Articolo tratto dal numero di settembre di Forbes
Ricorda quella canzone degli Ottanta che diceva: “Video killed the radio star?”. Gianmario Verona, 49 anni, rettore della Bocconi dal 2016, cita anche il nome del gruppo, The Buggles. È un onnivoro musicale con una predilezione per pop e R&B, ma ovviamente vuole arrivare altrove: “C’è un articolo molto famoso di due docenti della Warthon School che si intitola: Will video kill the classroom star?”. E a soccombere di fronte alla trasformazione digitale della formazione, anche quella di alto livello, potrebbero essere i professori tradizionali, le star dell’aula. A meno che… non imparino loro ad andare online e on demand, come su Netflix.
In Bocconi, sesta università in Europa e nel mondo per il management secondo il Financial Times, si discute molto di nuovi corsi, di format prodotti con approccio televisivo ma anche di nuovi spazi: a fine novembre la Sda, la school of management, si trasferisce all’interno del campus urbano realizzato recuperando l’ex centrale del latte: oltre 35mila metri quadrati con un investimento di 130 milioni. E, sempre in autunno, nasce un nuovo incubatore per startup lì dove c’era la libreria dell’ateneo.
Se come tifoso dell’Inter il professor Verona vive momenti di alti e bassi, come rettore della Bocconi è in una traiettoria di entusiasmo che non flette. Non potrebbe essere diversamente, del resto, visto che quell’università è la sua vita da 30 anni, dall’iscrizione nel 1998. “Allora il numero degli studenti stranieri si poteva contare sulle dita delle mani e dovevano essere fluenti in italiano”, ricorda con un sorriso. “Oggi circa un quarto degli studenti viene dall’estero, principalmente sono cinesi, francesi e tedeschi. Il 58% dell’offerta formativa è in inglese e nei prossimi anni vogliamo arrivare all’80%”.
Potremmo dire che non c’è più la Bocconi di una volta. Come sono cambiati gli studenti?
Non posso sostenere che sia aumentata la qualità ma certamente sono cambiate le generazioni, il modo di essere e di atteggiarsi. Oggi quando sei in aula devi conquistare l’attenzione, non è più come fino a pochi anni fa quando veniva proibito l’uso di telefonini e computer. È, quindi, diventato strategico cambiare il modo di insegnare come anche i contenuti. Il format blended, una parte del corso in aula e una parte da remoto con preparazione di attività personalizzate, è ormai un classico. E così ci siamo spinti fino al formato Netflix.
Cosa significa fare la Netflix della formazione?
Avere un portafoglio di corsi per cui non è più necessario venire in Bocconi. Abbiamo cominciato a farlo per la Sda; seguo il corso quando voglio e da dove voglio ma ricevo anche suggerimenti su come seguirlo e come verificare quel che apprendo. Mica posso spararmi tutto il corso in una notte, come una serie tv! È anche un’opportunità per aumentare l’accesso alla formazione di qualità, sia per la comodità, sia per il livello dei prezzi. Attenzione: la formazione totalmente online è una falsa promessa.
Quanto è difficile questa sfida?
Abbiamo cominciato a lavorarci nell’autunno 2016 e abbiamo lanciato la nuova piattaforma nell’estate 2019. È stato necessario creare una struttura cinematografica, selezionare i docenti e produrre i contenuti. Non è detto che chi è bravo in aula riesca a “bucare” il video. Inoltre un docente è pagato per le ore di didattica, con il nuovo modello cambiano le metriche: il numero di persone che comprano e seguono i corsi online. Una vera rivoluzione.
È solo una questione di format?
No, le altre due dimensioni fondamentali sono la qualità del capitale umano, cioè i docenti, e l’adattamento dell’offerta formativa. L’innovazione dei corsi corre su due binari: da un lato nuovi contenuti come il corso con il Politecnico di Milano sulla cybersecurity; dall’altro l’introduzione di cambiamenti nelle discipline tradizionali. Come si può oggi insegnare finanza o marketing senza tenere conto del fintech o dei big data? Abbiamo lanciato corsi e lauree e spinto verso la contaminazione fra discipline tradizionali. Questa innovazione non è però facile: significa mettere in discussione i docenti, scrivere nuovi libri, cambiare la ricerca.
Bocconi è da sempre un centro di cultura di impresa. Che cosa fa per le startup?
Siamo appena partiti con con B4i – Bocconi for innovation: un acceleratore che nasce dall’esperienza di SpeedMiUp. È una fabbrica di servizi per le startup, a regime ne ospiterà circa 50, ma aiuterà anche la piccola e media impresa italiana a sviluppare imprenditorialità e innovazione. Abbiamo poi un’importante partnership con l’Istituto Italiano di Tecnologia. Ma la tecnologia non è tutto…
Identikit dell’Università Bocconi
- anno di nascita: 1902
- ranking : Per il FT la Bocconi si posiziona al 6° posto in Europa per il corso di laurea in Management e al 7°posto per il corso di Finance.
- i corsi di laurea: I corsi di laurea triennali sono 9 per l’area economico-finanziaria, di cui 3 in italiano; 6 in inglese. Un corso di laurea in Scienze politiche in inglese e un corso di laurea in Giurisprudenza a ciclo unico (5 anni). I corsi di laurea magistrale sono 12, di cui 5 in italiano e 11 anche in inglese.
- lavoro: Gli occupati a un anno dalla laurea magistrale sono il 95,8% – al giorno della laurea il 72,7%. A un anno dalla laurea il 26,4% di chi lavora è impiegato all’estero.
- rete internazionale: 275 scuole partner in tutto il mondo e
33 gli accordi di double degree. - borse di studio: Agevolazioni totali erogate agli studenti per 29,1 milioni di euro (22,2 milioni stanziati dalla Bocconi, 6,9 milioni da enti pubblici)
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