grafici di borsa su pannelli in vetro
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Il paradosso dei Btp: comprati dai grandi investitori, ignorati dagli italiani

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(Shutterstock)

L’ora X è rinviata. Causa la nuova riunione del consiglio Ue sulle nomine è slittata la decisione della Commissione europea sulla possibile procedura di infrazione contro l’Italia per debito eccessivo. La notizia suona come un ultimo inatteso avviso ai ritardatari perché sfruttino l’occasione dell’inatteso e sorprendente rally dei titoli del debito italiano spinti all’insù dal calo dei rendimenti a valori che non si vedevano da più di un anno.  Prendiamo il titolo a dieci anni, il più monitorato perché alla base dello spread più seguito, quella tra Btp e Bund tedeschi a dieci anni. Sette anni fa, giusto in questi giorni, la forbice tra i titoli italiani e quelli tedeschi sfondava il tetto dei 575 punti per un rendimento superiore all’8%, per poi rientrare solo dopo il celebre “whatever it takes” pronunciato da Mario Draghi. Una situazione molto diversa da quella di oggi: il rendimento del Btp a dieci anni ha sfondato verso il basso la barriera del 2% (1,95% in serata per l’esattezza) ai minimi dal maggio 2018. Ma le analogie con l’emergenza della crisi dl 2011/12 non mancano. Anche in questi giorni, come allora, superMario è pronto a scendere in campo per l’ultima volta fissando le regole dell’iniezione di sostegno ai mercati che la Bce si accinge a varare il giorno 25.  Oggi più di allora i professionisti della finanza sembrano disposti a scommettere anche un chip (o molto di più) di quel che non fecero i risparmiatori che aderirono al primo prestito Btp Italia nel marzo 2012: un affarone visto che tra cedola e bonus il rendimento superò largamente il 5 per cento. Forse è per questo, si potrebbe malignare, che il Tesoro, per la prima volta da allora, ha rinunciato in primavera ad emettere un nuovo titolo rivolto ai risparmiatori. Eppure, proprio in quei giorni i professionisti si sono strappati di mano i titoli del Tesoro a 6 anni, acquistati a piene mani.

Di qui la sensazione che la prossima estate possa riservare buone sorprese a chi intende puntare sui bistrattati Btp.

Certo, la ripresa di valore dei titoli non è un fenomeno solo italiano né per forza positivo, visto che s’accompagna al calo dell’inflazione e ai venti di recessione che accompagnano il Belpaese che non riesce a ritrovare il cammino della crescita. Ma per i poveri risparmiatori, vittime di truffe e raggiri che accompagnano la ricerca di rendimenti più brillanti o comunque delusi dalle novità dei supermarket del risparmio (pensiamo ai risultati dei Pir), i vecchi Btp possono costituire una gradita sorpresa. Per carità, in giro c’è di meglio.  Negli altri Paesi dell’Eurozona i rendimenti stanno scendendo molto di più e sono ai minimi storici, non lontano da zero: in Irlanda, per la prima volta, è in territorio negativo (-0,08%), privilegio finora solo della Germania (-0,35%); in Spagna è a 0,51%, in Portogallo a 0,60%.  E in Francia anche i titoli a dieci anni sono scivolati in terreno negativo a -0,025%, consentendo a Emmanuel Macron di finanziare le riforme anti-gilets jaunes a costo sottozero. Ma se si pensa all’allarme diffuso a piene mani pochi mesi fa, in parte giustificato dagli autogol dell’esecutivo, si deve prender atto di quello che i gestori più abili, da BlackRock a JP Morgan, hanno intuito da tempo: l’Italia, complici le carenze nella programmazione di una politica economica credibile, è stata trattata sui mercati a condizioni peggiori di quel che merita.

Ma questo gap, come sempre, può trasformarsi in un’opportunità. Per almeno due ragioni. Primo, la scarsità di carta dell’Eurozona che possa offrire un rendimento qualsiasi, per quanto modesto. Una merce sempre più rara visto che sale ogni giorno l’ammontare dei Bond in terreno negativo (oltre 13 mila miliardi di euro). Secondo, il buon andamento dei conti pubblici, almeno a guardare le entrate superiori alle previsioni che dovrebbero garantire alcuni mesi di tregua, al punto che tra i money manager si è diffusa la previsione di un rally che possa comprimere i rendimenti (e, di riflesso, aumentare l’appeal dei prezzi) all’1,90%. O forse all’1,70%, con un potenziale margine anche a due cifre.

 

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