoratore comune”. Se fosse per lui, potrebbe persino tenere Khan alla guida della Federal Trade Commission. Trump, che certo non è un campione di antitrust, non seguirà questa strada. Musk ha immediatamente scritto su X: “(Khan) verrà presto licenziata”.
Un matrimonio d’interessi
Quest’anno il dipartimento di giustizia americano ha vinto una storica sentenza contro Google nel settore della ricerca, mentre sono state intentate altre cause contro Apple, Meta e Amazon per il loro strapotere di mercato. Trump potrebbe nominare qualcuno con un approccio molto più leggero, a cui verrebbe chiesto di abbandonare le varie cause di monopolio. Il nuovo presidente, spingendo per meno divieti, potrebbe fungere anche da catalizzatore di nuove fusioni aziendali e accordi di private equity. Gli analisti spiegano che, durante gli anni di Biden, le grosse società come Microsoft, Google e Amazon, anziché comprare le startup di IA più promettenti, ne assumevano i fondatori o prendevano in licenza la loro tecnologia, aggirando così i controlli standard dell’antitrust. Blandendo Trump, i big del tech vorrebbero liberarsi di questi lacciuoli. Un matrimonio d’interessi pericoloso. Da una parte un presidente autoritario (e delinquenziale), dall’altra un’industria sempre più potente, che tra l’altro vuole sviluppare al massimo l’ultima frontiera dell’intelligenza artificiale.
Questo sarà il tema più caldo nel dibattito sulle politiche per il settore tech. La difficoltà è costruire regole che garantiscano la sicurezza senza tarpare l’innovazione. Trump non ha delineato un approccio preciso, ma molti prevedono una mano più leggera. Intanto ha promesso di cancellare un ordine esecutivo sull’IA emesso da Biden, che rifletteva un approccio più cauto dei democratici; orientato, a detta degli esperti, verso standard di sicurezza dei modelli e protezione dei diritti piuttosto che un’innovazione senza limiti. Ma Trump ha anche espresso preoccupazione per questa nuova tecnologia, definendone le capacità “allarmanti”. È probabile che ne abbia una conoscenza superficiale e veda la questione soprattutto attraverso la lente dello scontro militare con la Cina. È anche possibile che ne abbia discusso con Musk. Il padrone di Tesla, che ha investito moltissimo in intelligenza artificiale, fa parte di quella branca di esperti secondo cui l’IA, se sviluppata in modo incontrollato, rappresenterebbe una minaccia esistenziale per il genere umano. Ma altri esperti considerano lo scenario Terminator, cioè macchine crudeli che sfuggono al nostro controllo, un’esagerazione del tutto improbabile.
La sfida alla Cina prima di tutto
Secondo Vance, che in Silicon Valley ha avuto come mentore Peter Thiel, gli ammonimenti catastrofici dell’industria nascondono obiettivi molto più concreti e cinici; introdurre norme stringenti che bloccano la concorrenza proteggendo grosse società già affermate. Figure come Vance e Thiel potrebbero spingere, quindi, per una regolamentazione sulla tecnologia più ridotta. Esiste anche nella destra americana il dibattito se siano meglio modelli open source, come quello di Meta, o modelli chiusi, come Gpt-4 di OpenAI. Alcuni sono favorevoli alla trasparenza open source (tra questi Vance, e in realtà anche Musk), altri preferiscono la cosiddetta scatola nera. Il timore di questi ultimi è che la tecnologia finisca in mani sbagliate. Ad esempio, il modello aperto di Meta pare sia già stato usato dalla Cina per scopi militari. In questo Trump seguirà la strada di Biden: America First e dura competizione con la Cina. Vuole bloccare le esportazioni di tecnologia verso la Cina e accelerare lo sviluppo di infrastrutture IA negli Usa, tra cui centri dati e produzione di chip, senza però l’ostacolo delle regole ambientali.
Un altro campo di battaglia saranno i social media. Meta ha collaborato con il governo Biden per limitare la disinformazione. I trumpiani l’hanno visto come un assalto clamoroso alla libertà di parola. Bannato da Facebook, Trump ha definito Zuckerberg “nemico del popolo” e ha incoraggiato TikTok a fargli concorrenza. Due anni fa ha detto che avrebbe firmato, se fosse stato rieletto, un ordine esecutivo per vietare alle agenzie federali di “collaborare con qualsiasi organizzazione, azienda o persona per censurare, limitare o impedire la libertà di parola dei cittadini americani”. Negli ultimi tempi Zuckerberg sembra tentare manovre di riavvicinamento. Ha criticato Biden per una presunta censura di Facebook ai tempi del Covid. E ha chiamato Trump “badass”, cioè “tosto”, per come si è rialzato, agitando il pugno e scandendo le parole “fight, fight, fight”, dopo essere stato ferito in un tentativo di assassinio durante un comizio. Quando poi Trump ha stravinto le elezioni, Zuckerberg si è congratulato per la sua “vittoria netta”, aggiungendo: “Non vedo l’ora di lavorare con lei”. Ma è chiaro che in pole- position c’è X di Elon Musk, pronto a cavalcare l’onda Trump con tutto ciò che ne consegue: disinformazione e partigianeria estrema.
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