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25 settembre 2025
In 'Hanno ucciso l'uomo ragno', nei panni del duo Pezzali-Repetto, hanno raccontato amicizia, sogni e una generazione intera
La storia degli 883, diventati negli anni ‘90 la voce di una generazione intera, è soprattutto un racconto di legami, occasioni colte per un soffio e sogni cullati lontano dai riflettori. Ed è da qui che parte Hanno ucciso l’uomo ragno – La leggendaria storia degli 883, la serie diretta da Sydney Sibilia, trasmessa da Sky e Now, che ripercorre la nascita e l’ascesa del duo formato da Max Pezzali e Mauro Repetto. A dar volto e voce ai fondatori della band sono due attori della Generazione Z, Elia Nuzzolo e Matteo Oscar Giuggioli, rispettivamente nei panni di Pezzali e Repetto. “Abbiamo passato tanto tempo insieme io ed Eli, volevamo trovare una grande e forte sintonia”, ha spiegato Giuggioli al Corriere della Sera. Nuzzolo ha confermato: “Gran parte del lavoro lo abbiamo fatto conoscendoci a vicenda, per sviluppare un’amicizia vera che, anche nelle scene, si percepisce”.
Pezzali e Repetto, un’amicizia sullo schermo e fuori
Entrambi portano sul set esperienze diverse, ma complementari. Elia Nuzzolo, classe 2000, originario di Prato, si è formato al Centro Sperimentale di Cinematografia. Ha recitato in cortometraggi, in teatro e nel film RossoSperanza (2023) di Annarita Zambrano, prima di emergere con il ruolo di Pezzali. Subito dopo la serie sugli 883, è stato scelto per interpretare Mike Bongiorno da giovane nella produzione Rai Mike. Giuggioli è milanese, anche lui nato nel 2000, e ha mosso i primi passi nella recitazione teatrale prima di approdare al cinema con Gli sdraiati (2017) e Succede (2018). È poi apparso in diverse serie televisive, tra cui Vostro onore, Buongiorno, mamma! e Un passo dal cielo 5. Ha lavorato anche con Netflix in Sotto il sole di Riccione e in film recenti come Billy, Il filo invisibile e Suspicious Minds. Il ruolo di Repetto gli è valso il David di Donatello nella categoria Rivelazioni italiane, un Nastro d’Argento e il premio Miglior attore comedy all’Italian Global Series Festival.
Per entrambi la serie sugli 883 ha rappresentato una svolta. Non solo per la visibilità, ma per la possibilità di misurarsi con due personaggi complessi e sfaccettati, raccontando, attraverso di loro, il sogno, la caduta e la rinascita di un’amicizia che ha fatto la storia della musica italiana. Un’amicizia vera, disordinata, a tratti ingenua, ma profondamente autentica, simile a quella che si è instaurata tra i due attori. E questa è la forza della serie: “Mi rimarrà l’amicizia con Elia”, dice Matteo. “Ci siamo vissuti per otto mesi, si è creato un sentimento di connessione reale”. Un rapporto che ha generato anche momenti di leggerezza fuori copione, come l’episodio ricorrente della dentiera di scena che Nuzzolo era costretto a indossare per assomigliare a Max, e che spesso finiva accidentalmente distrutta. “Una volta, durante una pausa, ho confuso la dentiera con le bucce d’arancia in due tovaglioli diversi. E ho schiacciato quella sbagliata”, ricorda.
Raccontare gli anni 90 tra sogni, differenze generazionali e ambizioni personali
Per i due attori, raccontare una storia ambientata nei primi anni ‘90 ha significato anche confrontarsi con una generazione distante, almeno sul piano tecnologico. “La differenza principale è la velocità”, osserva Nuzzolo. “Era più semplice allora trovarsi fuori dalla propria zona di comfort”. E Giuggioli aggiunge: “Molte serate non iniziavano neanche perché capitava spesso, in quegli anni, di perdersi. Oggi è quasi impossibile”.
Nonostante l’apparente distanza, i due si sono riconosciuti in molti aspetti del percorso di Max e Mauro. “Mi rivedo nel fatto di credere tanto in qualcosa che sembra impossibile”, dice Nuzzolo. “Dire ‘voglio fare l’attore’ suona irrealizzabile quanto due ragazzi di Pavia che decidono di diventare cantanti”. E alla domanda su quale sia il sogno più grande oggi, la risposta è altrettanto sincera: “Un po’ lo stiamo vivendo”, afferma Elia. “Il sogno adesso è cercare di continuare”. Per Matteo, invece, “il sogno è svegliarsi un giorno e dire: ho fatto tutto quello che volevo fare”.