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Innovation

Il social Google+ chiude, storia dell’unico vero insuccesso di Big G

La lobby degli uffici di Washington di Google (Mark Wilson/Getty Images)

L’anti-Facebook chiude. Non subito, ma la decisione ormai è presa. Google+, il social network nato dalla volontà della società di Mountain View di combattere sullo stesso terreno la creatura di Mark Zuckerberg ha alzato definitivamente bandiera bianca. E nonostante non abbia mai minimamente scalzato la supremazia di Facebook, non chiude a causa del suo insuccesso “commerciale”.

Tutto nasce invece da un’inchiesta del Wall Street Journal secondo cui l’azienda fondata da Brin e Page avrebbe nascosto ai suoi utenti un baco nel proprio software che avrebbe permesso a sviluppatori esterni di accedere ai dati di 500mila utenti negli ultimi tre anni (fino al marzo 2018). A seguito dell’inchiesta, Google è dovuta correre ai ripari ammettendo il problema, ma assicurando che nessuno ha mai utilizzato i dati.

Si arriva così all’epilogo, la chiusura del social network, che secondo la stessa Google “negli anni non è mai riuscito a conquistare il favore di una larga parte del pubblico”.
L’attuale versione di Google+, secondo la stessa azienda avrebbe tassi di utilizzo e di engagement troppo ridotti: ad esempio il 90% delle sessioni durerebbe meno di 5 secondi. Ciò unito ai costi associati ai controlli necessari in favore degli utenti graverebbe sulle spese di sviluppo e mantenimento. L’azienda terminerà così le operazioni di Google+ almeno per gli utenti consumer (che avranno 10 mesi di tempo per migrare i loro dati dalla piattaforma), mentre resterà operativa la versione per le imprese.

Google+ era nata come rete sociale gratuita nel giugno 2011. L’accesso era consentito solo su invito e nonostante ciò l’eccesso di adesioni nei primi giorni indusse la società a sospendere temporaneamente il servizio. La prima versione pubblica fa la sua comparsa nel settembre 2011.

La novità forse più importante di Google+, ma forse anche quella meno compresa dal grande pubblico, riguardava la creazione delle cosiddette cerchie, che riunivano i conoscenti, i familiari e i colleghi di lavoro, intesa a limitare di volta la circolazione dei propri contenuti a una sola o a più di una delle cerchie.

A due settimane dal lancio il social contava 10 milioni di iscritti, che sarebbero saliti entro il 2017 a 3 miliardi. Non sufficienti comunque a dare vita a una vera community tale da essere economicamente efficiente per Big G, che a poco meno di otto anni dal lancio getta definitivamente la spugna su uno dei pochi progetti, o forse l’unico, incapace di radicarsi davvero tra gli utilizzatori di internet.

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