L’apertura della nuova sede Apple, l’Apple Park, avvenuta a fasi successive negli ultimi mesi e culminata nell’evento pubblico di presentazione dell’iPhone che per la prima volta si è tenuto allo Steve Jobs Theater, rappresenta forse il picco assoluto della presenza dei big del tech sul territorio californiano. Negli ultimi quattro decenni (Apple è stata fondata nel 1977) tra alti e bassi e con la forte accelerazione degli ultimi anni, San Francisco è diventata la capitale riconosciuta delle nuove tecnologie, con il territorio che si estende in quel vasto spazio noto come Silicon Valley, fino a Santa Clara e San Jose, comprendente le località di Palo Alto (Stanford University, Tesla), Cupertino (Apple), Mountain View (Google) e Menlo Park (Facebook).
Ma ora siamo forse giunti alla massima espansione possibile nella zona, il costo della vita è diventato altissimo tanto da bruciare una buona parte degli (ottimi) stipendi degli ingegneri del software e rendere di fatto impossibile affittare per chi abbia un lavoro al di fuori dell’industria dell’IT. A San Francisco, una città notoriamente piccola e differente dagli standard americani, in una posizione geografica molto particolare, mancano lo spazio e la volontà di costruire nuove abitazioni e così la presenza di persone senza fissa dimora è esplosa e si assiste a proteste contro le stesse multinazionali della tecnologia che stanno snaturando la città.
Nei fatti sta scomparendo uno degli incentivi che spingevano i migliori talenti mondiali della programmazione – un mercato del lavoro cresciuto del 14% negli ultimi due anni, e che vale ormai il 3% dell’intero Pil americano – a trasferirsi in California, invitati da quell’accogliente campus a cielo aperto che era la Silicon Valley, dove la vita era facile e le startup si affiancavano alle multinazionali. Ora una startup ci pensa due volte prima di aprire il proprio ufficio nella zona, e se lo fa non è più per attirare programmatori, ma piuttosto per essere vicino al venture capital di settore e per fare networking.
Eppure non tutto accade solo in Silicon Valley anche se questa può essere la percezione. Nei fatti due grandi aziende come Microsoft e Amazon sono nate e prosperano centinaia di miglia più a nord, nell’area di Seattle. E proprio Amazon è al centro delle cronache in questo periodo perché, dopo avere annunciato un grande ufficio a Manhattan per duemila persone, ha lanciato ufficialmente la ricerca di una città dove costruire il suo secondo quartiere generale da affiancare a Seattle, un progetto del valore di 5 miliardi di dollari che darebbe lavoro a più di 50.000 persone. Come si può immaginare governatori e sindaci si stanno facendo in quattro per “facilitare” l’arrivo della società di Bezos nel loro territorio, a colpi di dossier sulle infrastrutture e sconti fiscali. Non sarà certamente in California, e potrebbe cambiare il volto di una città americana grande o piccola e i piani di carriera di molte persone.
In una società mobile come quella americana comunque sono spesso i lavoratori a votare con i propri traslochi, ecco quindi che città grandi e affollate come San Francisco, Los Angeles, New York stanno perdendo abitanti mentre se ne avvantaggiano altre zone d’America con poli basati in città più piccole, magari nel sud-ovest del paese, l’area a più alta crescita di occupazione anche tecnologica. Austin in Texas, una delle capitali musicali d’America, è ora il cuore della produzione di microprocessori, la parte hardware della rivoluzione informatica, con multipli voli giornalieri a collegarla con San Francisco e il resto della Silicon Valley. A Indianapolis il colosso Salesforce ha aperto il suo secondo ufficio in un nuovo grattacielo che domina la città. C’è l’hub tecnologico della città canadese di Vancouver, a poca distanza da Seattle. E poi ci sono le molte startup che nascono in Europa, nelle grandi capitali come Londra e Berlino ma non solo, catturando l’interesse degli sviluppatori del vecchio continente che non vogliono attraversare l’Atlantico.
C’è anche un’altra possibilità, sempre più utilizzata da aziende in crescita come Automattic che gestisce il popolare sistema WordPress: per avere accesso a una rete di sviluppatori di alto livello senza pagare l’extra richiesto dai costi della California, si affida a un team distribuito intorno al mondo, che lavora da posti diversi in paesi diversi secondo le proprie scelte individuali, senza avere una sede centrale. Il lavoro remoto (a volte chiamato anche lavoro agile, a sottolineare l’alternanza tra casa e ufficio) interessa sempre più persone in tutto il mondo, crea nuove sfide e nuove possibilità e potrebbe mandare in pensione gli uffici monolitici della Silicon Valley, così come la Silicon Valley stessa ha mandato in pensione le grandi fabbriche del XIX e XX secolo.
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