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La nuova sfida planetaria di Zuckerberg non sarà priva di nemici

(Shuttestock)

Ci vorrà ancora un po’ di tempo ma la rivoluzione si è ormai messa in moto. Non è lontano il giorno in cui sarà possibile comprare, vendere o prender denaro a prestito in un negozio piuttosto che in un bar in qualsiasi posto del pianeta mostrando semplicemente un codice scannerizzato sul mobile, come oggi si fa al check-in dell’aeroporto. Niente più ricevute, problemi di chiusura della banca od oscillazioni della valuta. Tutto avverrà in “Libbre”, la vecchia unità di misura degli antichi romani, rimessa in circolo per far funzionare “Calibra”, il motore del sistema che, tra l’altro, sarà aperto anche a coloro (mica pochi, si parla di 1,7 miliardi di persone sparse per il pianeta) che non possiedono un conto corrente.

E’ questa l’ultima, straordinaria sfida lanciata ieri da Facebook che ha finalmente svelato le caratteristiche della sua valuta virtuale, destinata secondo Mark Zuckerberg a incidere in profondità nelle modalità degli scambi internazionali (oggi 630 miliardi di dollari circa) ma anche nelle abitudini di pagamento appena scalfite dalle alternative al contante, che rappresenta ancor oggi l’8% circa dei passaggi di denaro che segnano la nostra esistenza, dal caffè al bar all’acquisto dei beni più impegnativi.

Un’impresa straordinaria che è ormai sulla rampa di lancio. Non sono ancora noti tutti i dettagli dell’impresa che prenderà il via nella prima metà del 2020, ma ieri mattina Facebook ha presentato il primo prospetto che racchiude i frutti di un anno di lavoro in gran segreto effettuato tra gli Stati Uniti e l’Europa. In sintesi:

  • La libbra, l’unità di misura del sistema, sarà indicizzata su un paniere di valute (dollaro, euro ma anche franco svizzero, yen e altre monete scelte per la loro solidità) con l’obiettivo di scongiurare la volatilità dei bitcoin.
  • Le libbre circoleranno entro un’apposita blockchain ancora in fase di realizzazione. La moneta 2.0 consentirà di effettuare acquisti o scambiare denaro, per il momento, attraverso Whatsapp e Messenger, le leve operative di Facebook che contano più di 2 miliardi di utilizzatori.
  • Zuckerberg, però, ha allargato l’impresa ad una vasta rete di alleati che, entro l’anno prossimo, dovrebbero raggiungere il centinaio di unità. Per ora, gli ammessi in “Calibra” (non sono mancate le bocciature) sono 28, distribuiti in tutti i settori.
  • Ci sono o leader dei sistemi di pagamento (Mastercard, PayPal, PayU, Stripe, Visa più e Bay), grandi gruppi delle tlc (Vodafone e iliad) o della mobilità (Uber e Lyft), giganti della musica (Spotify) e grandi della finanza e della tecnologia:  Farfetch, Mercado Pago,  Blockchain Anchorage, Bison Trails, Coinbase, Xapo Holdings. Venture Capital Andreessen Horowitz, Breakthrough Initiatives, Ribbit Capital, Thrive Capital, Union Square Ventures NGOs Creative Destruction Lab, Kiva, Mercy Corps, Women’s World Banking.

Ciascuno degli aderenti ha versato dieci milioni di dollari per accedere alla fondazione che ha sede a Ginevra. I soci, che disporranno di un “nodo” all’interno della blockchain, hanno tutti una voce in capitolo nel condominio promosso da Zuckerberg. Ma la gestione del sistema dipenderà da “Calibra”, la società di diritto svizzero controllata da Facebook guidata da David Marcus, responsabile delle blockchain del social network, cui toccheranno i profitti generati dai servizi finanziari che nasceranno attorno all’ecosistema.

Questa è senz’altro una delle ragioni che hanno spinto Zuckerberg a lanciarsi in un progetto all’apparenza folle (batter moneta, facendo in prospettiva concorrenza alle banche centrali) e che nasce con numerosi nemici. Non è un caso che alla partita, almeno per ora, non prendano parte Apple, Google, Amazon e Microsoft così come nessuna delle grandi banche Usa. Non sono pochi, poi, gli ostacoli da superare per ottenere il via libera delle autorità Usa o per superare i vincoli della tecnologia, a partire dal “mining” delle monete che sta limitando l’espansione dei coin virtuali.

La sfida, insomma, presenta grossi rischi anche per un colosso della forza di Facebook. Perché, c’è da chiedersi, Zuckerberg si è lanciato in questa mission all’apparenza così ardita, se non impossible? Per avere una risposta occorre tornare al marzo 2018, data dell’esplosione del caso di Cambridge Analytica, il primo di una serie di scandali che hanno minato l’immagine del gruppo, accusato da alcuni di utilizzare in maniera disinvolta i dati degli utenti. Certo, Facebook si è rivelato più che solido, sotto i colpi delle autorità e delle critiche: il gruppo ha registrato nell’ultimo trimestre un giro d’affari record di 15 miliardi (+26%), ma lo stesso non si può dire della profittabilità, insidiata dalle multe miliardarie già comminate dalla Ftc (Federal Trade Commission) e da quelle che potrebbero arrivare. Per non parlare della pioggia di critiche in arrivo dagli ex amici che nel corso degli ultimi anni hanno rotto con la società di Zuckerberg, come Chris Hughes, cofondatore del social network, o l’ex responsabile della cybersecurity, Alex Stamos.

La situazione, insomma, presenta diverse criticità che hanno spinto Zuckerberg a diversificare le entrate che oggi dipendono al 98% dalla pubblicità. Di qui la scelta di entrare nel campo dei sistemi di pagamento facendo leva sulle competenze acquisite, sulla leadership di mercato e sulla forza dei marchi del gruppo per sfondare in una partita dalle dimensioni davvero planetarie.

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