L’onda della sostenibilità è oramai sempre più forte. Piccole aziende, multinazionali, società di ogni tipo sono sempre più intente a mettere in piedi iniziative sulle tematiche ambientali con effetti che possono in alcuni casi positivi, ma in altri casi anche aleatori. Da un lato infatti cresce la sensibilità delle persone, dall’altro l’impressione è che queste iniziative siano estemporanee o legate a logiche di compensazione e comunicazione. Non questo è il caso della catena di pasta miscusi, che ha deciso di prendere una strada più netta: radicare il concetto di sostenibilità all’interno del modello di business. Oggi miscusi diventa il primo brand del food retail in Italia ad ottenere la certification B-Corp, la più importante certificazione internazionale indipendente sulle performance sociali e ambientali dell’azienda.
“Non è un riconoscimento che vogliamo soltanto mettere in mostra sulle nostre vetrine” spiega Alberto Cartasegna, ceo e co-fondatore della società, che di recente ha annunciato un’apertura a Londra, con il quale darà il via al processo di internazionalizzazione. “La certification B-corp non riguarda soltanto la sostenibilità, parla di socialità di etica, di trasparenza. Per noi è stato un esercizio che ci ha aiutato a porci le domande giuste, dalle tipologie di contratto del nostro personale, passando per il controllo della supply chain e del prodotto, fino alla costruzione dei locali”.
Già da anni miscusi supporta tutti i propri fornitori in un percorso di miglioramento e crescita, condividendo gli stessi valori di sostenibilità umana e ambientale: l’80% adotta soluzioni circolari, il 70% ha un programma di monitoraggio dei consumi energetici, dell’acqua e del food waste, il 90% dei dipendenti è assunto a tempo indeterminato. “Le stesse domande che ci siamo fatti per ottenere la certificazione oggi le rivolgiamo anche ai fornitori, svolgendo un ruolo di vigilanza: vogliamo creare una vera e propria cultura”.
Per quanto riguarda il prodotto, la catena di pasta è già impegnata a limitare l’utilizzo di grano duro, in favore di legumi, grani antichi, farine dimenticate. Un progetto ancora più ambizioso prevede la realizzazione di una pasta carbon negative attraverso l’agricoltura rigenerativa. Nei prossimi mesi, inoltre, verrà introdotto un programma di loyalty capace di premiare i clienti che ordinano i piatti più sostenibili. “È possibile che il piatto di pasta della nonna sia più buono. Noi vogliamo offrire un prodotto bilanciato a livello nutrizionale, con basse emissioni di co2, a cui le persone della filiera hanno lavorato in maniera etica e in un locale costruito con materiali di riciclo” spiega Cartasegna. “È un percorso lungo, ma vogliamo creare una connessione con il cliente, che andrà da miscusi per mangiare, ma anche per fare qualcosa di positivo. E così può diventare anche un ambassador”.
A cambiare è il paradigma del fare impresa. Se una volta c’era l’imprenditore che puntava alla massimizzazione del profitto e parallelamente portava avanti una serie di iniziative filantropiche, in questa fase storica molte aziende partono da valori utili a risolvere contraddizioni e problemi, che sono sempre più evidenti: miscusi vuole essere una di queste. “Oggi le aziende non hanno più soltanto un ruolo privato. Molti imprenditori oggi hanno coscienza degli effetti collaterali di alcune attività. È arrivato il momento in cui possiamo modificare i kpi con cui valutiamo un’azienda. Per fare un esempio, noi guardiamo quante volte i dipendenti accedono al nostro college rispetto a dei contenuti rilevanti: le nostre persone hanno chiaro cosa c’è nel nostro piatto di pasta e quindi il nostro messaggio.”
L’impegno sociale di miscusi nei confronti dalla comunità aziendale si è trasformato anche in un piano di azionariato diffuso: “miscusi stock”, che prevede di destinare il 5% della società a store manager e dipendenti dell’hq con contratto a tempo indeterminato attivo dopo un primo periodo di inserimento in azienda.
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