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Dove e come investe Giorgio Chiellini: “Il mio rimpianto? Il Bitcoin”

Democratizzare l’accesso agli investimenti in startup, permettendo a chiunque di essere parte di una rivoluzione imprenditoriale che guardi alle idee, alle persone e ai numeri. È attorno a questa filosofia di pensiero che Giorgio Chiellini, storico pilastro della Nazionale e della Juventus (dove adesso ricopre il ruolo di head of football institutional relations) ha portato in Italia, insieme all’imprenditore francese Thomas Rebaud e a Nicolas Nati, Akka.app, piattaforma che ha l’obiettivo di investire da 50 a 100 milioni in tutta Europa nei prossimi 24 mesi.

Chiellini, come mai ha deciso di lanciarsi in questa avventura?

Volevo trasformare la mia passione per l’innovazione tecnologica e per gli investimenti in un progetto concreto, in cui spendermi in prima persona. Un’idea che è cresciuta sempre di più nella mia testa durante l’esperienza in California (dopo l’addio alla Juventus Chiellini, nell’estate del 2022, si è trasferito al Los Angeles Fc, ndr). Lì ho conosciuto tanta gente nuova e ho avuto la possibilità di valutare i margini di crescita in questo mondo. Gli stimoli intellettuali di questo ecosistema sono incredibili, ho scoperto una nuova passione. Il mio network e il mio patrimonio mi hanno permesso negli anni di accedere a opportunità esclusive. La missione di Akka, ossia rendere queste opportunità accessibili a più persone, mi appassiona e mi stimola. Portare capitale privato in un ecosistema che necessita di grandi investimenti è un catalizzatore di crescita senza precedenti.

E cosa ha capito in più rispetto a prima? Quali sono i limiti quando si guarda agli investimenti in startup?

Quanto fossero ancora inaccessibili al grande pubblico. Ecco perché, oltre a coinvolgere tante persone, ci siamo posti l’obiettivo di democratizzare sempre di più questo settore. E non vediamo l’ora di iniziare la parte più divertente: i primi lanci, i primi incontri. Sarà entusiasmante e sfidante allo stesso tempo. Basti pensare che abbiamo in target di realizzare 10-15 investimenti l’anno, circa uno ogni tre settimane.

Non le pesa il fatto di doversi scrollare di dosso un’etichetta pesante, quella del calciatore che vuole insegnare agli altri come investire?

Assolutamente no. Ho le spalle larghe. E poi non stiamo parlando della Giorgio Chiellini Srl, ma di un progetto guidato da un team di 20 persone che cerca ogni giorno di scovare opportunità. Quelle stesse opportunità che mi hanno permesso, in questi mesi, di conoscere tante persone di varie estrazioni sociali: da investitori a giovani startupper, fino a figure senior nel mondo della finanza e grandi imprenditori. Stiamo parlando di un percorso che ha come meta la creazione di un network importante.

Un network che sta quindi cercando di prendere solo il meglio dalla sua fama?

Penso e spero di sì. Se la mia figura, il mio background, può aiutare a portare nuovi capitali in questo settore, ben venga. Anche perché, se da una parte sono veramente tanti i ragazzi e le iniziative che meritano di emergere sul mercato, dall’altra sono altrettante le persone che non avevano la possibilità di investire in queste iniziative. E non solo per mancanza di capitali, ma anche di conoscenze, esperienza e tempo. Tema che io stesso ho vissuto sulla mia pelle nei primi anni e che ora continuo a sviluppare con Akka. Voglio dare questa opportunità a quante più persone possibili.

Entrando più sul personale, qual è l’investimento di cui va più fiero?

Direi Nora Health, una startup creata da due ragazzi italiani che si sta facendo strada nel settore dell’healthcare negli Stati Uniti e che in pochi anni ha già raggiunto traguardi e numeri molto interessanti. Inoltre sono molto contento che abbia convinto anche il mio amico Gigi Buffon, che per me è un fratello maggiore.

