Da non perdere |Best in Class
24 ottobre 2025
Il Consorzio trasforma i rifiuti pericolosi in risorse rigenerabili riducendo l'inquinamento e le emissioni con soluzioni concrete.
Di Andrea Bocchini
In Italia l’economia circolare non è più solo una prospettiva: in alcuni settori è già una realtà consolidata. È il caso del Conou, il Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati, che da oltre 40 anni rappresenta un unicum nel panorama europeo per capacità organizzativa, risultati ambientali e modello gestionale. Nato nel 1982, il Consorzio è oggi il primo sistema in Italia per la raccolta e la rigenerazione di oli lubrificanti esausti: un rifiuto pericoloso che, se disperso nell’ambiente, può inquinare milioni di litri d’acqua ma che, grazie al ‘modello Conou’, diventa una risorsa rigenerabile e riutilizzabile. Alla vigilia di Ecomondo, dove il Consorzio parlerà del proprio ‘modello’ come caso di successo dell’economia circolare, Riccardo Piunti, presidente del Conou, ha approfondito principi e prospettive di questa esperienza italiana che oggi fa scuola in Europa.
Presidente Piunti, la transizione verso l’economia circolare non è semplice e incontra ancora molte resistenze. Qual è, in questo contesto il ruolo del Conou e come il suo modello può favorire un cambiamento reale?
Il passaggio da economia lineare a economia circolare presenta inevitabilmente difficoltà e inerzie, anche perché può interferire con interessi economici consolidati. In molti paesi europei, ad esempio, circa il 40% dell’olio usato viene ancora utilizzato come combustibile. Quando la Commissione europea ha ipotizzato di fissare un limite minimo dell’85% alla rigenerazione, ben oltre l’attuale 60% medio, l’iniziativa è stata accantonata. L’economia circolare è, di fatto, uno stravolgimento del modello tradizionale e richiede un sistema organizzativo dedicato, non affidato solo al mercato o agli incentivi. Il modello consortile, di cui il Conou è antesignano, è esattamente questo sistema.
Qual è, in termini pratici, il modello operativo del Conou – dalla raccolta alla rigenerazione degli oli usati – e quali sono gli aspetti innovativi che lo distinguono in Italia e in Europa?
Il nostro modello si fonda su sei pilastri. Primo: il Conou non ha fini di lucro, ma esclusivamente ambientali, e questo gli consente di raccogliere e rigenerare tutto, fino all’ultima goccia. Secondo: è indipendente, con un management autonomo dalle categorie consorziate, capace di garantire fiducia e trasparenza nella gestione del contributo ambientale. Terzo: è unico, quindi evita vuoti di raccolta o distorsioni di mercato. Quarto: è garante della priorità alla rigenerazione, come previsto dalle direttive europee. Quinto: è esattore del contributo ambientale, che riscuote in modo efficiente e unificato. Sesto: è standardizzatore, perché definisce gli standard qualitativi ed etici per le imprese coinvolte nella filiera, dall’olio raccolto a quello rigenerato.
A oggi quali sono i risultati più significativi conseguiti da Conou in termini di quantità raccolta, tassi di rigenerazione ed emissioni evitate?
Nel 2024 abbiamo raccolto 188.000 tonnellate di olio minerale usato, rigenerandone il 98%. È un risultato unico in Europa: la media europea si ferma intorno al 60%, mentre negli Stati Uniti il tasso di rigenerazione è del 52%. Questo significa ridurre le emissioni di gas serra, evitare l’inquinamento di suolo e falde e, allo stesso tempo, recuperare basi lubrificanti di qualità da un rifiuto pericoloso. Tutto questo si traduce anche in risparmio energetico e indipendenza economica per il nostro Paese.
Quali sono state le principali difficoltà affrontate in questi anni e come le avete superate?
Se dovessi riassumere in una parola, direi qualità. L’olio usato è un rifiuto sporco e contaminato, ma attraverso una gestione rigorosa della qualità in ogni fase – dal produttore al raccoglitore fino al rigeneratore – siamo riusciti a ridurre al minimo la quota non rigenerabile, che oggi è solo del 2%. Abbiamo investito in tecnologie, formazione e controlli per assicurare che l’olio rigenerato fosse equivalente a quello vergine. È questa attenzione alla qualità che ha reso possibile la nostra ‘circolarità totale’.
Quanto pesa la componente comunicativa nel successo del modello Conou?
All’inizio è stato fondamentale educare i cittadini: molti, nel fai da te, smaltivano l’olio nelle fogne. Poi abbiamo lavorato con i raccoglitori per migliorare la qualità del rifiuto, evitando contaminazioni. Oggi comunichiamo sempre di più anche ai giovani, per trasferire loro la consapevolezza che l’economia circolare non è un concetto astratto ma una necessità concreta per il futuro del Pianeta. È giunto anche il momento di raccontare il nostro modello organizzativo, che può essere replicato da altre filiere in Italia e all’estero.
Guardando al futuro, quali sono le principali sfide per il settore?
La prima è l’armonizzazione normativa a livello europeo, che dovrebbe ispirarsi ai modelli di successo come il nostro. La seconda è la digitalizzazione: abbiamo già lanciato un’app che collega meccanici, autisti e imprese di raccolta, e continueremo a investire in tecnologie per migliorare tracciabilità e trasparenza. Infine, c’è la sfida del passaggio generazionale: molte aziende del settore sono familiari, e la digitalizzazione può aiutare anche in questo ricambio.