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Questo Under 30 italiano è a caccia dei migliori imprenditori hi-tech

Venture capital Italia: Matteo Frattini, l'Under 30 a caccia dei migliori imprenditori hi-tech

Articolo tratto dal numero di Forbes di febbraio 2020. Abbonati

Il desiderio di conoscere il mondo e le cose nuove  ha sempre fatto parte del suo dna. Fin da quando,  all’età di 17 anni, Matteo Frattini è partito per Pechino dove ha frequentato per un anno la N. 97 Beijing Public High School, ospite di una famiglia cinese con il programma Intercultura (Afs), imparando il mandarino. Con la voglia di continuare a scoprire le realtà internazionali, ha deciso di intraprendere il percorso universitario in Inghilterra: prima si è laureato in Economia & Management alla University of London, poi qui ha concluso i suoi studi con un master in economia alla Cambridge University.

L’interesse per le startup e l’imprenditoria lo ha portato, dopo la laurea, ad avere alcune esperienze imprenditoriali a Londra e da due anni è investment analyst di Indaco Venture Partners Sgr, il più grande asset manager Italiano specializzato nel venture capital e growth equity, dopo aver lavorato anche per Quadrivio Capital Sgr. “In Indaco Sgr aiuto a individuare e investire nelle migliori società innovative Italiane ed estere, soprattutto nella loro fase di crescita”, racconta. “Sono quindi orientato alla ricerca di attività tecnologiche condotte da imprenditori con una grande visione e che abbiano possibilità di sviluppo interessanti, supportando il processo di investimento con analisi finanziarie, valutazioni, simulazioni e tramite processi strutturati di due diligence”.

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Insieme a tanti giovani colleghi, Frattini, classe 1991, ha contribuito allo sviluppo di un trend positivo degli investimenti e alla crescita dell’attività di venture capital in Italia, che negli ultimi anni ha visto l’ingresso nel sistema di diversi operatori, tra cui fondi di investimento, advisor e acceleratori di startup anche settorialmente specializzati. “La sfida continua è che i soggetti interessati siano in grado di collaborare costruttivamente fra di loro, focalizzandosi sulla creazione di valore costruendo le basi per far crescere un ecosistema che attragga sempre più talenti, investimenti e know how, anche dall’estero”, dice. Come conseguenza dello sviluppo del venture capital in Italia, anche gli startupper si sono dovuti adeguare, cambiando il proprio approccio al mondo imprenditoriale e nella ricerca di capitali: “Sta diventando tutto più strutturato: non si investe in un’idea o in un brevetto. Si richiede sempre di più all’imprenditoria: gli investitori vogliono eliminare i rischi non necessari. Ci sarà più attenzione ai risultati ottenuti. Di idee se ne possono avere tante ma ad attrare investimenti è solo chi riesce a svilupparle con più velocità e qualità.”, spiega. “A un imprenditore alle prime armi consiglio di attaccare mercati che non esistono o che sono minuscoli”. Un esempio che gli viene in mente è quello di Chiara Ferragni, diventata influencer quando ancora non esisteva tale figura. “Agli imprenditori più navigati spetta invece sfidare, in modo innovativo e prestando attenzione a tutti i dettagli, grandi player in mercati affollati perché possono portare agilità”.

Per competere con gli altri paesi, insomma, l’Italia dovrà essere capace di creare un ecosistema sviluppato, non solo per quanto riguarda gli investitori, ma soprattutto con elevato tasso di imprenditorialità in fase seed. Prendendo come modello il mondo della moda, l’idea potrebbe essere quella di creare dei grandi contenitori – come Tomorrow e New Guards Group – all’interno dei quali condividere le competenze e far crescere tante aziende insieme. “Il problema del futuro non sono i finanziamenti. Penso che i manager di realtà strutturate debbano scendere in campo per contribuire allo sviluppo di questo sistema. So che c’è la volontà, manca qualcuno che possa unire questi manager acclamati al mondo startup”.

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