E un rimpianto invece?

Il bitcoin e, in generale, il mondo delle criptovalute e della blockchain. Più di dieci anni fa un mio caro amico notaio mi disse: ‘Occhio che in futuro gli atti seguiranno questa scia’. Ma non lo ascoltai. E non perché non mi fidassi di lui, ma perché avevo troppa poca conoscenza e competenza in materia. Non sapevo di cosa stesse parlando, era troppo complesso per me.

In compenso ha creduto in un’azienda che poi sarebbe diventata una big mondiale: Amazon.

Ne sono veramente fiero, anche se ho un po’ di rammarico, perché avrei dovuto investirci di più (sorride, ndr). Per dare un’idea, ci puntai a cavallo tra il 2008 e il 2010 e mi garantì una performance incredibile. 

Come sceglie le società in cui investire?

Prima di tutto partiamo dall’idea, poi, se è valida, ci focalizziamo sulle persone che sono il fulcro di quel progetto. Mi piace incontrarle, conoscere la loro storia e capire se possono gestire un’azienda. Se entriamo in sintonia e mi convincono, allora poi passiamo alla fase dell’analisi del mercato di riferimento, del business e della potenziale crescita economica. Quindi, sintetizzando: idee, persone e attenzione al business.

Capitolo calcio. Se dovesse scegliere tre momenti felici della sua carriera, quali sceglierebbe?

Sicuramente la vittoria dell’Europeo a Wembley e il primo dei nove scudetti consecutivi, quello conquistato a Trieste. Sono stati tutti incredibili, ma quando torni in Paradiso è ancora più bello. Poi sceglierei gli addii, tutti. Sono momenti indelebili, anche più degli esordi, perché sei così emozionato che non te li godi appieno. Peraltro, sono molto fiero del fatto di aver chiuso un’esperienza nel migliore dei modi e al momento giusto.

Cioè?

Quando ho lasciato la Juventus o la Nazionale, tanto per fare un esempio, l’ho fatto perché avevo capito che non potevo più essere all’altezza di entrambe. Sarebbe stato ingiusto nei miei confronti e nei confronti di entrambe le squadre restare e non garantire quella continuità e quella forma che merita un gruppo come la Juventus o la Nazionale. Non potevo essere Giorgio Chiellini solo per alcune partite l’anno, e non per tutte.

E le delusioni più grandi?

La rottura del crociato nel 2019. E non per l’infortunio in sé, ma per il post. Non riuscivo a tornare quello di prima. A un certo punto ho anche pensato di smettere. Poi, direi le due mancate qualificazioni ai Mondiali, in particolare la prima dopo Italia-Svezia. Infine, la finale di Champions League che non ho potuto giocare a Berlino, contro il Barcellona. Sono stato bene tutto l’anno e non poter giocare la finale mi ha lasciato un forte amaro in bocca. 

E la finale di Champions persa contro il Real Madrid?

Almeno quella l’ho giocata (ride, ndr). Secondo me eravamo più forti nel 2015, ma più maturi nel 2017. Abbiamo però incontrato squadre più forti di noi ed è finita così

 Chi sono l’avversario e il compagno di squadra più forti che ha sfidato e con cui ha giocato?

È lo stesso: Cristiano Ronaldo.

Il difensore più forte della Serie A attuale?

Bremer. E sono convinto che tornerà alla grande dall’infortunio.

Chiudendo, come si è evoluto secondo lei il mondo del calcio?

Soprattutto in fisicità e velocità. Quindi anche se non ritroviamo più giocatori come Del Piero, Totti, o Cannavaro, tanto per citarne alcuni, adesso abbiamo calciatori come Bastoni, Calafiori, Vinicius, Mbappé. Se prima magari c’era più qualità, comunque si correva meno rispetto a ora. È quindi normale che ci siano profili diversi rispetto al passato. Fa parte del gioco.

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