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17 novembre 2025

Cosa cambia davvero in un ristorante dopo le stelle Michelin

Tre ristoranti italiani raccontano come il riconoscimento trasforma clienti, squadra e organizzazione
Cosa cambia davvero in un ristorante dopo le stelle Michelin

Federico Silvio Bellanca
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Federico Silvio Bellanca

Ogni autunno, quando la Michelin aggiorna la sua mappa del valore gastronomico, l’attenzione generale si concentra sulle assegnazioni, sulle sorprese, sulle conferme. Ma il riconoscimento, nel momento stesso in cui arriva, produce un effetto immediato che supera l’emozione della cerimonia. Una stella, o un passaggio di categoria, non è soltanto un sigillo di qualità: è la ricalibratura dell’intero sistema-ristorante. Cambiano i flussi di prenotazione, cambia la percezione del pubblico, cambiano gli equilibri interni, cambiano le responsabilità. È una transizione che va oltre l’impatto mediatico e coinvolge tutti gli ingranaggi della macchina gastronomica.

Per comprendere come questo cambiamento si manifesti concretamente, abbiamo raccolto le testimonianze di tre realtà che nell’ultimo anno hanno attraversato passaggi differenti ma accomunati dallo stesso salto di scala: Achilli al Parlamento, che ha ottenuto la prima stella; Campo del Drago del Rosewood Castiglion del Bosco, passato da una a due; Casa Perbellini – 12 Apostoli, che ha raggiunto il vertice delle tre stelle. Tre casi diversi, accomunati dallo stesso interrogativo: cosa succede davvero il giorno dopo?

La prima stella

Achilli al Parlamento rappresenta bene l’impatto della prima stella, quella che modifica la traiettoria di visibilità di un ristorante, ne accelera il riconoscimento pubblico e ne ridefinisce l’orizzonte delle aspettative. Lo chef Pierluigi Gallo, che ha guidato la trasformazione del ristorante romano negli ultimi anni, descrive il riconoscimento come un momento che amplia la responsabilità senza alterare la sostanza del lavoro quotidiano. “Ricevere la stella Michelin è uno dei traguardi più importanti per uno chef ed il ristorante che la ottengono. L’importanza di questo riconoscimento non  cambia  l’impegno o la dedizione che si mettono ogni giorno in questo lavoro ma aiuta e stimola la crescita” osserva. Il cambiamento riguarda anche la percezione interna: “. La stella porta consapevolezza di poter fare sempre meglio e la responsabilità di rendere felici i propri clienti, è un percorso di crescita che non si ferma mai perché si cerca sempre di creare un’esperienza nuova ma sempre senza perdere la propria identità.”

Nel caso di Achilli, la stella ha agito come un acceleratore di fiducia interna e come un catalizzatore di crescita strutturata. La cucina di Gallo, costruita su memoria e ricerca, ha confermato la propria identità senza ricorrere a salti bruschi. “La stella è uno stimolo, non un punto d’arrivo. Ti chiede di non smettere mai di migliorare, senza perdere identità,” aggiunge.

La seconda stella

Se la prima stella amplia la visibilità, il passaggio alla seconda introduce un cambiamento strutturale che coinvolge ogni ambito dell’attività. Nel caso di Campo del Drago al Rosewood Castiglion del Bosco, l’aumento di categoria ha investito tanto la cucina quanto la gestione complessiva dell’offerta gastronomica del resort. Matteo Temperini descrive la seconda stella come un amplificatore immediato: più attenzione da parte dei media, più richieste, più curiosità da parte di un pubblico internazionale che spesso sceglie di viaggiare appositamente per provare un’esperienza “stellata”. “La visibilità aumenta subito, così come l’attenzione ai dettagli: la seconda stella richiede un livello di costanza molto più rigoroso,” osserva, mettendo l’accento su un aspetto cruciale della nuova fase operativa.

