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21 novembre 2025

Studi legali alla prova del futuro: così governance condivisa e team multidisciplinari cambiano le regole del gioco

Modelli orizzontali trasformano la professione: decisioni partecipate, cultura del gruppo e tech ridefiniscono il lavoro degli avvocati.
Studi legali alla prova del futuro: così governance condivisa e team multidisciplinari cambiano le regole del gioco

Edoardo Prallini
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Edoardo Prallini

Non più l’uomo solo al comando, ma team di professionisti che alle competenze tecniche devono saper aggiungere lo spirito di squadra e la capacità di dialogo. In questa intervista, Paolo Nastasi, managing partner di A&O Shearman in Italia, racconta l’evoluzione degli studi legali d’affari.

Da tempo si dice che gli avvocati d’affari sono chiamati a cambiare passo per assecondare la velocità del cambiamento che caratterizza la domanda di mercato. A che punto siamo?

La professione legale sta attraversando un cambiamento tanto rapido, quanto profondo: oggi più che mai il valore nasce dalla capacità di coniugare visione, apertura al nuovo e coraggio decisionale. In questo senso, sì: in un Paese in cui il fattore anagrafico ha tradizionalmente pesato nelle dinamiche professionali e di management, si tratta certamente di una sfida culturale forse ormai inevitabile che, se affrontata con coerenza, si traduce in un vantaggio competitivo. Questa prospettiva ci spinge ad accelerare verso modelli operativi più orizzontali e processi di leadership e governance maggiormente partecipati. Il risultato è la capacità di leggere le trasformazioni del mercato con velocità e pragmatismo, assumendo dove serve decisioni coraggiose e misurabili. Il mix generazionale è per noi una ricchezza e sono convinto che la diversità di esperienze e visioni rappresenti un nostro punto di forza.

Dunque, siamo in presenza di un nuovo paradigma nel management degli studi legali?

Esatto. Si sta passando da modelli tradizionali, incentrati sul singolo professionista anche come principale driver di fatturato, a modelli fondati su una governance più trasparente, su una partecipazione ampia e trasversale ai processi decisionali, indipendentemente dalla seniority, e su metriche che valorizzano collaborazione e impatto sul cliente, non solo la performance individuale. Un esempio concreto: da noi l’allocazione del lavoro non avviene sempre in modo verticale. Abbiamo in alcune practice comitati interni in cui anche gli associate contribuiscono alla decisione su come distribuire le attività all’interno dei team. In questo modo garantiamo che scenda in campo la squadra migliore e, al contempo, abituiamo le nostre persone, a tutti i livelli, a partecipare ai processi decisionali, favorendone la crescita e preparandole a futuri ruoli di leadership.

Va anche detto che gli studi stanno diventando sempre più organizzazioni ibride, in cui le competenze tecniche, tecnologiche e di business coesistono. In questo ecosistema complesso, come si costruisce una squadra vincente?

Si parte dalla cultura. Che si tratti di lateral hire o di risorse che crescono nella professione con noi, guardiamo a professionisti che condividono i nostri valori e la nostra visione e che vivono con partecipazione la dimensione del team e che siano abituati naturalmente a pensare in modo cross-border e/o cross-practice. Muovendo da queste basi, il giusto equilibrio tra crescita interna e innesti mirati porta nuove prospettive ed opportunità senza alterare l’identità.

Come si traduce in concreto in uno studio come il vostro?

È fondamentale putare a una performance sostenibile: ambizione e accountability entro le regole del mercato, ma con valori non negoziabili quali collegialità, trasparenza, lavoro di squadra, inclusione, ascolto e attenzione per il benessere fisico e mentale delle persone. Un ambiente dove le persone vedono realizzate le proprie ambizioni con responsabilità e rispetto è il presupposto per attrarre e trattenere i migliori.

In un contesto in cui la tecnologia sta rivoluzionando il lavoro quotidiano, innovazione ed essenza della professione possono realmente convivere?

Innovazione ed essenza della professione non solo possono convivere, ma lo stanno già facendo. Quando sono guidate con criterio, diventano un valore aggiunto. L’AI sta ridisegnando il “come” del lavoro: standardizza e accelera le attività ripetitive, liberando tempo ed energie per ciò che resta profondamente umano: valutazione, negoziazione, creatività, visione. Questa trasformazione è per noi concreta da tempo: abbiamo un team centrale che da anni cura l’adozione di soluzioni tecnologiche per migliorare il servizio ai clienti, affiancato da team di professionisti locali che “calano” queste soluzioni nel quotidiano. La convivenza funziona se è governata con rigore; per questo investiamo sul talento e sulla formazione continua, perché attrarre i migliori significa anche metterli nelle condizioni di trarre reale beneficio dalle nuove soluzioni di AI. In questo equilibrio, la tecnologia diventa un moltiplicatore di valore, non un sostituto dell’avvocato.