
Contenuto tratto dal numero di dicembre 2025 di Forbes Italia. Abbonati!
Londra, 2019. Un imprenditore 28enne, Fabrizio Ninfa, fondava Mistahou Financial Group, una holding che oggi si muove su quattro continenti e rappresenta uno dei casi più interessanti di strategia industriale nata dal Sud del mondo. Mistahou non arriva dai centri consolidati del potere economico, ma dai luoghi dove il futuro è ancora in costruzione. L’Africa e l’Asia non sono per il gruppo mercati di espansione, ma il punto di partenza di una visione.
L’idea alla base è semplice e radicale: creare un sistema integrato che unisca ingegneria, architettura, energia, mining, education e finanza in un’unica architettura operativa. Non un conglomerato di società, ma una struttura organica capace di funzionare 24 ore su 24. Mentre un team completa un progetto in India, un altro lo verifica a Londra e un terzo lo presenta a Lagos.
Oggi il gruppo ha sede principale a Londra, in Wenlock Road, e una rete di 12 uffici tra Europa, Africa, Medio Oriente e Asia. Ha 1.620 professionisti, un patrimonio netto di 55,1 milioni di sterline, asset per 59,3 milioni e un ritmo di crescita medio del 40% annuo. Il nome stesso, Mistahou, non è nato da un brainstorming di marketing, ma da una parola del dialetto guineano che significa forza e gruppo. Racconta una filosofia in cui la coesione vale più dell’apparenza.
Il percorso parte dai paesi dove la domanda è più urgente. In Africa e in Asia Mistahou ha progettato complessi residenziali e aree miste tra i 10 e i 400 ettari, realizzato impianti fotovoltaici per quasi 1 GW di potenza, consolidato cinque miniere di proprietà e avviato la progettazione di una nuova capitale nella Repubblica Centrafricana, unendo pianificazione urbana, infrastrutture energetiche e identità collettiva.
“Una capitale non è un’immagine”, spiega Ninfa, “ma un’infrastruttura di identità. Una città funziona solo se visione civica, pianificazione e disciplina finanziaria convivono nella stessa architettura. Noi progettiamo sistemi, non icone”. Per molti l’Africa resta un continente instabile. Per Mistahou è il laboratorio più autentico del XXI secolo. La generazione Z africana, la più numerosa del pianeta, rappresenta la forza di trasformazione economica e sociale più dirompente del mondo contemporaneo. Le oscillazioni politiche e i cicli di cambiamento non vengono percepiti come ostacoli, ma come segnali di vitalità.
Questa visione ha portato il gruppo a investire non solo in infrastrutture fisiche, ma anche nella formazione. In Liberia, Mistahou ha acquisito quote di controllo della Cepres International University, una delle principali università private dell’Africa occidentale, e sta costruendo un campus che ospiterà aule, laboratori, incubatori d’impresa, alloggi e spazi di ricerca, per un investimento nel capitale umano. “L’education è la prima infrastruttura dello sviluppo”, afferma Ninfa. Il campus è diretto dal professor Mogana S. Flomo Jr. e rappresenta la visione di un’educazione connessa all’industria, con l’istruzione come motore di autonomia locale.
L’organizzazione interna di Mistahou riflette la stessa logica di equilibrio tra competenze e culture. Accanto a Ninfa, il vicepresidente guineano Aboubacar Kourouma Koly rappresenta il legame autentico con l’Africa occidentale e la sua voce istituzionale. Zeeshanur Rahman, giovane ingegnere indiano specialista della gestione integrata dei processi, guida architetti, ingegneri, designer, artisti 3D e professionisti della visualizzazione cinematografica, traducendo le visioni creative in progetti verificabili. Jekaterina Sechovcova, di origine slava e compagna di vita del presidente, è la general secretary del gruppo: unisce rigore amministrativo e sensibilità interculturale, tenendo insieme 12 sedi. A completare il vertice operativo Patricia Nyarko, che coordina le operazioni africane; Jean Pierre Tomas, responsabile di qualità e compliance; Elena Vasilev, a capo di comunicazione e marketing; Anthony Colombo, che gestisce la formazione del capitale umano.
Figura chiave nel motore decisionale del gruppo è Mohammed Arif Hussain, economista che si è formato tra India, Londra e Svizzera, con un’esperienza consolidata nei mercati del Medio Oriente. “Il nostro compito è far convivere velocità e controllo. Un progetto è vincente se è bancabile, tracciabile e replicabile”.
Sotto la sua guida operativa, Mistahou ha raggiunto un fatturato di circa 600 milioni di sterline, spinto anche dalla crescita del valore dell’oro e da grandi appalti internazionali. L’obiettivo è arrivare al miliardo entro quattro anni e alla quotazione in Borsa in cinque. “Non cerchiamo crescita cosmetica”, aggiunge Hussain, “ma flussi di cassa solidi, partnership stabili e la capacità di rendere scalabili le nostre competenze”.
Per sostenere questa crescita, il gruppo sta ridisegnando sei hub strategici – Londra, New Delhi, Doha, Lagos, Nairobi ed Emilia-Romagna – che fungeranno da centri di coordinamento interconnessi. Nel suo dna, la sostenibilità è un principio costruttivo. “Viviamo ogni progetto con il pensiero di comunità. Favorire la filiera corta significa costruire un modello virtuoso, sostenibile, produttivo. Significa che le risorse generano valore dove nascono”. È un approccio che fa coincidere efficienza economica e responsabilità sociale.
La tecnologia è trattata con lo stesso approccio: serve ad accelerare i processi, non a sostituire le persone. Secondo Ninfa, “l’intelligenza artificiale migliora la precisione, ma le decisioni restano umane”.
Mistahou ha esteso la propria visione a un settore dove la progettualità incontra l’esperienza: il turismo di alta gamma. Il gruppo sta sviluppando una collezione di hotel boutique di super lusso, con massimo 12 camere, spa, piscina, ristorante, bar e servizi pensati in filiera corta. Non una catena omologata, ma una costellazione di luoghi unici, che contempla anche contesti poco esplorati, recuperando immobili storici e architetture iconiche.
Mistahou rappresenta un modello d’impresa globale che unisce rigore tecnico, sensibilità culturale e consapevolezza umana. Cresce perché costruisce, forma perché vuole generare autonomia. “Il nostro compito”, conclude Ninfa, “è ridurre l’attrito tra intenzione e consegna. La Gen Z africana ci ricorda che il tempo è adesso”. Africa e Asia non sono più margini del sistema, ma il palcoscenico centrale. È in questo equilibrio nuovo tra Nord e Sud che si disegna la geografia reale del futuro.
Questo articolo è stato notarizzato in blockchain da Notarify.

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