L’effetto più evidente riguarda la domanda e la tipologia dei clienti. Il ristorante registra un incremento delle prenotazioni e un afflusso di ospiti più esigenti, attenti a ogni elemento dell’esperienza. “Cambia la clientela: arrivano ospiti che viaggiano appositamente per provare il ristorante e questo modifica l’approccio al servizio, che deve essere impeccabile,” spiega Temperini. Questa trasformazione rende necessario un controllo più serrato dei processi interni, dalla mise en place alla selezione delle materie prime, perché ogni passaggio diventa parte di un sistema di aspettative molto più rigoroso. Come sottolinea lo chef, “La pressione è inevitabile. Una stella in più significa che non puoi permetterti flessioni. Ogni piatto deve parlare con chiarezza.”

Il riconoscimento incide anche sulla crescita professionale del team, elemento che Temperini evidenzia come centrale. L’aumento di categoria apre opportunità nuove, tanto per il ristorante quanto per le persone che lo compongono: collaborazioni, eventi, possibilità di formazione e una credibilità maggiore nei confronti del settore. “Il riconoscimento apre molte opportunità, ma soprattutto rafforza la credibilità interna: il team sente di far parte di un percorso solido,” racconta. È un effetto che si riflette sia sulla motivazione individuale sia sull’identità collettiva della brigata, che trova nella stella un incentivo a consolidare disciplina, coesione e senso di responsabilità.

Nel complesso, la seconda stella rappresenta per Campo del Drago un passaggio che non si limita a ridefinire il posizionamento del ristorante, ma che riorganizza il funzionamento quotidiano e amplifica l’autorevolezza dello chef. Per Temperini è anche una legittimazione personale, il riconoscimento di un percorso che ora richiede continuità, rigore e un investimento costante nella crescita del team e nell’evoluzione dell’esperienza gastronomica.

La terza stella

Il passaggio più complesso, per impatto e portata, resta quello verso la terza stella. L’esperienza di Casa Perbellini – 12 Apostoli permette di osservarne con precisione gli effetti. Giancarlo Perbellini lo chiarisce subito: il riconoscimento non conclude un ciclo, ne apre uno nuovo. “L’arrivo della terza stella è stato l’inizio di un processo, non la conclusione di un cammino,” afferma. Il primo cambiamento è stato di ordine numerico: la mole di prenotazioni è aumentata immediatamente, imponendo un ampliamento dello staff. È un dato che definisce la portata della trasformazione: la terza stella modifica non solo la percezione, ma la dimensione operativa.

Il cambiamento riguarda anche la clientela e il modo in cui vive l’esperienza gastronomica. “La clientela è cambiata perché cambia l’aspettativa. Alcuni arrivano per verificare cosa significhi la terza stella, e questo richiede un equilibrio diverso in sala,” spiega lo chef. Altro tema cruciale è quello del posizionamento economico. Perbellini sottolinea come l’aumento di categoria non abbia rappresentato un pretesto per intervenire sui prezzi. “Non abbiamo ritoccato i prezzi con la terza stella. Siamo tornati ai nostri valori storici che avevamo nella nostra vecchia sede” chiarisce. Una scelta che segnala una visione precisa: il prezzo non è una conseguenza del titolo, ma una sintesi del lavoro stratificato negli anni.

L’ingresso nei 12 Apostoli ha inoltre prodotto un effetto meno tangibile ma rilevante: un’energia nuova, dovuta all’impatto degli spazi e della loro storia. Perbellini ricorda che la transizione ha rinnovato il rapporto con la brigata e l’ha spinta a riposizionare alcuni elementi della propria cucina.

“Spazi come quelli dei 12 Apostoli ti costringono a pensare in grande. È un luogo che restituisce energia, e il team ha risposto con una maturità impressionante.” Un riconoscimento che arriva in un momento di pieno ricambio generazionale all’interno della brigata, con un gruppo giovane e coeso. “Non ho mai vissuto la terza stella come un’ossessione. È arrivata quando la struttura era pronta a sostenerla,” osserva.

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