Se le chiedi quali sono state le cause che hanno condotto alla Brexit o, pensando al futuro, quale potrebbe essere la keyword socio-culturale dell’anno in corso, Imen Boulahrajane, nota anche con lo pseudonimo di Imen Jane, non ha dubbi nel rispondere. Su Instagram, dove in pochi anni ha raggiunto una platea di circa 300mila follower, è una delle personalità più seguite quando si parla di economia e politica internazionale. L’interesse verso questi temi è iniziato quando era ancora adolescente: era l’unica ragazza straniera in un comune di 5mila abitanti in provincia di Varese. “In quegli anni, volente o nolente, le persone mi fermavano per strada e mi chiedevano cosa significasse essere nata in un’altra città o perché gli arabi fossero considerati cattivi. Domande difficili per una bambina, e, cosa peggiore, non ero capace di soddisfare le loro domande”, spiega la venticinquenne di origini marocchine, nel suo “tempio” lavorativo e operativo: il Talent Garden di via Calabiana, a Milano. Luogo al quale è legata anche per il rapporto di amicizia con il fondatore, Davide Dattoli, (Forbes Europe 30 Under 30, classe 2019) attuale socio della sua nuova avventura, Will.
“Mi dava fastidio non avere mai le risposte per quelle domande, motivo per il quale da quel momento ho iniziato a interessarmi della guerra del Golfo, della questione Bush e di Saddam Hussein”. Anche il mondo del volontariato e delle associazioni ha influenzato la sua visione del mondo: “Da piccola partecipavo alle marce per la pace con la stessa frequenza con la quale oggi vado al supermercato”, dice ridendo. La scuola, da questo punto di vista, ha rappresentato per Imen un tassello fondamentale per la sua crescita personale a tal punto che durante il liceo si unisce a un’associazione di cultura politica di ispirazione progressista, FutureDem: “Come molti altri ragazzi della mia età non volevo essere etichettata da un partito, cercavo piuttosto una community dove poter condividere le mie idee”.
Quando poi arriva la scelta dell’università, Imen ha le idee chiare ma al tempo stesso non vuole precludersi nessuna possibilità. Medicina nell’ambito delle professioni sanitarie è solo una delle facoltà che ha valutato: “Penso di aver fatto il record di open day in quel periodo, il mio motto era ‘why not’?”
E pensare che, sui social, è arrivata grazie a Chiara Ferragni. Il suo rapporto con i social media è sempre stato alimentato dalla curiosità per il nuovo: “Amavo fare belle foto e ho speso i miei primi soldi comprando una Reflex, quando averne una non era ancora di moda come oggi. Mi piaceva fare delle foto che avessero un significato, documentare la realtà”. Nel primo Mac, tra i suoi indirizzi web preferiti comparivano The Blond Salad, il sito della giornalista di moda Leandra Medine e il blog parigino Cherry Blossom. Chiara rappresentava quel contenuto che non riusciva a trovare in Vogue, rendeva la moda democratica e accessibile.
“A un certo punto, ha iniziato a produrre sempre meno contenuti sul blog, invitando i suoi follower a seguirla su Instagram. Così mi sono decisa ad aprire il mio account”. Era il 2013. All’epoca non c’erano geotag o stories, era tutto molto embrionale; ha registrato il primo video nella sua camera in occasione del decennale dal fallimento di Lehman Brothers: “Rivedermi oggi a distanza di tempo è a dir poco traumatico”. In quei giorni una blogger americana aveva lanciato una challenge (si chiamano così le sfide lanciate sul web) che proponeva a tutti di fare tre stories parlando. “Una scommessa che mi ha messa alla prova e mi ha permesso di acquistare maggiore consapevolezza, uscendo dalla mia comfort-zone”. Certo, fare comunicazione attraverso i social non è semplice, bisogna stare attenti persino alle virgole, e considerando il numero di opinion leader che circolano in giro, l’informazione ha una responsabilità ancora più cruciale nella società.
Tramite Instagram Imen ha capito due cose: “Innanzitutto che le persone hanno sempre più fame di sapere, in secondo luogo che non è vero che il giornalismo è morto ma ha sicuramente cambiato faccia. Una volta abbiamo sbagliato a riportare la bandiera dell’Islanda e ci hanno subito corretti”. Quando parla di informazione Imen si riferisce al nuovo progetto che la vede oggi coinvolta insieme ai soci Alessandro Tommasi e Davide Dattoli, e battezzato Will, che in inglese significa ‘volontà’. La stessa volontà di creare un nuovo spazio di idee, taglio editoriale e contenuti aggiornati in tempo reale, dove si spazia dall’economia alla politica, passando per il climate change.
“Volevo realizzare da tempo un progetto più complesso con un team strutturato”. Era il 15 novembre quando incontrò Alessandro Tommasi: “Siamo entrati in un bar in Brera da sconosciuti e siamo usciti da soci”. In soli tre mesi Will ha aperto un round di finanziamento, raccogliendo 1 milione di euro, creato un team di 11 persone, aperto un account social e definito un business plan. “Al momento non posso dire in che direzione andrà, non escludo che più avanti potrebbe diventare un sito web vero e proprio. Finora abbiamo avuto dei riscontri positivi e questo ha dimostrato che vale il contenuto, prima del brand”, spiega l’economista, che a settembre 2020 arriverà nelle librerie italiane con un testo curato da Vallardi Editore. “Cosa ha fatto la differenza nei miei contenuti? Il fatto che mi occupo solo di quello che conosco davvero. Preferisco non sbilanciarmi su temi che non padroneggio, non mi sono mai voluta esibire. Seguo le conferenze di Draghi dal 2011, tornavo da scuola e le registravo”.
Scontato, a giudicare dal sorriso che sfodera in una foto pubblicata sul suo profilo, chiederle quale è stato l’incontro più emozionante finora. “Cottarelli, che ha apprezzato il mio lavoro sin da subito chiedendomi di collaborare con lui. Non me lo sarei mai aspettato”.
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