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29 dicembre 2025

Dentro il distretto siciliano degli agrumi: come la tecnologia può salvare le arance dal cambiamento climatico

L'innovazione è la chiave per resistere ad aumento delle temperature, calo delle piogge e pericolo di desertificazione
Dentro il distretto siciliano degli agrumi: come la tecnologia può salvare le arance dal cambiamento climatico

Piera Anna Franini
Scritto da:
Piera Anna Franini

Contenuto tratto dal numero di dicembre 2025 di Forbes Italia. Abbonati!

Oltre la metà degli agrumi d’Italia – arance, limoni, pompelmi, bergamotti – viene prodotto in Sicilia, con primato assoluto per le arance. L’isola conta 56mila ettari di aranceti, pari a due terzi della superficie nazionale, 4.700 ettari di mandarini, 2.200 di clementine e oltre 23mila ettari di limoni. Numeri che si inseriscono in un contesto nazionale di 3,2 milioni di tonnellate di agrumi per un valore di 1,8 miliardi di euro, a conferma del ruolo dell’Italia come uno dei principali produttori in Europa.

I poeti e romanzieri di questa terra, così vocata al racconto, ci spingono oltre lo steccato dei numeri e delle statistiche. I limoni diventano il “respiro della terra”, vita che nasce dal sole e dalla sensualità mediterranea, come scrive Salvatore Quasimodo. Gli aranci “maturano d’inverno come globi d’oro tra le foglie verdi”, ricorda Giovanni Verga. Profumi e colori che definiscono l’identità culturale dell’isola, intrecciandosi con il Pil e raccontando il legame profondo fra territorio e persone. L’agrumicoltura, così, non è solo una delle locomotive dell’economia agricola regionale, ma anche simbolo di calore e luce mediterranea, evocatrice di paesaggi, storie familiari e memorie d’infanzia.

Le capitali degli agrumi

La Sicilia si distingue per varietà e aree di eccellenza. Catania e dintorni per l’arancia rossa Igp, caratterizzata da dolcezza e colore intenso; Messina e Milazzo per i limoni Femminello, dalle note aromatiche inconfondibili; Agrigento per le arance bionde e rosse, coltivate in ampie distese soleggiate; Marsala per i mandarini, piccoli e profumati. Tra le punte del distretto c’è anche Siracusa, con arance e limoni che finiscono per indorare le viuzze di Ortigia, custode della storia più antica della città. Proprio qui si è svolto l’ultimo G7 Agricoltura e Pesca, al Castello Maniace, a picco sul mare, con giornate culminate negli spettacoli al Teatro Greco.

Qui l’Istituto nazionale drammatico mette in scena da oltre un secolo spettacoli classici, con l’ultima edizione seguita da 172mila spettatori in due mesi e ricavi per 5,3 milioni: inezie rispetto ai 40 milioni di indotto generato. La presenza di turisti culturali, i più propensi a spendere, dimostra come cultura e agricoltura possano valorizzarsi a vicenda. In fondo, in Sicilia, il sacro e il quotidiano si toccano. Così lo spettacolo (pur tragico) di Alceste, I Persiani o Antigone – attesi da maggio – come da copione faranno tutt’uno con lo spettacolo dei furgoncini che tra le vie di Ortigia spalancano gli sportelloni: e giù limoni e arance. Attorno, i turisti inebriati.

La minaccia del riscaldamento globale

Il cambiamento climatico incombe: piogge scarse e temperature in aumento rischiano di trasformare il 70% del territorio siciliano in deserto entro il 2030. Tra il 2022 e il 2024 la riduzione delle forniture idriche è passata dal 10% al 45% in 105 comuni. Se non ‘la risposta’, di sicuro ‘una risposta’ arriva dal progetto Idro (irrigazione, depurazione, recupero, opportunità), promosso dal Distretto produttivo agrumi di Sicilia con l’Università di Catania e Coca-Cola Italia. Obiettivo: sviluppare tecniche di desalinizzazione e depurazione delle acque di falda, con irrigazione mirata tramite droni che individuano le zone più bisognose in tempo reale.

L’innovazione non si ferma agli agrumi. Le pedemontane dell’Etna e la costa tirrenica stanno ospitando sempre di più mango e avocado, Ragusa la papaya, Messina il litchi. Coltivazioni esotiche che stanno aprendo nuove prospettive di mercato, diversificando le produzioni e stimolando la sperimentazione agronomica. Anche la scelta dei terreni, la rotazione delle colture e l’uso mirato delle risorse idriche diventano strumenti per garantire produttività e tutela ambientale.

La concorrenza internazionale di Spagna, Africa e Turchia, è forte, ma le produzioni siciliane mantengono un vantaggio in termini di qualità e identità territoriale, grazie a varietà protette, metodi di coltivazione certificati e attenzione all’eccellenza organolettica. Soprattutto, si è creata una filiera che ha la testa nella frutta fresca e l’approdo in conserve, marmellate, succhi e derivati.

I nomi dell’eccellenza

Ne è un esempio Agrisicilia, attiva dal 1990, con un fatturato di circa 15 milioni di euro, che produce marmellate partendo da agrumi freschi. La ‘mondatura’ viene praticata a mano per selezionare gli agrumi più pregiati. L’azienda collabora con i consorzi degli agrumi di Sicilia, producendo marmellata di arancia rossa di Sicilia Igp, preparata con le arance moro, tarocco e sanguinello, marmellata di arance di ribera Dop, marmellata di limoni di Siracusa Igp, prodotte con limoni Femminello.

Oranfrizer, nella Piana di Catania, ha oltre 500 dipendenti tra fissi e stagionali, investimenti costanti in varietà e innovazione, un fatturato superiore ai 50 milioni di euro. Il core business è l’arancia rossa, fresca e spremuta, diffusa nei mercati ortofrutticoli del mondo.

Canditfrucht, con sede a Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), è specializzata nella produzione di frutta candita, succhi, oli essenziali e derivati. L’azienda, che ha 69 dipendenti, esporta verso più continenti e combina tradizione artigianale e innovazione tecnologica.

Op. La Deliziosa, con sede a Biancavilla, alle pendici dell’Etna, unisce oltre 100 produttori locali, coltivando circa 1.600 ettari di terreni tra agrumi, fichidindia e ortaggi. Nel 2024 ha registrato un fatturato di 37,8 milioni di euro. L’azienda – che impiega 173 dipendenti – si distingue per l’adozione di pratiche agricole sostenibili e per la valorizzazione delle eccellenze locali. È un modello di cooperazione e innovazione nell’agroalimentare siciliano.

Agrumaria Corleone, con sede a Palermo e un fatturato che sfiora i 30 milioni, fu fondata nel 1890 da Salvatore Corleone, bisnonno degli attuali proprietari, tra i pionieri dell’attività agrumaria in Sicilia. Produce succhi naturali, succhi concentrati e oli essenziali, estratti da limoni, arance, mandarini, bergamotto, uva e altri frutti. Gestisce l’intera filiera, partendo dalla selezione dei frutti fino alla distribuzione nazionale e internazionale.

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